In un primo momento Francesco fu convinto che Axel stesse scherzando.
Sorrise, borbottò qualcosa e continuò a mettere in ordine gli oggetti che avevano lasciato in giro. Diede ad Axel un'altra fetta di crostata perché gli sembrava che gli fosse piaciuta e lo guardò rigirarsela con cura tra le mani, mentre la osservava come se nascondesse chissà quali segreti.
<È un no?>
Francesco lo udì a malapena, tanto era basso il suo tono di voce. Axel sembrava, di nuovo, piccino piccino, con i capelli voluminosi e appiattiti da una parte, le guance rosse per il sole e l'imbarazzo, gli occhi grandi, immensi, di quel colore che non era un colore e che brillava in un modo timido, silenzioso, come se davvero avesse potuto passare inosservato.
Erano due iridi languide, lucide e ampie. Francesco le guardò per un po', imbambolato e trafelato a causa della loro limpidezza. Era come fissare l'acqua, cercare di convincersi di poterla prendere in mano completamente, afferrarla e tenerla con sé per sempre, provando a ricavarne un ricordo. Illudersi di poterne definire ogni sfumatura. Ritenne che Axel somigliasse un pochino all'acqua. Cambiavano entrambi colore per via del cielo.
<Non è un no.> Mormorò Francesco, costringendosi a smettere di fissarlo: <Io ti ci porterei anche, al mare. Ma non adesso, ora non si può.>
Axel sollevò gli occhi al cielo e strinse un fiorellino blu fra le dita: <Sì che si può. Non ho mica paura.>
Francesco vide i piccoli petali piegarsi con delicatezza tra le dita del ragazzo. Perché voleva andare al mare? Tanto valeva che ci andassero di giorno: di sera era freddo, i locali si riempivano di gente e, cosa più importante, loro non avevano modo di arrivarci.
Francesco, soddisfatto per aver trovato un valido appiglio, decise di giocare la carta del viaggio: <E poi non possiamo andare ora. Punto primo: non abbiamo diciotto anni, e nessuno di noi ha la patente. Punto secondo: non abbiamo nemmeno la macchina, o il jet privato, o che ti pare.>
<C'è la Vespa.>
Francesco sorrise: <Non è tua. Tu manco hai l'autorizzazione per guidarla, la Vespa.>
Axel gliel'aveva raccontato: la Vespa era di suo padre e lui aveva imparato ad andarci senza patentino, nonostante la retinite non gli consentisse di guidare alcun tipo di veicolo. E, comunque, i suoi genitori non gliel'avrebbero fatta prendere a prescindere.
<La guidi tu.>
<Certo, non ho mai guidato niente di diverso dalla bici e ora prendo la Vespa. Così ci schiantiamo contro un albero.> Francesco chiuse lo zaino e guardò l'ora, sempre più deciso a sbrigarsi: <Non puoi aspettare l'anno prossimo per le fughe romantiche? Ti prometto che entro giugno prendo la patente e ti porto dove ti pare.>
Axel non disse niente, gongolò soltanto un pochino all'idea di salire in macchina accanto a Francesco e andare insieme da qualche parte, ma sperò che l'altro non se ne accorgesse. Immaginò vividamente il vento tra i capelli, e il sole sulla pelle, e la mano di Francesco che si muoveva sul volante per portarlo chissà dove.
Fughe romantiche. Nei film, di solito, consistevano in decisioni prese di sfuggita che sfociavano in un viaggio senza meta. Gli piaceva l'idea. Appallottolarsi accanto a Francesco e ascoltare tutto quello che decideva di dire, ascoltare e cercare di capire tutto quello che decideva di dire.
Si sarebbe volentieri perso nei sogni, desiderando l'amore che sentiva di avere già, però doveva ancora costringere Francesco a portarlo al mare per vedere se le fughe romantiche reali fossero così diverse da quelle nei film: <Prendiamo l'autobus.>
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Lux
RomancePer amore la gente fa cose strane. C'è chi stermina eserciti, chi piange per giorni, chi attraversa nazioni intere desiderando un solo bacio, chi legge libri in codice braille in lingue che non conosce. Francesco faceva parte di tutti e quattro i gr...