Erano passati quattro giorni dall'ultima volta che avevo visto Michele, e quella domenica mattina ci saremmo incontrati con la mia migliore amica e il suo ragazzo per una colazione insieme. Indossai un vestito azzurro, lungo fino al ginocchio, con uno scollo a barca. Era molto semplice, ma rimaneva il mio preferito.
Mentre stendevo il mascara sulle ciglia mi arrivò un messaggio che mi lasciò sorpresa. Era Michele che mi offriva un passaggio.
Gli risposi dicendo che avevo finito e mi rispose subito dopo, dicendomi di scendere tra cinque minuti. Preparai la borsa e, dopo aver salutato Gaia e mio padre, uscii di casa.
Vidi una macchina parcheggiata che mi ricordai essere quella di Michele. Mentre la raggiungevo abbassò il finestrino e, con tono ironico, affermò: «Signorina, ha bisogno di un passaggio?»
Sorrisi divertita e salii. «Grazie per essere venuto a prendermi», pronunciai, mentre mi allacciavo la cintura di sicurezza.
«Di nulla.»
«Ehi, ragazzi!», esclamai appena vidi Ginevra e Riccardo aspettarci fuori dal bar.
«Bea!» La mia migliore amica mi corse incontro abbracciandomi e, nel frattempo, Michele e Riccardo si salutarono.
Dopo essere entrati decidemmo di prendere posto ad un tavolo vicino alla finestra. Qualche minuto dopo ci raggiunse il cameriere per prendere gli ordini. «Prendiamo tre cappuccini, un espresso, due cornetti alla crema e marmellata di amarena e due vuoti ai cereali», dissi, e, dopo aver preso le prenotazioni, si allontanò.
«Immagino che vi state preparando per il grande evento!», affermò Michele, sorridendo al fidanzato di Ginevra seduto accanto a lui.
«Sì. Anche psicologicamente in realtà! Stiamo decidendo dove andare per la luna di miele, quindi abbiamo un po' di cose per la testa...»
«Dove avete pensato di andare?», domandò il riccio.
Nel frattempo che i due ragazzi conversavano, parlai con Ginevra del lavoro.
«Bea, tu che paese vorresti visitare?» mi domandò il riccio.
«Il Giappone e l'Argentina», dissi.
«Tua madre è nata in Argentina, giusto? In che città?» chiese Ginevra a Michele.
Divenne teso e la sua postura si irrigidì. «Buenos Aires. Lì è nata anche mia nonna.»
«Hai già un posto in cui andare quando vai in vacanza lì», affermò Ginevra.
«In realtà è morta due anni fa», replicò Michele, con un sorriso malinconico a contornargli il volto.
«Sono stata indelicata, scusami.»
«Tranquilla, non potevi saperlo», disse e, per sdrammatizzare la situazione, disse: «E comunque è vero, abbiamo sempre avuto un posto dove stare quando andavamo lì».
«Vado a prendere l'acqua», pronunciò Michele, seguito dal fidanzato di Ginevra che decise di accompagnarlo.
Mentre aspettavano al bancone, quest'ultimo rise, contagiando il riccio. E io rimasi incantata dal suono della sua risata. Poco dopo si girò verso di me, sorridendo. Mi sembrò che il tempo si fosse fermato, lasciando spazio al suo sguardo e offuscando la presenza delle altre persone. Mi faceva sempre quell'effetto quando mi guardava. In quel periodo capitava spesso che lo osservavo e lui, invece di distogliere lo sguardo, faceva la stessa cosa. Il pensiero dei miei sentimenti ben distinti dall'amicizia che era nata tra noi portava i miei occhi da un'altra parte, come per paura che potesse leggere in essi quello che provavo.
«Bea», mi richiamò la mia amica.
«Dimmi.»
«Si vede, sai?»
«Cosa?», dissi, ridacchiando nervosa, intuendo a cosa si riferisse.
«Che sei pazza di lui.»
In quell'istante i ragazzi tornarono al tavolo e ci diedero i bicchieri.
Mentre riprendemmo a parlare del matrimonio dei due piccioncini seduti con noi sentii il campanello della porta, segno che era entrato qualcuno. Per curiosità mi girai, riconoscendo immediatamente il ragazzo entrato.
«Tommaso», sussurrai, alzandomi e lasciando attoniti i miei amici. Mi scusai con loro e lo raggiunsi.
«Beatrice... Tuo padre mi ha detto che ti avrei trovata qui e ho pensato di...»
Prima che potesse aggiungere altro, lo strinsi a me, incredula di poterlo finalmente riabbracciare.
«Tommaso...», pronunciai, mentre sentii sul mio volto scorrere lacrime salate.
«Ehi, ehi. Non mi aspettavo fossi così felice di vedermi», disse con fare scherzoso, portandomi a ridacchiare mentre mi asciugavo gli occhi con un fazzoletto.
«Che ci fai qui?»
«Ne parleremo in un posto più tranquillo, okay?»
Annuii, sorridendo come una ragazzina, nonostante avrei dovuto odiarlo per quello che mi aveva fatto passare.
Mi accarezzò la guancia, come aveva sempre fatto in passato dopo che avevo pianto.
«Torna dai tuoi amici, io prendo un caffè e vado.»
«Te lo offro io», proposi, accompagnandolo al bancone. Dissi al cameriere dietro la cassa di mettere il suo ordine sul mio conto. Egli sorrise divertito e, dopo esserci abbracciati e preso appuntamento per il pomeriggio del giorno successivo, tornai da Ginevra e gli altri.
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Perdersi per ritrovarsi
RomanceRitrovare la strada nella propria vita non è mai semplice, soprattutto quando la persona con cui volevi percorrere questo cammino non è più al tuo fianco. Ti senti persa, disorientata e metti in dubbio tutti gli aspetti della tua vita. È così che si...