<Non voglio criticarti, dico solo che non sarebbe più semplice andare dietro a qualcuno che non sia etero confuso?>
<Lui non è etero confuso.>
<E che è?>
<È etero.>
Lukas lo guardò, dai suoi occhi trapelarono emozioni di pietà e compassione, miste a una divertita voglia di ridere per qualcosa su cui, lui, avrebbe pianto volentieri. I letti dei due fratelli erano separati da un'ampia porzione di stanza, ma il celeste delle iridi di Lukas arrivava a bruciargli le palpebre socchiuse: <Allora vai, Axel! Hai un sacco di possibilità! Continua a fare cazzate che magari, prima o poi, te lo darà per disperazione.>
Il ragazzo lasciò sprofondare le spalle nel cuscino ombrato dal buio, il libro aperto gli pesava sulle gambe e aveva l'impressione che sarebbe rimasto lì ancora per molto tempo, non aveva il coraggio di guardarlo, quantomeno di rinunciare alla lettura ed abbandonarlo sul comodino, aspettando che si sedimentasse, su di lui, uno strato spesso di polvere. Sapeva, però, che la polvere avrebbe ingigantito la perdita, tenendola, in un angolo della mente, come un trofeo nemico, messo lì per distruggere ogni speranza di vittoria. Si sentiva appeso a un filo, se solo avesse abbassato lo sguardo, se solo lo avesse allungato verso i suoi limiti, questi lo avrebbero divorato, eliminando anche l'unica, piccola, speranza che lo manteneva in vita.
Era difficile esistere sapendo che, ogni cosa, sarebbe rimasta transitoria, uno stato di passaggio che, forse, avrebbe dimenticato, con la stessa facilità con cui appassivano i ricordi delle feste di Natale tutte uguali. C'erano momenti in cui si sarebbe costituito all'evidenza, decidendosi a rinunciare ad una libertà sofferta e stridente, altri, come quel sabato sera, in cui avrebbe fatto di tutto pur di assaggiare, anche se solo per l'ultima volta, un morso di quel profumo di libertà.
<Non c'è bisogno di dirmelo tutti i giorni, c'ero arrivato da solo.>
<Non mi sembra.>
Axel sapeva a cosa si riferisse e odiava la facilità con cui Lukas tornava sempre a parlare dei suoi errori. Come se lui non ne commettesse mai.
<Fidati.>
<Secondo me sei in astinenza da cazzo.>
Axel si tirò a sedere sul materasso, tendendo il braccio verso destra, per indicare la sorella minore posta alla piccola scrivania della camera, intenta a terminare un disegno. Sapeva che Amélie comprendesse poco delle loro parole poiché stavano usando l'italiano, lingua che lei e la gemella non avevano mai appreso per bene. I genitori, nel tempo, avevano infatti perso l'usanza di insegnare la lingua d'origine della madre ai figli. Lukas e Axel erano cresciuti mischiando quotidianamente il francese e l'italiano, Sofiane, fratello di mezzo appena tredicenne, usava la seconda lingua solo per comunicare con i maggiori senza essere scoperto dalle gemelle, le quali, all'età di nove anni, si limitavano a qualche frase di circostanza detta controvoglia. In poco tempo, solo Lukas e Axel avevano trovato, nelle parole insegnate loro dalla madre, un piccolo rifugio con le mura sottili, ma sufficientemente isolanti per discutere da soli, pure se in presenza di altre persone.
<Tanto non ci sta ascoltando.>
<Che ne sai?>
Axel tornò a guardare la bambina, le parole di Lukas gli scivolavano addosso come pioggia, senza lasciare neanche il minimo solco nella pelle. Osservò le mani sottili e i capelli biondi, di qualche centimetro più corti di quelli di Clara. Si ricordava il giorno della nascita delle gemelle. Pioveva e i lampi percorrevano vie indefinite nel cielo violaceo. Quando le vide, piccole e pallide, gli parve di sentirle piangere all'unisono, era un pianto triste, come il battere della pioggia sui vetri dell'ospedale. Aveva otto anni, e a otto anni sapeva di sé tanto quanto ne sapeva in quel giorno di giugno.
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Lux
RomancePer amore la gente fa cose strane. C'è chi stermina eserciti, chi piange per giorni, chi attraversa nazioni intere desiderando un solo bacio, chi legge libri in codice braille in lingue che non conosce. Francesco faceva parte di tutti e quattro i gr...