Capitolo 59

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Le foto con mamma e papà...

Quanto erano belli i loro sorrisi.
Quei sorrisi che non rivedrò mai più.

Tante volte ho pensato al fatto che in quell'incidente sarei dovuta morire anch'io.
E ad oggi posso dire che me lo meritavo.
Me lo meritavo più di loro, e me lo merito tuttora. 

Vorrei tanto raggiungerli. Vorrei vederli sorridere come in quei momenti, dei quali sono rimasti solo pezzi di carta.

E invece mi trovo ancora qua, a vivere.
E loro non ci sono più, per colpa mia.

Osservo la finestra della cucina e guardo fuori.
È buio, e sta piovendo.
Ma che ore sono? Ho perso la concezione del tempo e non riesco più a ricordare se sia mattina, sera o notte.

Mi avvicino per guardare meglio fuori, per capire se c'è qualcuno in giro e farmi un'idea su che ora potrebbe essere.

Ma non capisco. In giro non c'è proprio nessuno e il tempo sembra essersi come fermato.
Come per mamma e papà...

Allungo la mano verso la finestra e la apro lentamente. Sono troppo bassa e non arrivo a sporgermi fuori per vedere meglio.
Salgo quindi sul mobile della cucina.

Un vento freddo mi gela le guance.
Com'è strana la primavera. Dicono che sia il periodo della rinascita e dell'arrivo del caldo.
Ma io qua sento solo freddo e di rinascita non vedo assolutamente nulla.
I miei genitori non hanno fatto in tempo a rivivere un'altra primavera, e sono morti poco prima che questa potesse arrivare.

Loro non rinasceranno mai.

Le primavere arriveranno per tutti, tranne che per loro.

E allora mi chiedo: perché dovrei viverle io?

Che primavera è se dentro mi sento morta?

Tanto vale esserlo sul serio.

"EMMA!" Improvvisamente sento una voce terrorizzata alle mie spalle.

Non faccio neanche in tempo a girarmi che mi sento afferrare di peso e portata a terra. Poi, d'un tratto, mi ritrovo stretta in un abbraccio tremante e agitato: è Jace.

"Che diavolo stavi facendo là sopra?!" Urla con voce strozzata.

Non capisco. Cosa ci fa qui?

Non sapendo cosa dire o cosa fare nascondo il viso nella sua felpa per bloccare il respiro o per lo meno per non far sentire i miei lamenti. Ma niente da fare, Jace si accorge subito delle mie lacrime.

"Che cos'hai? Perché stai piangendo...?" Domanda stringendomi più di prima.

Ma ancora una volta io non rispondo.
Mi limito a chiudere gli occhi e a non riaprirli più.

"Parlami." Continua a insistere, finché prende un grosso sospiro, come se facesse fatica a respirare. "È per... mamma e papà...?" Chiede a bassa voce con i muscoli più rigidi che mai.

Ancora una volta io non rispondo. Resto zitta, immobile, con le loro immagini che mi passano per la mente.

È sempre per loro... loro sono costantemente nella mia testa. Ma non posso farci nulla perché non esistono. Non ci sono, non li rivedrò mai più, non ci saranno mai più.
E quando sento la mente così offuscata e vedo le strade così buie l'unica via che mi sembra più facile è quella da non prendere: restare ferma e aspettare di raggiungerli in qualche modo.

Jace non dice più nulla, ma ha sicuramente capito. Lo sento stringermi più forte di prima e sedersi per terra.

Mi accuccio su di lui senza dire una parola.
Senza aprire gli occhi.

Il Migliore Amico di mio Fratello Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora