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«Qualcuno mi può spiegare perché Klaus continua a non rispondere alle mie chiamate?» chiesi salendo al secondo piano del Palazzo intravedendo Freya ed Elijah che confabulavano nel salotto.
Una folata di vento mi fece chiudere gli occhi e senza accorgermene, mi ritrovai sdraiata a terra sulla dura pietra del cortile interno dove un sonoro suono di ossa spezzate aveva segnato la posizione del mio braccio completamente dislocato dalla spalla sinistra. Lo rimisi a posto con un movimento rapido e preciso senza provare il minimo dolore (vantaggi del vampirismo). Mi rialzai controllando di non essermi rotta nient'altro e alzai lo sguardo verso le scale dove un momento prima mi trovavo. C'era un uomo nerboruto con il volto serio e con indosso un completo nero che mi guardava torvo; mi aveva appena buttato giù dalle scale.
«Ma che...?» mormorai.
Ma le parole mi vennero strappate di bocca da un altro uomo che mi prese per le spalle cercando di spezzarmi il collo. Era più esile di quello sulle scale e aveva i capelli neri come la pece e la pelle olivastra. Io mi dimenai cercando di guardarlo in faccia e riuscii a spezzargli il polso allentando la sua presa su di me. L'uomo sulle scale ci raggiunse e mi bloccò le braccia mentre l'altro si avvicinò a me pericolosamente cercando di afferrarmi il cuore con le sue stesse mani. Gli sferrai una ginocchiata in pancia, e lui si piegò in due tossendo e rialzandosi più arrabbiato di prima.
«Basta!» disse Elijah spuntando dalla balconata. «Lei fa parte della famiglia.»
L'uomo grosso due volte più di me che mi teneva bloccate le braccia mi lasciò andare immediatamente bofonchiandomi uno "scusa" di sfuggita.
«Puoi spiegarmi?» chiesi riprendendo fiato.
«Sono membri della Strige, ci proteggono dalle visite indesiderate» spiegò calmo lui. «Sali così ti spiego tutto.»

Ero andata a Palazzo per parlare con Klaus del prossimo futuro. La sua linea di sangue ormai non aveva più nessuno legame con lui e questo ci poneva in netto svantaggio. Raggiunsi il salotto e mi sedetti su una delle poltrone per riprendermi dalle botte che avevo subito. Dopo pochi istanti anche Kol entrò nella stanza e notando le mie ammaccature corse da me preoccupato.
«Cos'è successo?»
«Le guardie di Elijah non mi hanno dato il benvenuto» dissi sarcastica.
Gli sorrisi per fargli capire che andava tutto bene e lui si tranquillizzò sedendosi di fianco a me.
«Perché sei qui?» indagò successivamente.
Avevamo trascorso quattro giorni insieme senza uscire da Basin Street neanche per un minuto. Eravamo in overdose uno dell'altra eppure sembrava non bastarci.
«Sono andata da Marcel per saper come stava e mi ha avvisato che l'ultima pallottola di quercia bianca è stata trovata e ora c'è un'asta online per aggiudicarsela» spiegai. «Ero venuta per parlarne con Klaus, ma ha quanto sembra è sparito nel nulla.»
Notai che Elijah e Kol si scambiarono uno sguardo d'intesa e mi irrigidii. Mi stavano nascondendo qualcosa.
«Sai qualcosa che io non so?» domandai stizzita.
«Klaus è partito» disse Elijah secco senza neanche una nota di emozione.
«Per dove?» chiesi incredula.
«Lo scopo della sua partenza è proprio non sapere dov'è» rispose lui come se stesse spiegando ad una bambina di cinque anni come allacciarsi le scarpe.
«Ieri ho insegnato a Freya un incantesimo che ci ha permesso di trovare e tracciare i nemici di Nik in tutto il mondo e sono tutti in viaggio verso New Orleans» aggiunse Kol notando la mia irritazione.
«Ha deciso di scomparire così da evitare di farsi ammazzare» concluse Freya. «Hope ed Hayley sono andati con lui.»
