capitolo 49 - Iris

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Iris

Sdraiata sull'amaca, coperta dal solito enorme e caldo plaid, fisso il cielo.
C'è ancora qualche fuoco d'artificio che si intravede di tanto in tanto.

Chissà quante notti ho trascorso qui, di sicuro amavo questo posto come lo amo adesso.
Ora che so tutta la verità, capisco perché quando sono salita qui sopra mi sono sentita in pace con il mondo, faceva parte di me questo luogo e, capisco anche perché fin dal primo istante ho percepito un legame con Brian.

Lo amavo, l'ho sempre amato, e purtroppo, credo di amarlo anche adesso.
La mia mente lo ha cancellato, ma il mio cuore non è stato in grado di farlo.

Avrei mille domande da fargli per dissetare il mio bisogno di informazioni, ma in questo istante non sono capace di assimilare altre informazioni su chi eravamo.
Di certo non immaginavo che l'uomo del mio passato fosse proprio Brian, lui che mi ha mentito tutto questo tempo, lui, che è stato l'amore più grande della mia vita, a quanto pare.
La verità è stata sconvolgente, tanto da farmi rivalutare la mia amnesi e per una volta non considerarla una disgrazia.
Ho sempre pensato che fosse orrendo perdere la memoria, in un istante rasati al suolo anni della propria vita, esperienze, sentimenti, ricordi, una parte fondamentale di te che ti ha portato ad essere ciò che sei, senza, sei una persona diversa.

C'è, in fondo, nelle vite di tutti noi un istante che ci cambia per sempre, io, ho appena vissuto il mio istante, che mi porterà ad essere qualcun'altra, ancora.

Ma scoprire di aver amato qualcuno, aver sofferto, e soprattutto, aver vissuto dei momenti così importanti, come aver scoperto di essere incinta, e non ricordarlo, è terribile.

Brian mi raccontava di quei momenti dolorosi, ed io, mi sentivo una spettatrice di un racconto appartenente a qualcun'altra, invece parlava di me, di noi.
Cosa ho provato in quel momento? Come mi sentivo mentre vedevo quelle 2 linee rosa che avrebbero cambiato tutto? Oppure mentre lui mi diceva di non essere pronto?

Tutte quelle emozioni mi appartengono, di diritto, invece mi sono state strappate via, nessuno può ridarmele indietro.

Porto una mano al basso ventre e il vuoto che provo al centro del mio petto fa davvero troppo male, una lacrima scende sul mio viso e ne segue un'altra, incontrollabili questi sentimenti mi travolgono.
Ebbe ragione Brian quando mi avvisò di non cercare il mio passato, mi sarei scontrata con una dura verità, mi sarei fatta male, ma non volli ascoltarlo, non volli ascoltare nessuno, ne lui, né tanto meno la mia famiglia.

Asciugo le lacrime e tento di respirare a fondo per calmarmi.
Osservo per infiniti minuti lo scrigno di legno bordeaux che sembra guardarmi a sua volta, abbandonato sul pavimento, accanto all'amaca.
Nella mano stringo la chiave che mi ha lasciato Brian e che apre il lucchetto.
Dopo quei momenti difficili, dopo quel legame creatosi fra le lacrime, condividendo quel dolore, mi sono rifiugiata qui, avevo bisogno di restare sola, avevo bisogno di allontanarmi da lui.
Ho paura di quello che troverò lì dentro ma devo riappropriarmi di ogni frammento di me.

Scosto il plaid e mi metto seduta, lentamente lo afferro e lo porto in grembo, accarezzo il lucchetto freddo e sospiro.
Non sarò mai davvero pronta.
Infilo la piccola chiave argentata nella serratura e la giro.
Come se stessi osservando un film in bianco e nero, tolgo il lucchetto e apro questo cofanetto, con il cuore che batte a mille.
All'interno trovo tante foto di noi due e sento all'improvviso spezzarsi qualcosa dentro di me.

Una frattura fra quella che ero e quella che sono.

