Capitolo trentadue

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Era passata più di una settimana da quando mi ero sentita con Alessandro, e l'ultima volta che avevamo parlato mi aveva detto che sarebbe passato la mattina successiva

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Era passata più di una settimana da quando mi ero sentita con Alessandro, e l'ultima volta che avevamo parlato mi aveva detto che sarebbe passato la mattina successiva. Avevo tentato di dirgli che non ci sarei stata ma era con i suoi amici a ballare e ha chiuso la telefonata mentre stavo parlando.

Non avrei fatto l'errore di cercarlo.

«Bea, a cosa pensi?» mi domandò Giulia, portando il mio sguardo su di lei.

«Ad Alessandro. A proposito, ti ho raccontato cos'è successo?»

«Sì. Non si è fatto più sentire, vero?»

Scossi la testa, dicendole che li avrei dato un ultimo giorno, dopo di che l'avrei chiamato per chiarire la situazione. All'inizio si era mostrato interessato, ma nell'ultimo periodo era diventato distaccato. Mi aveva detto di essere impegnato con l'università e l'azienda dove lavorava con il padre, e lo capivo. Se però sapeva di esserlo poteva evitare di farmi credere che cercava una relazione o qualcosa oltre l'amicizia.

«Spero tu non ci sia rimasta male, Bea.»

«No, tranquilla. Non ho intenzione di dare il mio tempo per qualcuno che non sa nemmeno cosa vuole.»

«Hai ragione. Se ci teneva avrebbe trovato del tempo da dedicarti», disse Giulia, d'accordo con me.

«Buongiorno!» esclamò Michele entrando nel bar e avvicinandosi al bancone, dietro al quale ci trovavamo io e la mia collega.

«Buongiorno, Michele! Come stai?»

«Bene, tu?» domandò, prendendo posto su uno sgabello davanti a me.

«Tutto okay.»

«Non sembra», commentò, guardandomi negli occhi.

«Si tratta di Alessandro. Non credo di voler continuare a frequentarlo, come amico intendo.»

«Se è quello che ti senti è la scelta giusta. Comunque, volevo chiederti la conferma della tua presenza e quella della tua famiglia per il compleanno di mio padre.»

«Sì. È simpatico tuo padre. Vi somigliate», affermai.

«Lo dicono tutti», ammise divertito.

«Tua madre si chiama Alicia, giusto?».

Lui annuì, così continuai: «Tuo padre ha parlato di lei. Conosceva mia madre».

«Questo non lo sapevo. Quindi mi stai dicendo che uscivano insieme, tutti e quattro?»

«Esatto.»

«Sappi che non sei obbligata a parlare di lei se non te la senti.»

«Grazie, Michele», risposi, grata per la sua pazienza.

«Di niente.»

Sembrò stesse pensando a cosa dire, poi affermò: «Ti andrebbe di fare un giro quando finisci di lavorare? Potremmo stare in macchina, parlare e mangiare qualcosa...»

Un sorriso spuntò sul mio volto, e accettai la proposta.


«Eccoci arrivati al posto di cui ti parlavo. Fa dei panini davvero buoni! Quale vorresti prendere?», chiese Michele, parcheggiato di fronte al luogo di cui mi aveva raccontato.

«Penso quello con hamburger al pollo, insalata e anche una porzione di patatine», risposi, pronta per scendere dalla macchina.

Mi dovetti fermare quando il riccio disse: «Tu rimani qui. Vado io a prenderli. Hai lavorato molto oggi, rilassati, okay?».

Annuii, non avendo nemmeno il tempo di ribattere. Lo aspettai come mi aveva chiesto, riflettendo sul fatto che rispecchiava la maggior parte delle caratteristiche che cercavo in un ragazzo: era intelligente, maturo, condivideva con me la passione della lettura, sapeva leggermi con un solo sguardo ed era molto comprensivo ed empatico.

Smisi di pensarci appena rientrò in macchina, rendendomi conto che non erano pensieri da fare su un amico.

«Eccomi!», esclamò lui, passandomi la busta contenente quello che avevo chiesto.

«Grazie, Michi.»

«Michi? Che soprannome è?», commentò ridendo.

Alzai le spalle, divertita. «Non lo so! Hai un nome troppo lungo, non posso farci niente!»

«Sei incredibile», replicò, facendo partire la macchina e andando in un parco non molto distante, dove c'erano dei tavoli di legno e delle panche su cui prendemmo posto.

«È delizioso!», dissi, dopo aver assaggiato il panino.

«Lo so! Quando non mi va di cucinare mangio lì.»

«Hai degli ottimi gusti», replicai, tirando un altro morso alla mia cena e assaggiando anche le patatine con la maionese.

«Ne dubitavi?»

«No, per niente.»

Passammo il resto della serata a parlare di cose casuali e poi mi accompagnò a casa.

«Grazie per la serata. Ne avevo proprio bisogno.»

«È a questo che servono gli amici», rispose con naturalezza.

Gli sorrisi, lasciandogli un bacio sulla guancia e scendendo dalla macchina.

Mentre mi avvicinavo alla porta, mi resi conto di non avergli dato i soldi della cena.

«Michele, aspetta! Ti devo dare i soldi del panino.» Uscii il portafoglio ma, prima che potessi dargli qualcosa, mi salutò fingendo di non avermi sentito e se ne andò.

Rientrai a casa con un sorriso sulle labbra pensando a lui.


Spazio autrice

Eccoci con uno dei miei capitoli preferiti!!!

E a voi è piaciuto? Avete visto il nuovo post su insta? Fatemi sapere nei commenti che ne pensate e ci vediamo lunedì alle 21.30 con il capitolo 33. Buona serata e buonanotte! ❤️

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