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Arrivai in Basin Street come concordato con Kol e dopo averlo aspettato per diversi minuti lo vidi sbucare da un vicoletto. Appena mi vide un sorriso furbo lo illuminò rivelando le fossette che aveva sulle guance. Dovevo ammettere che era davvero attraente. Mi condusse in una traversa che non conoscevo che arrivava direttamente ad una casa con un grande portone sigillato da un lucchetto.
«Questa» disse indicando il portone in questione. «È la mia casa delle meraviglie. Solo io posso entrare e solo io posso decidere chi fare entrare. Mia madre vuole usarti per vitare che qualcuno uccida Klaus prima che lei possa riunire la famigliola. I miei piani sono ben diversi. La mia amicizia con le streghe mi ha permesso di creare questo posto, non potevo praticare la magia perché ero un vampiro, per cui dovevo trovare un modo per farlo senza farlo direttamente.»
Dicendo questo aprii il lucchetto con uno schiocco di dita e mi invitò ad entrare. Una delle cose che ho sempre ammirato di più di New Orleans è che non sai mai cosa troverai dietro i portoni. Da fuori la casa di Kol sembrava un palazzo triste e senza carattere. Una volta entrata, invece, venni investita da miliardi di colori. Tutto era perfettamente conservato e non un granello di polvere era depositato sui mobili. Era un classico incantesimo di illusione: da fuori la casa non attirava per niente l'attenzione, mentre dentro era vivace e dinamica. Il grande portone di legno nascondeva un ampio atrio pieno di piante e fiori. Una scalinata di marmo bianco con la ringhiera di ferro battuto conduceva al piano superiore e grandi finestre illuminavano l'ambiente riflettendo il bianco delle pareti. Al piano superiore c'erano alcune camere da letto, un'ampia biblioteca e un laboratorio che occupava il resto del piano. Era tutto in perfetto ordine: camici bianchi erano appesi alla parete vicino alla porta, i gessetti appoggiati alla grande lavagna nera erano perfettamente allineati e tutti gli alambicchi e recipienti erano disposti sui grandi tavoli in ordine crescente. La magia che quel luogo emanava era intensa e pura e non potevo trattenermi dall'assorbirne un po'.
«Sono sorpresa, devo ammetterlo» dissi appoggiandomi a uno dei tavoli da lavoro. «È un posto stupendo, perché mi mostri tutto questo?» chiesi curiosa.
«Perché mi fido di te» rispose Kol avvicinandosi. «E poi ho bisogno del tuo aiuto per il mio piano.»
«Che cosa ha partorito la tua mente diabolica?» chiesi ironica.
«Ho intenzione di punire Klaus per il tempo che mi ha rubato. Non voglio ucciderlo, anche perché se lo facessi moriresti anche tu, voglio solo chiuderlo in una bara con un pugnale nel petto come lui ha fatto con me troppe volte.»
«I pugnali che usava su di voi non funzionano su di lui» osservai.
«Vero» affermò Kol con un sorrisetto. «Per questo ho bisogno di te. Non possiamo alterare l'incantesimo che c'è sui pugnali, ma possiamo cambiare la loro stessa forma. La chemia permette di distruggere un elemento per crearne un altro.»
«Cos'è la chemia?» chiesi curiosa.
«È un tipo particolare di magia. Viaggiando molto ho conosciuto tante streghe che praticavano magie diverse e ho affinato questa tecnica. Grazie alla chemia si può cambiare un oggetto d'argento in oro, per esempio» spiegò assorto. La luce che gli avevo visto negli occhi a Mystic Falls era tornata.
«Allora è per questo che ha bisogno di me» dissi tagliente. «Non hai abbastanza potere da solo.»
«La chemia è una questione di chimica, di connessione e dopo quello che abbiamo fatto con il paletto di quercia bianca è innegabile quello che abbiamo» osservò lui. «Quindi proviamo, dai!» mi esortò entusiasta.
Mi tese la mano tenendo in equilibrio sul palmo un diamante enorme.
«Questo è un diamante di paragone, vero?» chiesi.
«Sì, è ottimo per condurre la magia da un posto ad un altro» disse.
«Dobbiamo proprio tenerci per mano?» chiesi.
«Potremmo anche baciarci, ma sarebbe un'eccessiva distrazione» constatò rivelando si nuovo il suo sorrisetto furbo. Alzai gli occhi al cielo e gli strinsi la mano. Con l'altra presi l'estremità del cordino che mi tese Kol e iniziai a ripetere le formule che stava recitando. Dopo pochi secondi il cordino prese fuoco e io lo lasciai andare, prima che toccasse il pavimento, però, era già diventando d'argento. Kol lo raccolse e me lo legò al polso. Ero strabiliata. Kol continuò a tenermi per mano e io alzai gli occhi verso i suoi. Quella luce era ancora lì e io non potevo farne a meno. Il suo profumo mi inebriò e un leggero sfarfallio mi invase lo stomaco.
Il mio telefono iniziò a squillare e lessi il nome di Marcel sul display.
«Ci sono novità?» chiesi rispondendo alla telefonata uscendo dal laboratorio.
«Sì, il piano per catturare Finn è iniziato, tra poco devo andare, volevo solo sapere se stavi bene» disse Marcel apprensivo.
«Sto bene» dissi tranquillizzandolo. «Kol ha intenzione di creare un pugnale per mettere fuori gioco Klaus. Non ti preoccupare, però, ho tutto sotto controllo.»
«Come sempre» osservò Marcel. «Allora hai deciso cosa vuoi fare con lo psicopatico?»
«Non penso di avere tanta scelta, Klaus vuole parlarci quindi lo porterò da lui» dissi sincera.
«Hai fatto la cosa giusta, Klaus sarà già abbastanza furioso perché abbiamo convolto Cami nel piano.»
«Cosa avete fatto?!» chiesi sorpresa.
«Non sarà in pericolo, stai tranquilla. Sarà solo l'esca, Finn ha un debole per lei.»
«Fantastico. Domani la chiamerò, fate attenzione» dissi sincera. «Vado o Kol si insospettirà.»
«Va bene. Ciao Jud, ci vediamo presto» mi salutò Marcel.
Una volta riattaccato il telefono tornai nel laboratorio e Kol mi guardò con uno sguardo interrogativo.
«Era mio fratello, si chiedeva dove fossi» mentii.
«Effettivamente dovrei lasciarti andare a casa o Klaus si insospettirà» disse venendo verso di me.
Mi abbracciò.
«Ci vedremo presto» disse tra i miei capelli.
«Sì, ti chiamo» balbettai separandomi da lui.
«Ti piacerò, Jud, ma ti lascerò ancora fingere di non piacerti già.»
Individuai una boccetta di polvere di aquilegia che sapevo essere una pianta stordente e riuscì a prenderne un pochino senza farmi notare. Mi avvicinai a Kol sorridendo e dopo avergli lanciato la polvere sul volto lo feci addormentare. Evitai di farlo cadere per terra facendolo levitare e con un incantesimo di disillusione lo resi invisibile. Non andavo fiera di quello che avevo fatto, ma era l'unico modo per portarlo da Klaus incolume.
Arrivai al Palazzo e rivelai il corpo di Kol a Klaus che lo guardò con un misto di nostalgia e rabbia. Lo sistemammo in una delle camere e lasciammo che dormisse un sonno tranquillo.

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