«Credete davvero che il posto più sicuro per una bambina di tre anni e sua madre sia insieme ad un uomo ricercato in tutto il mondo dai suoi nemici?» chiesi sempre più perplessa.
«Ho lanciato un incantesimo che simula la presenza di Klaus in queste mura. Chiunque cercherà di ritracciarlo lo crederà qui» spiegò Freya placida.
«E noi dovremmo fare cosa? Aspettare che i nemici di Klaus vengano tutti qui contemporaneamente a pretendere la sua testa e ucciderli tutti?»
«A questo dobbiamo ancora pensare» concluse Elijah liquidando la mia incredulità.
«Non mi ha salutata» dissi in un fil di voce.
Non avevamo idea di quello che sarebbe successo nel prossimo futuro e non sapevamo per quanto tempo quella situazione sarebbe andata avanti. Non mi avevano salutata, lasciandomi in sospeso come se non fossi importante.
«Klaus ha detto che saresti stata la prima a capire la sua mossa, sei quella che lo conosce meglio dopo Elijah e Rebekah» osservò Freya cercando di farmi stare meglio.
«Perché l'ultimo pezzo di quercia bianca è in mano ad una mercenaria che la venderà ad un'asta online e non è nelle nostre mani? Dov'è finita Aurora?» chiesi per non concentrarmi sulla sensazione di abbandono che mi stava pervadendo.
«Klaus se ne liberato prima di partire» rispose Elijah. «Non è più un problema. Per quanto riguarda la pallottola, Aurora l'aveva nascosta bene e la mercenaria di cui parli deve averla trovata prima di noi.»
Appoggiai i gomiti sulle ginocchia e incastrai la mia fronte tra le mie mani. Non sarebbe mai finita, non avremmo mai avuto un solo momento di pace. Ci sarebbe sempre stato un nemico da battere o una maledizione da spergiurare e noi saremmo sempre stati in prima linea ad affrontare quello che metteva in pericolo la nostra famiglia. Francamente ero esausta.
«Rebekah non è partita, vero?» dissi alzando lo sguardo su Elijah. «L'hai pugnalata.»
Sputai il rospo che mi irritava la gola da un po' di tempo. Rebekah era una persona che odiava stare da sola e ormai era passato quasi un mese e mezzo da quando era partita e non mi aveva ancora scritto. Avevo provato a telefonarle e non mi aveva risposto, non era da lei. Il pensiero che non fosse veramente in viaggio mi aveva solleticato la mente diverse volte, ma ormai ne ero sicura.
«Lo ha deciso lei» rispose Elijah sostenendo il mio sguardo. «Non voleva più scappare e mi ha pregato di farlo.»
«Perché non ce lo hai detto?» chiesi atterrita.
«Per proteggervi» disse franco. «Se lei è addormentata una parte della profezia è compiuta. Rebekah è caduta per mano di un familiare, in questo modo ci rimangono solo più gli amici e i nemici e ora, visto che Aurora non è più fra noi, solo più gli amici.»
«Avrei voluto saperlo» commentai severa.
«Lo so. Ma meno persone lo sapevano meglio era» disse difendendosi. «Mi dispiace.»
Purtroppo avevo capito la situazione e lo guardai con comprensione facendo scemare la collera che era montata in me.
«Tu perché sei qui invece?» chiesi cercando gli occhi di Kol che riuscivano a calmarmi in un secondo.
«Ho visto Finn» disse asciutto.
Feci fatica a comprendere quello che aveva detto e per qualche secondo rimasi senza parole. Finn, la persona che mi aveva rubato l'amore, colui che mi aveva portato via tutto, che aveva cercato di uccidere Hope sostenendo Esther contro la sua stessa famiglia. Ogni cellula del mio corpo prendeva fuoco ogni volta che il suo nome veniva pronunciato e la sete di vendetta mi arrivava dritta al cervello.
«Sei proprio sicuro?» chiese Elijah esterrefatto.
«L'ho visto con i miei occhi» assicurò Kol. «Finn è tornato in vita quando Jud mi ha resuscitato. L'incantesimo era legato alla discendenza di sangue dei Mikaelson, ha funzionato anche per lui o è riuscito ad agganciarsi» ipotizzò.
