Il tempo scorreva come la sabbia di una clessidra e ad ogni granello che cadeva le nostre possibilità di salvare Klaus si esaurivano. Era come se dovessimo inventarci un incantesimo dal nulla, ma era una cosa che richiedeva tempo e quella era l'unica cosa che non avevamo. Nel mondo della magia c'è sempre un modo per risolvere un problema, ma dovevamo pensare in fretta sfruttando le capacità che avevamo sul momento. Avevamo tutti paura. Il solo pensiero di perdere Klaus mi faceva rabbrividire e ogni volta che la mente cercava di presentarmi quella opzione, cercavo di mandare via quel pensiero ripensando a ogni nozione magica che avevo imparato nei miei duecentoquindici anni di età. Freya aveva un modo di usare la sua magia molto diverso dal mio e per questo era un'ottima compagna di ricerche, ma neanche lei sembrava avere una soluzione in tasca e come me, era molto spaventata. Klaus era rinchiuso nelle segrete del Palazzo, l'unico posto in grado di trattenerlo almeno per un po' di tempo. Ormai era una bomba ad orologeria e i suoi passi frenetici dimostravano che le voci nella sua testa stavano aumentando facendogli vedere chissà cosa. Conoscendo la sua mente pensai che il primo a torturarlo fosse Mikael, lui era sempre stato la sua nemesi e la sua più grande paura, allo stesso tempo, però, speravo che la parte sana della sua mente gli stesse mostrando Cami. Lei era stata la sua luce e l'unica arma di difesa contro i suoi demoni. Purtroppo Klaus era molto potente senza la magia del Vuoto dentro di lui e con essa che lo spingeva a ribellarsi, era diventato una bestia che neanche le spesse mura delle segrete sarebbero riuscite a fermarlo. Klaus avrebbe fatto sempre più fatica a controllarsi rischiando di scatenare un massacro. Freya aveva deciso di cercare una via di fuga facendosi aiutare da Vincent a casa sua. Lui era uno stregone Tremé e questo lo rendeva potente e conoscitore di magie a noi ignote, in più era un grande amico e anche se non amava particolarmente Klaus e i suoi fratelli, aveva stretto una salda amicizia con Freya nel periodo in cui i Mikaelson erano sparsi nel mondo e la avrebbe aiutata in ogni modo.
Raggiunsi il piano superiore di Basin Street sperando di trovare nella biblioteca qualcosa che ci aiutasse quantomeno ad alleggerire il peso che Klaus si stava portando addosso. Passando davanti alla mia camera intravidi la chioma bruna e disordinata di Kol ed entrai per salutarlo. Con tutto quello che stava succedendo non erano molti i momenti che potevamo condividere, ma lui non me lo faceva mai pesare capendo le mie ragioni.
Appena entrai lui si voltò verso di me e mi sorrise dolcemente raggiungendomi per darmi un bacio.
«Cosa stai facendo?» domandai notando la sua valigia aperta sul letto.
«I bagagli» rispose lui secco.
«Hai intenzione di partire?» chiesi sorpresa.
«Abbiamo intenzione di partire» mi corresse lui continuando a piegare i suoi vestiti. «Non voglio sprecare un altro secondo in questa città.»
«Di cosa stai parlando?» domandai sempre più confusa.
«Voglio tornare a casa nostra» rispose finalmente posando i suoi occhi su di me.
«Questa è casa nostra» ribattei.
«No, non lo è. Forse è casa tua, ma sicuramente non è la mia. Noi abbiamo costruito qualcosa a San Francisco che non ho intenzione di buttare al vento. Mi manca la nostra vita, ma forse a te no» disse abbassando sempre di più la voce.
«Certo che mi manca!» esclamai. «Io amo la nostra casa e le nostre abitudini a San Francisco, ma la nostra famiglia ha bisogno di noi, non posso andarmene adesso. Sei stato tu a convincermi a tornare qui» lo accusai.
«Questo era prima di sapere che la tua piccola visita si sarebbe trasformata in un inferno tutto incentrato su questa dannata famiglia che continua a tenerci incatenati!» sbraitò Kol. «Io ho fatto la mia scelta, ho deciso di andarmene e iniziare una nuova vita con te, ho scelto la felicità, perché tu continui a farti del male?»
