Capitolo quarantanove

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«È stato bello rivederti», affermai, salutando Tommaso che sarebbe partito tra mezz'ora

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«È stato bello rivederti», affermai, salutando Tommaso che sarebbe partito tra mezz'ora.

«Anche per me», disse in risposta quest'ultimo, mentre mi stringeva in un abbraccio caloroso. «Tornerò presto, okay? E se non ti vedrò insieme a lui gli parlerò personalmente.»

Sorrisi alle sue parole, ringraziandolo per quello che aveva fatto il giorno precedente.

«Hai fatto tanto, troppo per me. Mi hai aiutato quando ne avevo più bisogno e ti sarò sempre debitore. Sai, è da un paio di mesi che volevo venire qui, a trovarti, ma mi bloccavo al solo pensiero di tornare in questa città. Adesso sento di aver chiuso quel capitolo della mia vita e senza di te non c'è l'avrei fatta.»

«Hai fatto tutto da solo, io ti ho solo incoraggiato.»

«E menomale che l'hai fatto, Bi. Ho imparato una cosa molto importante in questi anni.» Fece una pausa, poi aggiunse: «Ci sono alcune persone che entrano nella nostra vita non per restare, ma per rimanere nella nostra memoria. La nostra storia non la dimenticherò mai, non potrei nemmeno volendo. Sei stata la cosa più importante in un capitolo della mia vita, e te ne sarò grato, sempre».

Trattenni a stento le lacrime. Mi ero promessa di non mostrargli quanto mi sarebbe mancato dopo la sua partenza, ma non c'è la feci, non dopo che pronunciò quelle parole.

«Guardami, piccola Bi.»

Alzai gli occhi verso di lui, lasciando che le sue parole mi accarezzassero come avevano sempre fatto e strinse le mie mani tra le sue. «Sei diventata una donna stupenda, forte e incredibilmente coraggiosa. C'è l'hai fatta per sei anni senza di me e lo farai fino a Natale, quando tornerò.» Strinse più forte la presa, mentre le lacrime scivolavano sul mio volto. «Non rendere difficile la partenza più di quanto lo è. Ti voglio un bene che non puoi nemmeno immaginare.»

La sua voce si incrinò pronunciando quella frase. Mi strinse forte a lui, e mi carezzò i capelli, sussurrandomi all'orecchio: «Spero che tua madre torni presto e si renda conto della guerriera che ha portato su questo mondo».

A quel punto, crollai. Mi godetti il calore del suo abbraccio per quei pochi minuti che ci rimanevano prima della partenza del pullman.

«Ti voglio bene anch'io, Tommaso.»

«Devo andare, ma ti prometto che a Natale sarò qui, con tanti regali.»

«Porta anche Maddalena, sarebbe un piacere per me conoscerla.»

«Lo farò», disse, lasciandomi un ultimo bacio sulla fronte e salendo sul mezzo, salutandomi poco dopo da dietro i vetri. Poi si allontanò, e in quel momento Ginevra, che aveva deciso di accompagnarmi per salutarlo, mi abbracciò da dietro, confortandomi con dolci parole, aggiungendo: «Possiamo rimanere qui per tutto il tempo che vuoi. E poi, il sole fa bene alla pelle. Sono un cadavere per come sono bianca».

La mia amica aveva tanti talenti, tra questi c'era il farmi ridere in momenti per niente divertenti.

«No, va bene così. Possiamo andare.»

Annuì e fece partire la macchina.

*

Stavo preparando la colazione per Gaia, quando il mio telefono squillò. Prima di rispondere controllai chi fosse e non credetti ai miei occhi. Era mia madre. Risposi subito, nella speranza di sentire la sua voce, ma niente.

«Mamma? Sono Beatrice, mamma. Dimmi qualcosa. Stai bene?»

Impanicai nel momento in cui la sentii piangere e respirare affannosamente.

«Parlami, ti prego. Ci manchi qui, sai? Gaia vorrebbe tanto conoscerti. Ascolta, noi... » Riattaccò.

Mi sentii paralizzata. Non riuscivo a capacitarmi di cosa fosse successo, e quando mio padre scese giù correndo sentendomi urlare mi dovetti sedere per raccontargli l'accaduto.

«Io ho visto che era lei, ho risposto ma non diceva niente.» Alzai lo sguardo verso di lui. «Sentivo che stava piangendo. E se le fosse successo qualcosa? Dobbiamo andare alla stazione di polizia, magari riescono a localizzarla adesso che ha chiamato.»

Mio padre fu d'accordo ma mi chiese se potessi andare da sola, visto che Gaia dormiva ancora e non potevamo lasciarla da sola. Gli dissi che mi andava bene e uscii di casa. Feci partire la macchina e andai.

*

Il pomeriggio di quello stesso giorno mi trovavo a lavoro, anche se non ero dell'umore giusto. Mi avevano detto che non era possibile localizzarla.

Mi riportò al presente Ginevra, mentre, preoccupata, mi parlava. «Appena ho saputo sono corsa qui. Non ti chiederò niente, solo... non puoi magari chiedere un permesso, solo per oggi...»

Scossi la testa, non riuscendo a spiccicare parola, ancora frustata e sconsolata per l'accaduto di quella mattina.

«Mia madre non sta bene, ma posso rimanere se vuoi...»

Venne interrotta da Michele, che solo in quel momento palesò al sua presenza. «Rimango io con lei, vai a vedere come sta tua madre.»

Lei annuì e, dopo avermi abbracciato, ringraziò quest'ultimo, superando la porta scorrevole del bar.

«Puoi andare via anche tu, se vuoi. Io sto bene.»

«Hai bisogno di qualcuno e lo so, quindi non me ne vado. Ed è inutile che insisti, non ho intenzione di spostarmi di qui nemmeno di un millimetro.»

Sorrisi, rivedendo in lui una parte di me.

«Mi metto qui», disse, prendendo posto su uno sgabello all'angolo del bancone, aggiungendo: «e non ti disturberò. Forse», lanciandomi un occhiolino.

Mezz'ora dopo arrivò Davide, con cui avrei condiviso il turno quel giorno. Gli spiegai quello che accade con mia madre e gli dissi che Michele era lì nel caso avessi bisogno di qualcosa.

«Sei testardo anche tu, vero?»

«Si nota tanto?» chiese il riccio.

«No, ma so che Bea non lascerebbe mai che qualcuno si prenda cura di lei quando ne ha bisogno. Probabilmente ha insistito, ma tu hai rifiutato. O sbaglio?», disse, convinto delle sue parole.

«Da quando sei un indovino?» chiesi.

«Da quando ti conosco», affermò il mio collega, che qualche ora dopo lasciò il negozio in quanto toccava a me chiuderlo.

Verso le ventuno sentii delle braccia circondarmi la vita. Era Michele. Mi ricordò che anche se non era possibile localizzarla, era alta la probabilità che fosse viva. Solo perché non sapevo dove fosse non significava che non stava bene, anche se mi chiedevo come faceva ad andare avanti dopo aver abbandonato la sua famiglia.

«Sono sicuro che ritornerà qui da voi, dalla sua famiglia.»

«Come fai a esserne certo?»

«Perché è una madre, e, anche se per sei anni non si è fatta viva, non significa che non vi voglia bene. Ha preso una scelta sbagliata, e, qualunque sia il motivo, non giustifica quello che ha fatto. Ma non puoi continuare a distruggere la tua mente con pensieri negativi solo perché non ha fatto quello che credi sia giusto. E io sarò qui, ogni giorno, per ricordarti che è viva, e finché c'è vita, c'è speranza.»

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Perdersi per ritrovarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora