Capitolo sette

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«Buongiorno», dissi, entrando in cucina

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«Buongiorno», dissi, entrando in cucina.

«Buongiorno, tesoro. Dormito bene?».

Annuii in risposta a mio padre.

«Tra poco vado a fare la spesa, hai bisogno di qualcosa?».

«No», replicai, versando il latte caldo nella tazza insieme al caffè. Aprii il mobiletto per prendere i biscotti con scaglie di cioccolato e mi sedetti a tavola per mangiare.

«Sto andando, ci vediamo dopo!».

«Sì, ciao!».

Dopo aver finito di fare colazione, tornai in camera. Mi lavai e mi vestii, pronta per iniziare la giornata.

«Bea…», mi chiamò mia sorella, entrando nella mia stanza.

«Dimmi, piccolina». Mi abbassai sulle
ginocchia per guardarla in viso.

«Ho fatto un incubo».

«Amore… Vuoi che mi metto accanto a te nel letto finché ti addormenti di nuovo?», le proposi.

Lei annuii e, dopo averle detto di iniziare ad andare perché l'avrei raggiunta subito, presi un libro da leggere.
Era martedì, e avevo il turno nel pomeriggio, quindi quella mattina ne approfittai per passare più tempo possibile con mia sorella.
Presi il mio libro preferito, "Orgoglio e pregiudizio", e andai da mia sorella.

«Eccomi», sussurrai, entrando sotto le coperte e appoggiandomi allo schienale del letto per stare seduta. Lei stese la testa sulle mie gambe e si rilassò. Poi prese la mia mano e se la poggio sui capelli, chiedendomi indirettamente di accarezzarla. Quel gesto la aiutava molto a rilassarsi.
Nel frattempo continuai a leggere il libro che portai con me.

Mi appassionai alla lettura quando, da piccola, mi regalarono un libro di Jules Verne: “Il giro del mondo in 80 giorni”. Mi prese così tanto che lo finì in un giorno e mezzo. Da quel momento passai la maggior parte del tempo a leggere. Una volta a settimana, se prendevo un bel voto, andavo con mia madre a comprarne uno nuovo, come premio per essermi comportata bene.

Amavo la sensazione di leggerezza e spensieratezza che provavo nell’immergermi in un nuovo mondo: un giorno ero una ragazza dalle mani che sprigionavano fuoco, un altro ero una donna che viveva nell’alta nobiltà, e un altro ancora potevo diventare invisibile.

La lettura faceva provare emozioni mai provate prima: alcune negative, che non avremmo mai voluto sentire, e altre che aspettavamo con ansia di percepire sulla nostra pelle.
Leggevo quando ero triste, quando ero felice, ma soprattutto quando i pensieri affollavano la mia testa e non riuscivo a fermarli.
Leggere è estraniarsi dal mondo reale per qualche momento, è mettere da parte i problemi, perché leggere è una medicina per un cuore infranto, per un dolore che sembra infinito e per le persone che si sentono incomprese. È un rifugio per chi si sente in gabbia nella sua stessa casa, per chi vuole colmare una mancanza, per chi vuole, anche solo per qualche momento, dimenticarsi del dolore che gli blocca il respiro.

Mezz'ora dopo mio padre annunciò il suo ritorno e, senza svegliare Gaia, mi alzai per raggiungerlo in cucina.

«Metti un piatto in più» disse mio padre. Lo guardai confusa, non sapendo di avere un ospite e, nello stesso momento in cui misi il quarto piatto sulla tavola, il campanello suonò.
Appena aprii la porta, la mia migliore amica esclamò: «Sorpresa!», entrando qualche secondo dopo in casa. Ci abbracciammo, lei mi diede un bacio tra i capelli e mi guardò sorridente.
«Quanto sei cresciuta amica mia», disse scherzosamente. Scossi la testa e, dopo aver salutato anche mia sorella, ci sedemmo a tavola, pronti per pranzare.

Il mio turno era iniziato da due ore, e sentivo già la stanchezza addosso. Avevo servito tanti clienti, e alcuni di loro, come al solito, si sfogavano raccontandomi i loro drammi. Per carità, mi piaceva ascoltare gli altri e aiutarli, ma nove persone, o anche di più, era troppo. Dissi a Giulia che mi allontanavo per un secondo e lei, comprensiva, annuì. Entrai in bagno e mi sciacquai la faccia, sperando di sentirmi meglio. Dopo essere uscita vidi una fila di persone aspettare il loro turno, e, vedendo la mia collega in difficoltà, la affiancai e feci il mio lavoro. Tra i tanti clienti che servii vidi Michele, il ragazzo che avevo incontrato qualche giorno prima. Spiccava tra tutti per i suoi capelli ricci e marroni, dello stesso colore dei suoi occhi.
Venne verso di me e mi salutò, gesto che ricambiai.

«Ehi, stai meglio?», domandai.

«Sì. Grazie per quello che mi hai detto sabato».

«Figurati. Fa parte del mio lavoro», affermai con tono divertito. Qualche momento dopo decisi di dargli il mio numero. «Se hai bisogno di parlare puoi scrivermi, o chiamarmi».

«Grazie, Beatrice. Lo apprezzo molto».

«Chiamami Bea».

«Allora mi farò sentire, Bea», replicò ridacchiando e uscendo dal bar.

Spazio autrice

Eccoci, in ritardo di un'ora 🤭, ma vabbè.
Che ne pensate di questo capitolo? Vi siete ritrovati in quello che significa per Beatrice la lettura?✨

Spero che vi sia piaciuto. Se così è stato lasciate una stellina e un commento...

Ci vediamo lunedì! ❤️

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