Un giorno ti svegli e non sai più chi sei, i tuoi ricordi sono andati persi a causa di un incidente e ti senti un'estranea nella tua stessa vita.
Ma non nei tuoi sogni, che continuano a lasciare briciole di pane da seguire per riconquistare ciò che...
Quando la musica termina, Brian va a salutare il suo amico Thomas, io per caso incontro due iridi nere che sembrano brillare in questo posto, e se ne avesse l'opportunità, mi fulminerebbe con queste. Vado incontro a Sally, oltrepassandola, ma premurandomi di far scontrare bruscamente la mia spalla con la sua. Mi dirigo nell'ufficio di Brian e lei mi segue.
Chiude la porta e ci si appoggia con la schiena, il suo sguardo è ferito,il mio rabbioso. "So che non avete una relazione tu e Brian, è stato un colpo basso e da disperata mettere in scena quel teatrino con il reggiseno che sbucava dalla tua borsa." Scopro subito le carte, non avendo la pazienza di girarci intorno. " Ma tu cosa ne sai di cosa siamo io e lui, l'uno per l'altra?" Mi dispiace sinceramente intravedere lacrime nei suoi occhi, nonostante non giustifico le sue azioni. "Lui è stato fondamentale nella mia vita in un momento buio, ed io lo sono stata nella sua." Con un gesto di stizza asciuga l'unica lacrima che ha varcato la soglia ed è caduta sulla guancia. "Vi siete distrutti a vicenda, e sarà di nuovo così, devo solo aspettare, io ero e sono qui." Tento di analizzare le sue parole, di trovargli un senso, ma non riesco a farlo da sola.
"Cosa vuoi dire?" La sua gamba inizia a ballare e il labbro finisce intrappolato fra i denti. "Nell'armadio, sullo scaffale più alto, dietro lo scatolone, c'è un grande cofanetto. Lì ci sono le risposte che stai cercando da tempo." I miei muscoli si paralizzano, la vista mi si annebbia e quasi non vedo la sua figura aprire la porta e scomparire fra la calca di gente che balla e ride. Con gambe tremolanti arrivo sul divano e mi siedo. Gli occhi fissi su quelle scale che sembrano dirmi, siamo qui, ti porteremo alla verità, ma percorrerle, improvvisamente mi fa paura.
Le parole di Sally, mi vorticano in testa, io, per un attimo provo a nascondermi nel labirinto infinito della mia mente, scappo, corro, cerco di sfuggire ai dubbi, ma mi basta voltarmi e loro mi raggiungono.
Il cappuccio rosso che avevo fermato in testa con delle forcine, inizia a darmi fastidio, il laccio al collo, che lo lega a me, lo sento d'un tratto troppo stretto. Con mani tremanti lo sfilo e lo butto a terra. Mi faccio coraggio e salgo le scale, all'improvviso, questi pochi gradini mi sembrano centinaia, oppure sono io ad essere molto lenta. La verità è che ho una fottuta paura di trovare questo misterioso cofanetto, una fottuta paura di aprirlo, una fottuta paura che i miei dubbi corrispondano alla verità, una molto scomoda, una molto dolorosa.
In cima alle scale la porta chiusa che ho di fronte mi sembra minacciosa, e osservo quella maniglia come se fosse una condanna, anche solo posarvi la mano sopra mi fa ritrarre con uno scatto, come se fosse incandescente. Prendo un profondo respiro ed entro. Il mio corpo sembra muoversi a rallentatore mentre attraverso il salotto, diretta verso la stanza da letto. Quest'ultima è immersa nel buio, e per una volta, dopo l'incidente, non è questa condizione di oscurità a mettermi a disagio. Mi siedo sul letto, le mani posate ai lati delle gambe che stringono il tessuto liscio del piumone pieno di girasoli. La luce che proviene dal salotto cerca di illuminare anche questa stanza e, per un assurdo scherzo del destino, il fascio di luce illumina proprio l'armadio. Il piede inizia a ballare su e giù, trascinando con sé a questo ritmo incalzante anche i battiti del mio povero cuore. La paura di trovare davvero questo misterioso cofanetto blocca la mia solita irruenza, facendomi essere cauta, per una volta.
