capitolo 46 - Brian

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Quattro, tre, due, uno, auguri!
La stavo cercando fra la folla, sperando di poterla guardare negli occhi, sperando di poterle dire, allo scoccare della mezzanotte, che sono irrimediabilmente innamorato di lei.
Domani poi le avrei rivelato tutto, implorandola di perdonarmi, sperando di poter contare sui sentimenti che, nonostante tutto, scalpitano nella sua memoria, fra le macerie di un noi che non ha intenzione di arrendersi, non ha intenzione di venire cancellato.
Un amore ammaccato, sbiadito, ma non distrutto.

Ma qualcosa è andato storto.

Le persone, intorno a me, si abbracciano dandosi gli auguri per un felice anno nuovo, io, sono immobile, al centro della sala, incastrato nelle iridi cioccolato che, ad una breve distanza, mi inghiottono in una tempesta fatta di paure e delusioni.
La donna che amo, con occhi lucidi e un'espressione straziata dipinta sul suo bel viso, stringe fra le mani un cofanetto di legno, quello che contiene tutti i nostri ricordi.

È giunta la mia fine.

Nessuno dei due ha il coraggio di fare un passo verso l'altro, continuiamo a fissarci fra la folla che continua a divertirsi, ma per noi sembra essere svanito tutto e tutti.
Entrambi sappiamo che saremo distrutti questa sera.

Tutti i suoni intorno a me sembrano ovattati, e mi chiedo come facciano tutte queste persone a non rendersi conto che il mondo stia crollando, perché non temono, come me, che il pavimento possa risucchiarci da un momento all'altro?

Iris ad un tratto, abbassa lo sguardo stravolto e con spalle ricurve, di chi sa, va verso il mio ufficio.
Vorrei seguirla correndo, ma il dolore che sento al centro del petto, si irradia verso le braccia, verso le gambe, verso l'anima.
Con passi incerti e lenti vado incontro alla mia fine.

Entro e chiudo la porta del mio ufficio, lei è seduta sul divano, lo stesso che solo poche ore fa, ci ha visti intimi e molto vicini, non solo fisicamente, ma soprattutto con i nostri cuori.
"Cosa contiene questo cofanetto chiuso a chiave?"
È lei a spezzare il silenzio, tenendo gli occhi fissi sull'oggetto incriminato che stringe in grembo.
"Ricordi."
Non basta dire altro, non serve inserire un soggetto, lei sa.

"Qui dentro ci siamo noi due, vero?"
Resto in silenzio, sarebbe superfluo darle conferma.

"Sei tu, sei sempre stato tu l'uomo che cercavo, l'uomo che mi ha regalato questo ciondolo."
Estrae da sotto il corpetto rosso del suo costume di cappuccetto rosso, la lunga catenina che le ho sempre visto al collo, ma che ha sempre tenuto nascosta sotto i vestiti.
Il ciondolo ricade all'altezza dei seni, ed io, mi avvicino come se fossi ipnotizzato, i ricordi del momento in cui glielo regalai giungono all'improvviso, facendomi sorridere per un attimo.

"Mi hai sempre mentito, perché?"
All'improvviso urla, e mi rendo conto che i suoi occhi sono pieni di lacrime.
"Perché ho fatto una promessa a Dio quando hai avuto l'incidente, salvarti, in cambio sarei sparito dalla tua vita."
Dovevo pagare il mio pegno, fra le altre cose.

"Non posso crederci, è davvero per questo che...stronzate."
Lo sgomento iniziale per la mia risposta, lascia presto posto alla rabbia.
Posa il cofanetto sul divano e mi raggiunge, inizia a spintonarmi, senza riuscire però a muovermi di un millimetro, ma la lascio fare, ha bisogno di sfogarsi.
"Cosa c'era fra noi?"
Un'altra spinta.
"Perché mi hai presa in giro, perché anche tu vuoi tenermi lontana dai miei ricordi? Con che diritto?"
Urla con tutto il fiato che ha in gola colpendomi sul viso con uno schiaffo, non reagisco perché lo merito.
Ma il secondo non riesce ad assestarlo perché blocco entrambi i suoi polsi afferrandoli.
"Perché è stata tutta colpa mia!"
Ho il fiatone per quanto abbia gridato le mie colpe.

