Il 12 settembre 2011 ricevetti una telefonata da Klaus. Per la prima volta dopo parecchi anni mi chiese direttamente aiuto. New Orleans non era più il luogo che ricordava e stava per scoppiare una guerra tra le diverse fazioni. Era sempre stata una città divisa tra vampiri e streghe e Klaus aveva bisogno di aiuto per prendere il potere. Non accettai subito la sua proposta, l'ultima cosa di cui Klaus aveva bisogno era guadagnare più potere. Declinai la sua offerta e lui rimase piuttosto seccato dalla mia risposta. Ci eravamo lasciati male e anche se una parte di me voleva riconciliarsi con lui, l'altra ricordò le mie parole convincendomi che ormai non c'era più nulla da riconciliare. Qualche minuto dopo, però, anche Rebekah telefonò cecando di convincermi a tornare in quella città. Disse che le streghe erano in pericolo e per quanto non volessi entrare in quella storia, il mio codice morale ebbe la meglio e mi feci raccontare tutto. Alcune streghe estremiste avevano iniziato il Raccolto, solo che una delle ragazze si era opposta ed era fuggita. Se la Mietitura non si fosse completata tutte le streghe legate al potere ancestrale avrebbero perso la loro magia e questo includeva anche me. Nonostante io non facessi più parte della congrega, rimanevo comunque una strega di New Orleans e questo significava che la mia magia era legata agli Antenati. Il Raccolto è una pratica molto antica che consiste nel selezionare quattro giovani streghe della congrega e prepararle al sacrificio per rinnovare la magia ancestrale. Durante la Mietitura (la fase successiva al Raccolto), le quattro ragazze vengono sacrificate per donare la loro magia agli Antenati che la restituiranno in quantità maggiore a tutte le streghe e riporteranno in vita le quattro ragazze. Non era un rito che avveniva spesso e anzi era più che altro una leggenda. Significava che le streghe avevano un disperato bisogno di magia e che, probabilmente, c'era sotto qualcosa di molto più grosso rispetto a quello che Rebekah mi aveva raccontato.
La paura di tornare a New Orleans continuava a farsi sentire, ma le parole di Stefan mi avevano dato forza e in qualche modo avevano acceso una speranza in me. Volevo tornare ad avere una famiglia degna di questo nome e in più, in quel caso, era in ballo il futuro della congrega. Anche se le streghe non erano mai state particolarmente gentili con me, era mio dovere fare tutto quello che potevo per salvare la comunità. Era un modo per portare rispetto agli Antenati e dimostrare la mia devozione. Non sono mai stata una persona credente, ma gli Antenati sono reali. Proteggono tutto il Quartiere e donano energia ad ogni strega. Sono tutte le streghe venute prima di noi e si meritano il nostro rispetto e ammirazione.Dopo averci pensato per due settimane, decisi di partire. Lo dovevo alla mia comunità e alla mia famiglia. Avendo avvertito tutti della mia partenza, riuscii ad andarmene con il cuore leggero. Abbracciai forte Damon e gli promisi che ci sarei sempre stata per lui, ci sarei sempre stata per tutti loro.
Arrivai nella città "dove tutto è possibile" quando le foglie avevano già inondato le strade. Grazie al cielo ero riuscita ad evitarmi il caldo afoso dell'estate. Per quanto ami New Orleans, l'estate lì non è un gran che. Piove sempre ed è talmente umido che si fa fatica a respirare. Ottobre e novembre sono i mesi migliori, sono i più secchi e i più gradevoli e inoltre inizia la stagione del Jazz. Anche l'inverno non è niente male, non si scende mai sotto i dodici gradi e poi c'è il carnevale che dura almeno due mesi. Arrivata in città mi accorsi che in periferia l'uragano Katrina aveva ancora lasciato i segni del suo passaggio, anche se erano passati già sette anni. Raggiunsi il Quartiere Francese e come sempre rimasi senza parole. I colori, gli odori e la musica riempirono i miei sensi e mi trasportarono tra la gente che ballava e si divertiva. Mi era mancato molto quel posto, ero tornata a casa. Raggiunsi il Palazzo e il cuore mi salì in gola, erano passati novantadue anni dall'ultima volta che mi trovavo davanti a quella porta. Ero pettinata e truccata perfettamente e indossavo un bel vestito chiaro. Ero pronta per andare a teatro, una delle cose che amavo di più al mondo, poi tutto era precipitato e avevo perso una delle persone più importanti della mia vita.