Mi ritrovo a sfogliarle, sentendomi come se fossi la spettatrice della vita di una sconosciuta, invece era la mia.
Come se fossero state create al computer con qualche programma apposito, momenti di vita di una ragazza che mi somiglia, ma non riconosco.
Una Iris con i capelli rossicci e uno sguardo felice, stretta ad un uomo che in realtà mi ha tradita doppiamente.
Quel giorno quando ha scoperto di diventare padre, e tutto questo tempo fingendo di non conoscermi.

Questa era la mia vita.

In un momento di stizza mi abbandono all'ira gettando le foto a terra, lontane da me.
Non posso fidarmi di nessuno, è questa la verità.
Mi accascio sull'amaca e inizio a piangere tutte le lacrime che possiedo, amareggiata per come il destino stia giocando con me, furiosa di non riuscire ad eleborare una perdita che non ricordo.
Mi sento come se mi fosse stata portata via perfino la possibilità di sentire il dolore di una perdita importante, anche quello mi apparteneva di diritto.

"Iris."
La voce di Jordan arriva come uno schiaffo, come ha potuto tacermi una cosa simile?
Asciugo le guance e mi alzo, incontro i suoi occhi colpevoli, e vorrei solo che sparisse.
Tutti mi hanno tradita.

"Avevi ragione, avrei trovato una verità dolorosa."
Abbassa lo sguardo, restando accanto alla botola, con le mani in tasca.
"Il tradimento della mia famiglia."
Sentenzio a denti stretti con rabbia.
"Iris, volevamo solo proteggerti."
"Sul serio vuoi ancora raccontarmi questa cazzata?"
Mi avvicino urlando.
"Era mio diritto sapere del bambino."
Le lacrime hanno di nuovo la meglio, in questo momento sono troppo fragile per combattere.
"Quale bambino?"
Jordan aggrotta la fronte e sembra confuso, è un ottimo attore.
"Abbi la decenza di farla finita con le sceneggiate che avete fatto da quando mi sono risvegliata dal coma."
Sempre più delusa mi volto e mi allontano da lui, ma mi segue.
"Iris, sono serio, quale bambino?"
Non voglio neanche guardarlo, io mi fidavo della mia famiglia, di lui, e per quanto non condivida la loro decisione di negarmi il mio passato, posso tentare di perdonarli, col tempo, per avermi taciuto un ragazzo che mi ha fatta soffrire, per avermi taciuto di aver lasciato un lavoro stabile per inseguire una passione, sbagliando, ma non la mia gravidanza.

"Iris, di cosa stai parlando?"
Jordan afferra il mio braccio ma con uno strattone lo costringo a mollare la presa.
"Ero incinta, lo avevo appena scoperto e a causa dell'incidente ho perso il bambino."
Gli occhi di mio fratello si spalancano, seguita dalla bocca.
" No, ma che stai dicendo? Non è vero!"
Quasi frastornato continua a mantenere la sceneggiata.
" Io, ho visto il tuo referto medico, non eri incinta, ma chi te lo ha detto?"
Sembra davvero convincente.

" Brian, abbiamo litigato alla stazione quando gliel'ho detto e sono andata via in auto sconvolta e ho avuto l'incidente. Ora so tutta la verità, basta mentirmi."
Dico con rabbia a mio fratello che inizia a barcollare e si avvicina all'amaca per sedercisi, per un attimo quasi mi preoccupo che possa stare male.
" Iris, ne sei sicura?"
Chiede sottovoce fissando il pavimento.
Non bado a rispondergli , troppo impegnata a capire se sia sinceramente allo scuro di tutto, e mi chiedo come possa essere possibile.
" Nostro padre ha falsificato la tua cartella medica, perché posso assicurarti che non vi era traccia di nessuna gravidanza."
La sua tesi , a pensarci bene, ha fondamenta solide dato il ruolo che ricoprono nostro padre e nostro zio in quella struttura ospedaliera.

Non posso credere che sia arrivato a tanto, ma soprattutto, perché lo ha fatto?

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