Con uno scatto lei si libera dalla mia presa, gli occhi sbarrati e fa due passi indietro come se l'avessi spinta.
Cerco di ritrovare la calma, almeno apparentemente, per farlo, mi volto di spalle e poggio le mani sulla scrivania.

"Non sono degno di respirare neanche l'aria che respiri, ti ho tradita in un modo imperdonabile, è colpa mia se hai avuto l'incidente e sei quasi morta."
Pronunciare questa verità ad alta voce, proprio a lei, significa percorrere una strada senza ritorno.
È arrivato il momento.

"Voglio sapere tutto."
La voce determinata crea un brivido gelido che percorre tutta la mia schiena.
È complicato riuscire a raccontarle cosa siamo stati, il motivo dei miei errori e delle scelte sbagliate.

"Stavamo insieme da poco più di un anno, abbiamo convissuto qui per due mesi."
Indico l'appartamento di sopra mentre volto il capo leggermente verso di lei, mi sembra che i suoi occhi, confusi, tremano fissando il vuoto, ma non ne sono certo.
"Mi amavi?"
La domanda arriva a brucia pelo, senza esitazione rispondo.
"Eri la musica in un mondo colmo di silenzio."
Mi volto verso Iris e la vedo portare la mano verso il ciondolo che le regalai quando siamo andati a vivere insieme.
I nostri occhi si cercano, si incontrano, si abbracciano, ma è lei a sfuggire subito dopo.
Prendo un grosso respiro e inizio il mio racconto.
"Quel giorno ero venuto a Providence in treno, volevi farmi conoscere la tua famiglia, ma non arrivammo mai a casa dei tuoi genitori."
Ripiombare dentro quei momenti, mi strappa la pelle dalla carne, ma devo farlo, glielo devo.

Flashback
Scendo dal treno e mi guardo intorno ma non la vedo, afferro il telefono nella tasca anteriore del jeans e noto due messaggi, ma sono solo Thomas ed Aiden che mi prendono per il culo mandandomi anelli di fidanzamento.
Sono un po' teso, in fondo non ho mai conosciuto la famiglia di nessuna delle mie ex, ma Iris è speciale, è diversa.
Ad un tratto la vedo arrivare e cercarmi fra la gente, solo quando incontra i miei occhi sorride e alza il braccio per farsi vedere.
Ma io la troverei sempre, ovunque, anche fra un milione di persone, lei è quella luce nel buio che ti porta in salvo.
Mi avvicino e la abbraccio, non ci vediamo da una decina di giorni, è dovuta rientrare a Providence per essere presente ad un evento di beneficenza dove il padre, illustre primario dell'ospedale più importante della città, ha ricevuto un premio.
Poso le mie labbra sulle sue, non potendone più fare a meno, ma lei non è la solita Iris, i suoi occhi sfuggono dai miei e succede sempre quando è preoccupata per qualcosa, la conosco troppo bene.
"Ragazzina, stai bene?"
Sorride facendo un cenno di consenso col capo, ma anche un poppante capirebbe che non è così.
"Sei preoccupata per questo pranzo? Non temere, mi hai detto più volte come sono i tuoi, sono preparato ad ogni loro comportamento, soprattutto visto che sono solo un cantautore che possiede un Club e non un famoso avvocato o..."
Ma mi interrompe posando la mano tremante sulla mia.
"Sono incinta."
Fine flashback

I suoi occhi si sbarrano e le sue labbra si aprono, l'espressione è sconvolta e la mano va verso il suo ventre piatto.
Ora arrivo la parte più difficile.

Ora arrivo la parte più difficile

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