Mi feci coraggio e oltrepassai il portone che stranamente era aperto. Tutto era rimasto come lo avevo lasciato. Il cortile, la fontana, le scale, le finestre. Persino le piante erano le stesse, era come se il tempo si fosse fermato. Iniziai a chiamare Klaus e Rebekah a gran voce, ma non ottenni risposta. Salii al piano superiore e spinta dalla curiosità, entrai in camera mia. Anche lì nulla era cambiato, l'unica differenza era che tutti i mobili erano coperti da teli bianchi, come se fossero in attesa di un mio ritorno. Proseguii lungo il corridoio e mi imbattei in un ragazzo alto e dinoccolato, con gli occhi neri e un sorriso gentile. Indossava un gilè ed un borsalino e per questo, per quanto possa sembrare sciocco, mi ispirò fiducia. Gli chiesi se sapeva dove fossero Rebekah e Klaus e lui mi rispose che non si erano stabiliti lì perché quella ormai era la dimora del Capo. Notai l'anello al suo dito e capii che stavo parlando con un vampiro. Gli chiesi chi fosse questo "Capo" di cui parlava, ma lui non mi rispose proseguendo per la sua strada. Decisi di tornare in strada per fare un incantesimo di localizzazione. Klaus e Rebekah non rispondevano alle mie telefonate e quello era il modo più veloce per trovarli. Trovai un vicolo appartato e iniziai a compiere l'incantesimo. Non ebbi neanche il tempo di iniziare a recitare la formula che due uomini mi bloccarono le braccia. Mi dimenai riuscendomi a liberare, ma loro erano in maggioranza numerica ed erano decisamente più grossi di me. Feci un incantesimo per tramortirli che funzionò perfettamente facendoli cadere a terra svenuti. Corsi in strada, ma all'improvviso caddi sulle ginocchia. Qualcuno mi aveva colpito alla testa. Mi trascinarono via e mi accorsi che i due uomini che mi avevano aggredita, più quello che mi aveva colpito si stavano dirigendo verso il Palazzo. Avevano tutti e tre degli anelli solari e quindi erano tutti e tre dei vampiri. Mi legarono le braccia e mi fecero inginocchiare nel cortile come se stessi per essere giustiziata. Iniziai ad urlare aiuto, ma loro mi zittirono con uno schiaffo dicendo che il Capo stava arrivando. Dopo diversi minuti di attesa, le ginocchia iniziavano a farmi male e decisi che non avevo intenzione di farmi sottomettere in quel modo. Mi alzai in piedi e grazie alla magia e all'allenamento ricevuto da Klaus negli anni riuscii a sciogliere le corde che mi legavano i polsi e a rompere rapidamente il collo a tutti e tre. Ne arrivarono altri, ma continuai a cavarmela bene, sbucavano da tutte le parti ed erano determinate a sedarmi. Iniziai ad essere stremata e creai una barriera magica in torno a me così da proteggermi. Dalla balconata una voce profonda e scura parlò:
«Sei sempre stata un tipo combattivo, mi è sempre piaciuta la tua tenacia».
Mi si gelò il sangue nelle vene. Il mio istinto agì per me e la barriera magica crollò in un istante. Conoscevo fin troppo bene quella voce, ma non poteva essere lui. Non era possibile. Volevo girarmi per vederlo in volto, ma le mie gambe erano ingessate dalla paura. Lo sentii scendere le scale e riconobbi i suoi passi pesanti, ma aggraziati allo stesso tempo. Si avvicinò a me e io inconsapevolmente chiusi gli occhi indifesa. Riconobbi il suo profumo e le lacrime iniziarono a sgorgarmi sulle guance.
«Non piangere.»
Dicendo quelle parole mi asciugò le lacrime con la mano e il suo calore mi avvolse. Lo abbracciai stretto affondando il mio volto nel suo petto e i miei singhiozzi rimbombarono in tutto il cortile. Non aprii gli occhi. Ero terrorizzata. Credevo che se li avessi aperti tutto sarebbe finito e mi sarei resa conto che era tutto un sogno. Stavo abbracciando mio fratello. Dopo un tempo interminabile raccolsi tutto il coraggio che possedevo e alzai lo sguardo. Era davvero lui. I suoi occhi lucidi mi scossero nel profondo e il suo sorriso mi fece toccare il cielo con un dito, gli tastai il volto con le mani e una risata piena di nostalgia uscii innocente dalla mia bocca.
«Ciao» dissi senza trovare niente di meglio da dire.
«Ciao» mi rispose continuando a tenermi stretta per la vita.
«Sei tu il Capo?» chiesi corrugando la fronte.
«Si, piccola mia. Sono cambiate tante cose da quando ve ne siete andati.»
La razionalità si fece strada in me e mi allontanai da lui.
«Non ce ne siamo andati, Mikael ci ha costretti. Credevamo che ti avesse ucciso. Abbiamo pianto la tua morte.»
Lui sorrise e mi rispose: «Beh, a quanto pare vi sbagliavate.»
Iniziai ad infuriarmi.
«Non hai provato a contattarci neanche una volta!» gridai allibita.
«Anche voi non vi siete mai voltati indietro» ribatté lui infastidito.
«Abbiamo visto il teatro in fiamme, Klaus ha visto Mikael che ti uccideva!»
La rabbia iniziava a ribollire dentro di me.
«Potevate restare» mormorò.
Sembrava deluso, più che arrabbiato.
«No, non potevamo» risposi. «Mikael ci avrebbe uccisi tutti. Sono novant'anni che piango la tua morte. Com'è possibile che non ti sia mai venuto in mente di cercarmi?»
Lui non rispose. Non mi guardava più negli occhi. Ero riuscita con così poco a lasciarlo senza parole.
«La mia vita è cambiata per sempre dopo che il teatro si è incendiato, ho passato anni in completa depressione perché non ti avevo più al mio fianco e tu eri qui? Come hai osato!» gridai. «Noi ci siamo fatti una promessa.»
«Noi non siamo mai stati realmente inclusi nel "sempre e per sempre" dei Mikaelson» ribatté Marcel.
«Non quella, idiota» inveii. «Quando mamma è morta mi hai promesso che ti saresti preso cura di me per sempre, nonostante il fatto che non fossimo realmente fratelli o il luogo in cui ci trovavamo. Nulla sarebbe importato finché saremmo stati insieme. Adesso tu mi dici che sei stato qua tutto questo tempo per creare il tuo impero lontano dall'ombra di Klaus. Per avere più potere, per farti chiamare "re" dimostrando la tua forza uccidendo le streghe solo perché sono più potenti di te. Come ti permetti? Questa era casa nostra, era la nostra comunità. Tu eri tutto per me, ma quello che vedo ora davanti a me non è mio fratello. Io mi ricordo un ragazzo generoso, gentile e amorevole che si prendeva cura degli altri e che non andava in giro in cerca di potere. Non ti riconosco più. Perché i tuoi uomini mi hanno aggredito? Non sai più come accogliere un'ospite?» chiesi.
«Non sapevano chi fossi» rispose titubante. «Nessuno qui sa che ho una sorella. Ti hanno aggredita perché è proibito fare magie.»
«E chi lo ha deciso?» domandai infastidita.
«Io» sentenziò.
Questa volta mi guardò dritto negli occhi. Aveva uno sguardo duro, autoritario che mi fece rabbrividire.
«Come fai a sapere quando una strega pratica la magia?» chiesi sempre più curiosa.
«Questi non sono affari tuoi» mi liquidò lui.
«Sì che sono affari miei, dal momento che sono una strega del Quartiere anche io.»
Sostenni il suo sguardo senza tentennare.
«È grazie alla ragazza del Raccolto, vero?» ipotizzai.
Lui non rispose. Io continuai senza staccare gli occhi dai suoi. Mi superava in altezza, ma non mi lasciai intimidire. «Rebekah mi ha raccontato tutto di lei, si chiama Davina, giusto?»
Sapevo di avercelo in pugno e sorrisi beffarda.
«Sì» rispose Marcel senza aggiungere altro.
Continuai a srotolare il filo.
«Essendo l'ultima ragazza del Raccolto avrà ereditato tutto il potere dalle altre e ora sarà una delle streghe più potenti del mondo. Mi sbaglio?»
«No.»
Aveva le spalle al muro, non c'era via di uscita.
«Perché la proteggi? Perché privi le streghe della loro magia?»
Non riuscivo a capire.
«Perché le streghe mentono. Avevano promesso a Davina e alle atre che si sarebbero addormentate e che la loro magia si sarebbe fusa con la terra per ricongiungersi a quella degli Antenati, ma non è stato così. Sophie Deveraux sapeva in che cosa consisteva per davvero il rito della Mietitura e per proteggere sua nipote, che era una delle altre ragazze scelte, mi chiese di fermarle. Non ci sarebbe stato nessun sonno pacifico, le Anziane avevano intenzione di sgozzare le ragazze così che la forza da loro rilasciata fosse ancora più potente. Non sono riuscito a salvare le altre, ma ho salvato Davina e sono diventato la sua famiglia. Per sua madre è una vergogna. Mi sono affezionato a lei e per ripicca alle streghe ho vietato la magia. Se una strega infrange le regole, Davina lo avverte e la strega in questione viene giustiziata.»
Ero senza parole. Marcel utilizzava la paura per arricchire il suo potere. Era folle.
«Sono d'accordo sulla brutalità del Raccolto. La magia sacrificale funziona così ed è per questo che ci sono streghe, come me, che decidono di non utilizzarla. Ma le ragazze morte verranno riportate in vita dagli Antenati come premio per il loro coraggio» obbiettai.
«Stupidaggini!» ringhiò lui.
«Non sono stupidaggini.» risposi stizzita. «La magia ancestrale non è una fede, è reale. Se adesso impedisci che il Raccolto si compia tutte le streghe perderanno il loro potere. Capisco che tu non ti fidi delle Anziane, alcune sono estremiste e avventate, ma fidati di me. Sono tua sorella.»
Marcel rimase attonito, in silenzio. Sembrava che qualcosa fosse scattato in lui.
«Lasciami parlare con Davina» dissi rassicurandolo. «Vedrai che troveremo una soluzione.»
Dopo diversi secondi Marcel fece un gesto di assenso e disse: «Va bene.»
Gli rivolsi un grande sorriso e per un attimo dimenticai il fatto che non mi avesse cercata per novant'anni. Dovevo assolutamente trovare Klaus e chiesi a Marcel dove si trovasse.
«Ha comprato la casa davanti alla piantagione in cui siamo nati» disse cupo. «Non ci sono ancora andato perché...»
«Si, lo so il perché.» lo interruppi.
Se era stato doloroso tornare a New Orleans, lo sarebbe stato ancora di più entrare nella casa di mio padre. Salutai Marcel e feci per andarmene.
«Mi sei mancata» disse lui trattenendomi.
Mi voltai per guardarlo negli occhi.
«Anche tu.»Raggiunsi la piantagione e mille ricordi si proiettarono davanti ai miei occhi. Mi venne in mente il volto di mia madre, la sua risata, le sue mani rassicuranti, ormai era molto raro che pensassi a lei. Era passato tanto tempo e i ricordi che avevo di lei iniziavano a svanire. Ripensai alle giornate passate a raccogliere frutta sotto il sole e la voglia di prendere una di quelle mele succose. Mi ricordai delle punizioni subite e della fame che a volte risucchiava ogni energia dal corpo. Scacciai quei pensieri e mi diressi verso il porticato. Bussai alla porta principale e Hayley Marshall mi aprii la porta.
«Cosa ci fai qui?» chiesi sentendo la rabbia montare dentro di me. «Non ti bastava aver distrutto la vita di Elena permettendo a Katherine di rubare la cura? Ora perseguiti anche la mia famiglia?»
Cercai di afferrarla per le spalle, ma Rebekah mi fermò.
«Calmati, Jud!» gridò. «Fermati.»
Mi spinse via e contrappose tra me ed Hayley.
«Perché la proteggi? Se non hai la cura è colpa sua» dissi confusa dal suo comportamento.
«Le carte in tavola sono cambiate» disse lei. «Guarda.»
Mi lasciò guardare meglio Hayley e rimasi senza parole. Una pancia tondeggiante spiccava dalla maglietta che indossava. Rimasi senza parole e il mio udito captò quello che non avevo mai sentito prima. Sentii il cuore pulsante di Hayley e dopo un po' cominciai a sentire qualcos'altro. Era molto più veloce e marcato.
«Sei incinta?» le chiesi piena di stupore.
«Sì» rispose lei in un sussurro.
«Chi è il padre?» credevo di conoscere la risposta, ma non potevo crederci.
«Klaus» rispose Rebekah fredda come un pezzo di ghiaccio.
Ciao! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e perdonatemi per eventuali errori. Seguite la pagina @sifaane_by_maggie su Instagram per curiosità ed informazioni sulla storia.
Buona lettura!Maggie
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Sifane
General FictionUna ragazza con un passato travagliato e con un dono speciale. Dopo un incontro inaspettato la sua vita cambierà per sempre e dovrà fare i conti con il tempo che passa. Una ragazza gentile, fedele, sempre pronta ad aiutare gli altri, dovrà confront...