«Che cosa ti aspetti che faccia? Che lasci Klaus morire?» chiesi sempre più irritata.
«Magari!» esplose lui. «Quell'uomo mi ha tradito troppe volte facendo tanto male a questa famiglia, forse è giunta la sua ora. Se Klaus intende pagare i suoi peccati con la sua vita, dovremmo festeggiare.»
«Non essere crudele» lo ripresi. «Se c'è qualcosa da festeggiare è il fatto che è cambiato e che per la prima volta nella sua narcisistica vita vuole sacrificarsi per noi. Se gli voltiamo le spalle adesso non saremo migliori del mostro che era.»
«Non ho detto di essere migliore» ribatté lui. «Tu e gli atri avete sempre creduto nel "sempre e per sempre", io invece no.»
«Non è qualcosa in cui credere, è un voto di lealtà e fratellanza e tu ne fai parte che ti piaccia o no» dissi furente. «Klaus ti ha ferito più di chiunque altro, è vero, ma lo hai visto cambiare sotto i tuoi occhi, questo non puoi negarlo.»
«Io non nego nulla, dico solo che una buona azione non cancella le atrocità che ha compiuto in passato» obbiettò infervorato. «Tu sei completamente ceca quando si tratta di lui, potrebbe fare qualsiasi cosa e tu continueresti comunque a considerarlo il tuo eroe. Non sei stanca?»
«No, non lo sono» risposi dura. «Io ho sempre avuto speranza per lui, gli ho tenuto la mano quando rischiava di affogare e lo rifarei altre mille volte se significasse arrivare dove siamo ora.»
«Dove siamo ora?» ripeté le mie parole inviperito. «Intendi un branco di folli assassini che non riesce a sopravvivere se almeno una volta ogni dieci anni non mette in pericolo la vita di migliaia di persone o addirittura il mondo?»
«No, intendo una famiglia che si ama profondamente e che ha patito le pene dell'infermo per rimanere unita e che è pronta a sacrificare ogni cosa pur di garantire una vita dignitosa all'ultima arrivata. Non siamo perfetti, anzi, siamo molto lontani dalla perfezione, ma non siamo dei mostri.»
«Diresti qualsiasi cosa per loro» osservò Kol adirato.
«Per noi!» gridai. «Tu fai parte della famiglia tanto quanto loro.»
«Questo non è vero, non lo sono mai stato, io sono la pecora nera, ricordi?» mi punzecchiò.
«Smettila con questa autocommiserazione da due soldi, tu sei un Mikaelson tanto quanto me» sbottai.
«Ma io non sono la tua famiglia, sono il tuo fidanzato, sono due cose diverse» sentenziò Kol.
«Non mi chiedere di scegliere tra te e Klaus» dissi indietreggiando.
«Perché, sceglieresti lui?» domandò furente.
«Sceglierei la famiglia» risposi marmorea. «Tu ne fai parte e hai ragione, tu non sei un mio parente, non più. Sei l'uomo che amo e con cui voglio costruire una vita, ma Klaus e tuo fratello e tu non puoi abbandonarlo. Lui c'era quando credeva che stessi per morire.»
Kol rimase in silenzio, con la felpa che stava piegando a mezz'aria.
«Davvero non ti imposta?» chiesi all'improvviso calma.
«Davvero» affermò lui.
«Allora mi hai delusa molto.»
Lo guardai negli occhi cercando di trovare una falla a cui potermi aggrappare, ma non la trovai. Uscii dalla stanza pensando che mi avrebbe seguita, ma non lo fece.
In biblioteca non trovai nulla di utile e tornai a Palazzo con il cuore pesante come un macigno. Sapevo che per Kol perdonare Klaus era stato più difficile rispetto agli altri, ma credevo che avrebbe reagito in un altro modo sapendo che suo fratello sarebbe morto prima del sorgere del giorno dopo.
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Sifane
General FictionUna ragazza con un passato travagliato e con un dono speciale. Dopo un incontro inaspettato la sua vita cambierà per sempre e dovrà fare i conti con il tempo che passa. Una ragazza gentile, fedele, sempre pronta ad aiutare gli altri, dovrà confront...