Capitolo settanta

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«Gaia, vuoi andare a dormire?», chiese mio padre a mia sorella dopo pranzo, notando la sua stanchezza

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«Gaia, vuoi andare a dormire?», chiese mio padre a mia sorella dopo pranzo, notando la sua stanchezza.

Lei annuì. «Solo se posso dormire con te.»

«Va bene.» Mio padre cedette e la prese in braccio.

«Bea, vuoi venire anche tu?»

«No, andate da soli, vorrei stare un po' per conto mio.»

Mio padre mi accarezzò la spalla e andò di sopra con Gaia.

Prima di andare in camera, finii di pulire la cucina e lavare gli ultimi piatti. Passando per la stanza di mio padre lo sentì parlare di me con mia sorella e mi fermai un secondo per origliare.

«E allora perché non è tornata prima?»

«Non voleva farsi vedere malata...», spiegò mio padre.

«Ma io avrei potuto aiutarla insieme a Bea. Siamo delle brave infermiere.»

Mio padre sorrise davanti alle sue parole piene di innocenza e bontà.

«Siete bravissime. Ma a volte la volontà non basta. Certo, siamo padroni del nostro destino, ma non abbiamo potere su tutto.»

«Ma io non voglio vedere mia sorella triste. Lei voleva tanto rivedere la mamma.... Non è giusto. Cosa si fa quando qualcuno è triste?»

«Stare vicino alla persona e abbracciarla. Chiedere di cosa ha bisogno». Mio padre, vedendola pensierosa, aggiunse: «Stare in silenzio è anche una cosa importante. Così da permettere alla persona di accettare la situazione».

«Ma se io sto in silenzio mi addormento.» Ridacchiai a quella risposta, mentre delle lacrime tentavano di coprirmi la vista.

«E allora dormi mentre lei sta in silenzio. Sentirà il calore del tuo corpo e la aiuterai tanto.»

«Va bene, allora stanotte andrò da lei e la abbraccerò forte forte.»

Sorrisi alle sue intenzioni, non vedendo l'ora di averla con me nel letto. Li lasciai soli e andai in camera.

Indossai una tuta, togliendo gli abiti indossati quella mattina per il funerale e mi stesi sul letto, portando il mio sguardo sul sole che quel giorno illuminava la città.

5 anni prima

«Sicura di volerlo fare? Hai dei capelli davvero lunghi...» commentò il parrucchiere, riferendosi al fatto che arrivassero ai fianchi.

«Sicurissima», affermai convinta della mia scelta.

Mia madre era scomparsa da un anno e sentivo che quei capelli che mi coprivano completamente la schiena mi legassero a lei. Mi aveva incoraggiata sin da piccola a farli crescere, tagliando ogni due mesi le doppie punte e curandoli con i giusti prodotti, ma adesso che non c'era più pensai che tagliarli fosse una sorta di vendetta, per dimostrare che essere uguale a lei non era più una priorità.

«Fatto.»

Non provocò lo stesso sollievo che pensai avrei provato una volta fatto quel gesto, ma sapevo che era la cosa giusta.

«Che piega desideri?»

«Liscia, grazie.» Il ragazzo annuì e iniziò a stirarli con l'aiuto della spazzola.

Mezz'ora dopo tornai a casa, incontrando mio padre che , nonostante fosse contrario della mia scelta, si complimentò, dicendomi che mi stavano bene.

Lo ringraziai e, dopo essermi fatta una doccia e aver cambiato abbigliamento, andai a prendere mia sorella dall'asilo.

5 anni dopo

Mi tornò in mente la frase che mia madre aveva scritto nella sua lettera d'addio. "Lascia che i tuoi capelli biondi crescano, vorrei rivedere una lunga treccia contornare il tuo viso."

Decisi così di renderle almeno quell'ultimo desiderio.

«Bea!», esclamò mia sorella, correndo verso di me e sedendosi sul letto.

«Ehi, tesoro, dimmi.»

«Ti va di fare merenda con me?», chiese timidamente, probabilmente sperando che non rifiutassi.

«Certo. Come posso dirti di no?»

Mi alzai e, prendendola per mano, scendemmo in cucina.

*

«Cosa state facendo?», domandò mio padre entrando in cucina e lasciando un bacio sulla guancia di entrambe.

«Merenda, anche se è quasi ora di cena...», pronunciò Gaia, realizzando che erano le sette.

«Chi dice che la merenda non si può sostituire con la cena?», esclamò mio padre.

«Nessuno, credo...»

«Esatto. Allora, cosa stavate preparando di preciso?»

«Dei muffin.»

«Adoro i muffin!» commentò mio padre.

Finimmo così per prepararli insieme, mentre della farina finì sulle punte dei nostri nasi grazie a mio padre e al suo senso di umorismo.

Guardai la mia famiglia rendendomi conto che, anche se lei non era tra noi, sentivo la sua presenza nei piccoli gesti di mio padre, nei sorrisi di mia sorella, nello sguardo di mia nonna che rivedeva nelle sue nipoti la figlia ormai defunta. E capii la frase che recitava queste parole: "anche se non c'è più, ti sembrerà di vederla ovunque".

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Perdersi per ritrovarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora