Porte

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Calò il silenzio.

La narrazione di Axel era parsa a tutti sconcertante, perché celava un'inquietudine che nessuno, tra i ragazzi, voleva ammettere, o quantomeno riconoscere. Era arrivata all'improvviso e non una persona, compreso lo stesso Axel, era riuscita a comprenderla a pieno.

Francesco si passò una mano tra i capelli castani, nel compiere il gesto scorse Axel abbassare lo sguardo. Avrebbe provato un certo sollievo se solo avesse mostrato un rossore sulle guance, come un timido segno di paura, invece restò serio, composto, nel terrorizzato tentativo di camuffare il suo stesso terrore. Era bravo a nascondersi.

Francesco pensò che, forse, sarebbe stato meglio evitare di cogliere riferimenti probabilmente casuali. La sua mente vagava libera, più su delle loro teste, oltre le dune, le scogliere, perforava le nuvole e giungeva nel cielo, ammirando il sole arrossire e la luna fare il suo ingresso tra le stelle ancora pallide. Immaginare era tanto bello quanto doloroso. Solo il fatto stesso che immaginasse era sinonimo di qualcosa di più profondo, qualcosa che avrebbe voluto cancellare di getto, come si pulisce una macchia di latte su una lastra di vetro.

Gli sembrava assurdo che tutto fosse rivolto a lui, qualcosa del tipo so cosa stai passando, è successo anche a me. Voglio aiutarti pur sapendo che preferiresti uccidermi, però, almeno, lo sto facendo indirettamente e in un modo carino, no? Dovresti ringraziarmi e che cazzo significava?

Francesco era piuttosto sicuro che, se lui avesse aperto la porta quanto bastava per far entrare uno spiffero d'aria salina, il ragazzo l'avrebbe spalancata e ci si sarebbe catapultato dentro, con quegli occhi strani che andavano al di là di ogni tipo di bellezza.

Forse non cercava neanche qualcosa di sicuro su cui basare la sua esistenza.

Forse voleva solamente vivere nella scoperta, ogni giorno, un colore alla volta.

Forse l'unico modo che aveva per scoprire era aprire quella porta.

Aprire la porta e lasciar entrare qualsiasi cosa scivolasse dentro.

Alzò lo sguardo, Axel restava immobile, gli occhi azzurri fissi sulla sabbia, i capelli mossi dal vento proveniente dal mare. Si udiva il rumore dolce delle onde che si infrangevano ripetutamente sugli scogli alti, la coppia di anziani imboccò il sentiero che li avrebbe condotti a casa, in vista dell'imminente calar del sole.

Eva si guardò attorno, spaesata. Aveva colto l'instabilità di Francesco e lo stato di febbrile emozione che vagava nell'aria all'odore di sale. Aveva percepito tutto, ancora una volta, prima dell'amico stesso. Avrebbe voluto dire qualcosa per spezzare quell'acuto silenzio, ma non trovava alcuna parola, si voltò verso Lara e la sua visibile confusione la fece sorridere. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo fugace, che esistette solo per qualche istante.

Eva scandì il labiale, mormorandole di' qualcosa.

Lara annuì e girò la testa verso il cerchio di persone intente a guardarsi, cercando di comprendere il senso delle parole di Axel, il quale non sembrava avere intenzioni diverse dallo stare fermo sulla sabbia che si raffreddava piano.

<Okay, io direi basta storie.>

Il ragazzo biondo alzò la schiena e fece ricadere le braccia sulle ginocchia, atteggiandosi come qualcuno che finge di restare fisso sulla sua opinione, pur avendo già colpito e affondato il proprio bersaglio.

E il suo bersaglio era intento a fissarlo, qualche metro più in là, chiedendosi cosa avesse dovuto fare per avere una qualsiasi reazione alle sue parole, possibilmente diversa dal restare fermo a osservarlo.

Eva abbozzò un sorriso poco convinto: <Prendo la palla?>

Federico scosse il capo: <Tira troppo vento, volerebbe via.>

<Accendo un fuoco?>

Sei teste si voltarono verso Lukas, solo quella di Eva riuscì a parlare: <Ci manca solo la denuncia.>

Il ragazzo sollevò le mani all'altezza della nuca e si rassegnò.

Uno dei due sconosciuti si alzò in piedi: <Bagno?>

Lara saltò, con la stessa agilità di una molla appena compressa, fece scivolare la maglietta su un telo completamente raggrinzito e prese Eva per una mano, trascinandola verso le acque scure. Lukas le seguì d'istinto, come se non avesse mai atteso altro.

E Francesco, appena interruppe il contatto tra il cotone della maglietta verde e la pelle, venne colto da una pungente sensazione di freddo.

Si alzò con il solo desiderio di omologarsi agli altri, di far svanire i timori tra le onde.

E ci si impegnò, ci si impegnò sul serio, ma, appena la punta del suo pollice toccò l'acqua salata, un contrasto strano lo costrinse ad arrestarsi. La schiuma bianca gli carezzava le unghie, invitandolo a restare là, dove la sabbia si fondeva con il mare. Il riflesso del sole lasciava spazio a quello della luna, il gruppo di amici si era già fiondato in acqua, tra schizzi e urla sottili. Francesco sorrise, gli parve tutto naturale, perfetto, e non sentiva il bisogno di divenire quella macchia che rovina la limpidezza di un vetro.

Eva si voltò, lo vide in piedi e mosse le mani, invitandolo a raggiungerla. Lui agitò le braccia verso di lei, cercando di spingerla a continuare a fare qualsiasi cosa stesse facendo.

Lei, rassegnata, si limitò a sollevare un pollice. Si voltò poco dopo, poggiando un'alga sulla spalla di Lara, che emise un grido.

Francesco rimase fermo, lasciò l'acqua penetrare tra le gambe e i capelli muoversi tra il vento a poco a poco più freddo. La distesa d'acqua e quella d'aria erano divenute indistinguibili, un unico manto blu che copriva tutto, senza eccezioni.

Gli piacque l'idea di far parte di quel tutto.

E pensava ancora a Matteo.

A Matteo, ad Axel e a come sembrasse sfrontato, come se volesse sbattergli in faccia la consapevolezza di essere tutto quello che Francesco non avrebbe mai avuto nemmeno il coraggio di immaginare.

Se davvero fosse stato così allora avrebbe benissimo potuto eliminare Axel dalla sua coscienza.

Ma non poteva farlo.

Non ci sarebbe riuscito.

Una parte di lui, non sapeva come, gli era entrata dentro, lo stava corrodendo dall'interno.

Comprese che la porta era sempre stata aperta, lui era già entrato e aveva già iniziato il suo compito.

E, probabilmente, non c'era modo di farlo smettere.

Forse, Francesco non voleva neanche che smettesse.

Perché era meglio lasciarsi uccidere da Axel che da Matteo.

Poi qualcuno parlò, e Francesco continuò a non capirci un cazzo.

<Ti dispiace se mi metto accanto a te?>

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