Ritrovare la strada nella propria vita non è mai semplice, soprattutto quando la persona con cui volevi percorrere questo cammino non è più al tuo fianco. Ti senti persa, disorientata e metti in dubbio tutti gli aspetti della tua vita. È così che si...
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«Ehi, Beatrice!».
Sentii una voce chiamarmi e, girandomi verso di essa, capii essere Riccardo.
«Ciao! Come stai?», chiesi, allontanandomi dal tavolo che stavo pulendo e andando dietro al bancone.
«Io bene, tu?», rispose, avvicinandosi.
«Tutto okay».
«Ginevra mi ha detto che ti sei presa tre giorni di ferie».
«Sì. Ne avevo proprio bisogno», pronunciai.
«Come mai hai deciso di prenderti questa pausa?», domandò con tono preoccupato.
«Avevo molti pensieri per la testa che mi distraevano dal lavoro», ammisi, sapendo che la domanda di Riccardo era sincera e non era fatta solo per intrattenere la conversazione.
«Sappi che se hai bisogno di parlare io ci sono». Mi sorrise dolcemente, ricordandomi che se avevo bisogno, lui era disponibile.
«Grazie, Riccardo. Perché sei qui? So che non vieni nel posto dove lavoro solo per chiedermi come sto quindi parla».
Tentò di giustificarsi ma con scarsi risultati. Alla fine, confessò: «Mi sono deciso. Voglio chiederle di sposarmi questa settimana, ma ho bisogno del tuo aiuto».
«Certo, dimmi».
«Sarebbe possibile farle la proposta qui, nel bar? Magari con qualche decorazione elegante esce qualcosa di carino», suggerì.
«Sì! È un'ottima idea. Oggi chiederò al direttore e ti farò sapere.»
«Grazie mille, Bea!»
«Figurati!», risposi contenta, non vedendo l'ora di assistere alla sua proposta alla mia migliore amica.
«Comunque, ero serio quando dicevo che ci sono se hai bisogno», disse, immaginando che non gli avessi creduto.
«Lo so, tranquillo!», affermai divertita, rassicurandolo.
«Io devo andare a lavoro, ma ci sentiamo questi giorni!».
Mi salutò e uscì dalla porta scorrevole del bar, lasciandomi in compagnia di qualche cliente e due colleghi nella cucina.
Io e Riccardo eravamo ottimi amici dalle superiori. Il nostro rapporto non era fatto di chiamate giornaliere o serate in compagnia. Era quel tipo di amicizia dove la presenza dell'altro contava più di altre cose.
Non ci vedevamo ogni settimana ma quando aveva la possibilità passava al bar, anche solo per cinque minuti, per accertarsi che stessi bene. Lui lavorava all'università e non potevo passare, quindi andavo ogni tanto a casa sua, dove viveva anche Ginevra, per una chiacchierata in cui ci aggiornavamo sui nostri progressi, chiedevamo consigli all'altro o parlavamo dei nostri interessi. Io gli raccontavo dei libri che stavo leggendo e lui di nuovi viaggi che aveva in mente di fare da solo o con Ginevra.
Ci eravamo scambiati i nostri orari di lavoro in modo che quando eravamo liberi ci vedevamo per parlare, anche di cose casuali.
«Buongiorno!», esclamò Giulia rivolgendosi a dei clienti che la conoscevano. Venne verso di me e mi salutò.
«Che ci fai qui? Non è il tuo turno oggi».
«Lo so. Ma ho bisogno di un tuo consiglio», ammise.
«Dimmi».
«Allora, ti ricordi Alessio? Il ragazzo con cui mi stavo sentendo e a cui piacciono i gatti?», iniziò.
«Sì. È successo qualcosa?», le domandai, mentre lei tentava di tenere a bada l'agitazione toccandosi le mani e i capelli.
«Niente di brutto. Solo che... mi sono aperta con lui, dicendo come mi sento e cosa penso del rapporto che si sta creando tra noi. L'ho fatto mandandogli un messaggio perché mi è difficile aprirmi con le persone parlando faccia a faccia. Ma lui non mi ha ancora risposto», spiegò la situazione, sedendosi e aspettando che commentassi la situazione.
«Quando hai mandato il messaggio?».
«Ieri alle dieci di sera».
«Lia, dagli del tempo per riflettere. È ancora mattina, aspetta stasera e fammi sapere, okay?».
Lei annuì, chiedendomi se volessi leggere il messaggio. Dissi di sì, chiedendole se fosse sicura, e, dopo che mi aveva confermato la sua scelta, mi passò il telefono.
Nel messaggio parla del padre che non riesce a perdonare e con cui non ha un rapporto stabile, delle relazioni avute precedentemente e di come stava in quel periodo.
«Spero che ti risponda».
«Anch'io. Sento che questa volta sarà diverso», disse ottimista e con un tono speranzoso. «Mi sono affezionata molto a lui. Mi sembra normale, ci conosciamo da un mese».
«Tranquilla, Lia. Sono sicura che andrà bene».
«Grazie, Bea! Sei la migliore! Beh, io devo andare che mi devo vedere con i miei, noi ci vediamo domani pomeriggio!», pronunciò euforica, uscendo dal bar più contenta di quanto lo fosse quando era entrata.
Spazio autrice
Ehilà! Come state? Spero tutto bene...
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