Inspiro ed espiro ad occhi chiusi, cercando di non far caso alla danza sfrenata che stanno facendo al momento gli organi nel mio corpo. Quella frase, quel flash di noi due, dare il suo volto all'uomo che mi ha salvato dopo l'incidente nei miei sogni, è un caso, la mia mente sta facendo confusione? Non può essere lui, non può avermi mentito per tutto questo tempo.
Eppure, una vocina nella mia testa, mi suggerisce che sono io che non ho mai voluto vedere la realtà.
Tutte le emozioni che ho provato da quando l'ho incontrato, nel momento in cui ho sentito la sua voce intonare una canzone, nell'istante in cui sono inciampata nei suoi occhi. Non ho voluto vedere, non ho voluto capire, perché se tutto questo fosse stato reale, se i miei dubbi lo fossero stati, lui, sarebbe stato un bugiardo.
Mi alzo e bastano pochi passi per trovarmi davanti l'armadio a muro che apro con cautela, come se potesse servire a dargli il tempo necessario per poter far sparire, eventualmente, quel dannato cofanetto che sarà la causa della mia fine. Mi ritrovo davanti i miei vestiti e, verso destra, ancora una manciata di indumenti di Brian, li sfioro come se dovessi dargli un ultimo saluto. Ho quasi timore ad alzare gli occhi verso la mensola in alto e quando lo faccio, lo scatolone che diceva Sally è proprio lì. Ingoio la saliva e prendo la sedia accanto l'armadio, lancio sul letto tutti i vestiti che in genere ci butto sopra, la posiziono proprio sotto la mensola e ci salgo sopra. Ho qualche difficoltà a mantenere l'equilibrio a causa dei tacchi che indosso, ma riesco a raggiungere ciò che devo, scosto lo scatolone con una lentezza esasperante, e quando qualcosa di bordeaux entra nel mio campo visivo, il mio cuore cessa di battere.
Per un attimo devo tenermi dalla mensola, il respiro inizia a mancarmi e sento bruciare gli occhi. Afferro il cofanetto grande più o meno come una scatola di scarpe e scendo dalla sedia, arrivare al letto sembra un'impresa ardua, colpa di quello che stringo fra le mani e che sembra pesare un quintale. Osservo l'arma del mio omicidio e se davvero dovesse contenere ciò che temo, finalmente mi riapproprierò di quello che più tengo, di quello che cerco disperatamente da anni, ma a che costo?
Mi guardo intorno, passeggiando dentro questo appartamento, per la prima volta, alla ricerca di un indizio, qualcosa che possa far accendere la scintilla dei miei ricordi, qualcosa che parli di me. Ma è un pensiero stupido, nulla fin'ora è stato familiare qui dentro. A fatica mi dirigo verso la porta, ma appena la varco, vedere le scale davanti a me mi fa venire un leggero capogiro. Inspiro profondamente, trattenendo il respiro per pochi secondi e poi rilascio l'aria lentamente, le mani si stringono intorno a questo cofanetto in legno e gli occhi sono fissi sul lucchetto che lo chiude, cercando di proteggerne il suo contenuto, di certo qualcosa di prezioso. Ma per chi?
Ogni gradino sembra cercare di trattenermi per evitare che ne possa scendere un altro, arrivare fino in fondo è complicato. Nell'ufficio di Brian, i miei occhi cadono sul divano, rivedo la nostra immagine mentre ci baciamo, mentre sono sulle sue ginocchia, spalmata sul suo corpo. Mi sembra di percepire le stesse emozioni dirompenti che hanno scombussolato i battiti del mio cuore ogni volta che lui mi ha sfiorata, sorriso, baciato, stretta.
Apro la porta insonorizzata dell'ufficio e la musica mi investe, intorno a me solo gente che balla, che si diverte, che ride. Qualcuno afferra il microfono e annuncia che manca meno di un minuto alla mezzanotte, tutti i presenti esultano, mentre io, continuo a stringere fra le mani questo grande cofanetto e con gli occhi cerco Brian. Proprio quando incontro finalmente delle iridi azzurrissime, inizia il conto alla rovescia.
Dieci, nove, otto...
L'espressione sul suo volto è di puro terrore, la conferma che non volevo avere.
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