La rabbia gli mutava il volto in un'espressione di puro odio. La vena che gli oltrepassava la fronte si era inspessita notevolmente e le sopracciglia erano aggrottate. Aveva il respiro corto e le mani che fremevano, emanava rabbia.
«Questo non è possibile» dissi appellandomi al mio lato razionale. «Le sue ceneri non sono state unite al sangue dei suoi fratelli come le tue; era rinchiuso nel ciondolo non poteva semplicemente uscirne.»
«Lo so, ma io l'ho visto!» ringhiò Kol. «Non mi importa come è tornato, voglio solo farlo soffrire quanto ha fatto soffrire me.»
«Frena la tua rabbia, fratello» disse Elijah calmo e impassibile.
«Perché?» chiese Kol esasperato alzandosi in piedi. «Finn sta sicuramente diffondendo le voci sulla quercia bianca rimasta, sta raccogliendo a sé i nemici di Nik. Fa tutto parte del suo odioso piano di vendetta, non lo capisci?»
«Ti sbagli» affermò Freya decisa. «Quelle voci sono arrivate prima che voi tornaste, Finn è innocente.»
«Innocente?!» esclamai oltraggiata. «Ha cercato di ucciderci tutti e con Kol ci è risuscito.»
«Finn è un nemico della famiglia» concluse la frase Kol che stava sempre più diventando iroso.
«Lui è della famiglia» sottolineò Freya. «Il suo ritorno potrebbe sanare le ferite e ricomporre ciò che si è rotto.»
«Tu non lo conosci» dissi sincera. «Non è il fratello minore che hai conosciuto quando eri piccola, è un traditore.»
«Mi ha assassinato!» gridò Kol.
«Sembri convinta» constatò Elijah non curandosi delle scandescenze di Kol.
Osservò Freya e come noi pensò che fosse quasi dolce la sua ingenuità.
«In più di un'occasione Finn non ha dimostrato più che disprezzo per questa famiglia, quindi come puoi essere sicura che voglia tornare da noi in pace?» domandò Elijah.
«Nostra sorella mi conosce bene.»
Una voce maschile, bassa e sgradevole catturò la nostra attenzione. Un uomo alto, curato, che non dimostrava più di trenta cinque era apparso dalle scale. Aveva i lineamenti netti e severi, gli occhi erano socchiusi in uno sguardo accigliato e un accenno di barba gli colorava le guance e gli zigomi spigolosi.
«Ma forse avete ragione a dubitare delle mie intenzioni» continuò Finn, mantenendo un tono calmo e sicuro di sé.
«Dobbiamo assolutamente discutere dei nostri contrasti, è passato fin troppo tempo.»
Kol non fece passare neanche un secondo. Si avventò su Finn come una furia spingendolo contro il muro tirandogli un pugno in faccia. Finn si difese, ma la rabbia di suo fratello era indomabile e contrastò la sua difesa abilmente colpendolo ancora più forte.
Ero tentata di intervenire, ma poi ricordai l'odio che covava dentro di me e decidi di lasciarli fare. Elijah, invece, si pose tra i due riuscendo dopo un po' a dividerli.
«Comportatevi come si deve» intimò Elijah con tono minaccioso. «Saremo confinati qui nel prossimo futuro, sarebbe bello se provaste a non staccarvi la testa a vicenda.»
«Che cosa significa?» chiesi disgustata al solo pensiero di dover passare anche solo due minuti con Finn.
«Possiamo definirla una vacanza a casa» rispose lui cercando di sdrammatizzare. «Al momento siamo tutti in pericolo, quindi mentre Marcel cerca di recuperare il proiettile che può uccidere uno di noi, evitate atteggiamenti bellicosi.»
Kol lo guardò storto e strinse i pugni. Io lo presi per la manica e lo trascinai in camera mia dove avrebbe potuto sbollire. Non avevo guardato Finn neanche una volta, non sopportavo la sua presenza.

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