3 anni prima
«Vai da lei, Michele.»
Scossi la testa, spaventato e addolorato.
Non doveva andare così. Non doveva lasciarmi. Lei non poteva farlo. Nel mentre questi pensieri attraversavano la mia mente, mia madre mi incitava ad entrare in camera sua per salutarla prima che fosse troppo tardi.
«Non farò entrare nessuno mentre sei con lei.»
«Okay, vado», dissi, mentre mi asciugavo le lacrime per non farmi vedere in quello stato.
Mi alzai, mentre mia madre mi prese il volto tra le mani e disse: «C'è la puoi fare, Michele».
Annuii e, dopo essermi fatto coraggio, entrai.
Era lì, stesa sul suo letto mentre guardava fuori dalla finestra.
«Michi, sei tu?» disse, mentre la voce faticava a uscire.
«Sì, sono io.» Mi avvicinai a lei, dopo aver preso una sedia e essermi seduto accanto a lei.
«Sarei dovuto venire prima... »
«No. Va bene così. Lo capisco, niño.»
Prese la mia mano e la strinse forte, guardandomi negli occhi.
«Ascoltami, tesoro della nonna, andrà tutto bene.»
Scossi la testa energicamente. «Non è vero.»
«Sì. Tu starai bene senza di me.»
«Come?»
«Ti ho insegnato tutto quello che sapevo e ora posso lasciarti andare.»
«No. Non puoi.»
«Promettimi una cosa.»
«Qualunque cosa, abuelita.» («Qualunque cosa, nonna.»)
«Voglio che vivi la tua vita senza piangere al pensiero di me, va bene?»
Annuii, e, come suo solito, aggiunse con tono scherzoso: «Guai a te se piangi. Verrò a spaventarti la notte se scopro che non stai vivendo al massimo del tuo potenziale».
Ridacchiai, promettendole che avrei fatto come mi aveva chiesto.
Sentii la presa della sua mano farsi più debole alla mia, e la abbracciai forte, capendo che tra pochi minuti non ci sarebbe stata più.
«Te quiero, abuela.» («Ti voglio bene, nonna.»)
Mi lasciò un bacio sulla fronte, prima di chiudere gli occhi per sempre.
3 anni dopo
Mia nonna veniva definita da tutti una donna saggia, e ne ero consapevole. Mi aveva insegnato la maggior parte delle cose che sapevo sulla vita. Il suo argomento preferito era l'amore, che vedeva in tutte le sfumature che possedeva.
Quel giorno sarebbero passati tre anni esatti dalla sua morte. Era straziante pensarci. Lei era stata tutto per me, e quando ero stato con lei non riuscivo a pensare a come sarebbe stato non averla più al mio fianco. La mia mente rifiutava che sarebbe successo. E quando era accaduto io non facevo altro che chiedermi che senso aveva amare qualcuno se poi ci avrebbe lasciati? Non era meglio stare soli e evitare qualunque forma di affetto proveniente dagli altri, piuttosto che soffrire per la loro morte? Avevo sempre odiato pronunciare quella parola. L'avevo sempre associata a qualcosa di macabro e ingiusto, per questo preferivo dire che semplicemente mia nonna non ci fosse più. Avrei potuto dire che era andata in un posto migliore, ma ero dannatamente egoista da pensare che il suo posto fosse con me, mentre mi raccontava uno dei suoi tanti aneddoti sulla sua vita.
«Ehi, Michele, io vado», disse Leonardo, interrompendo il flusso di pensieri che dominava la mia mente quel giorno.
«Va bene», affermai, girandomi verso di lui mentre ero seduto sul letto.
«Se hai bisogno, chiamami.» Mi guardò un'ultima volta, prima di aggiungere: «Non è stando nel letto che vivi la vita come le avevi promesso. Lo sai che non vorrebbe questo per te».
Dopo aver sentito la porta principale chiudersi, decisi di farmi una doccia che riusciva ogni volta a farmi sentire un po' meglio.
Mi alzai e presi una maglietta a maniche corte e un pantaloncino beige per evitare di tenere tutto il giorno il pigiama. Aprii il box doccia e, quando arrivò l'acqua calda, entrai.
Alla fine di essa mi sentii decisamente meglio; era come se tutti i pensieri fossero scivolati via con l'acqua. Scesi in cucina per prepararmi la colazione, optando per dei pancakes con sciroppo d'acero e una tazza di latte e caffè.
*
Era quasi ora di pranzo e mi trovavo nuovamente steso sul letto. Quel giorno era più difficile del solito fare qualcos'altro che non fosse stare in camera a rimpiangere i momenti passati con mia nonna. Mentre riflettevo sentii qualcuno camminare al piano di sotto e ipotizzai fosse Leonardo, finché non udii la voce della mia amica annunciare la sua presenza.
«Ehi, Michele, sono Bea. Sto salendo!»
«Sono in camera!», esclamai, indicandole la mia posizione.
Aprì la porta e, quando mi vide, prese posto accanto a me sul letto e mi abbracciò. «Leo mi ha detto che oggi è l'anniversario di tua nonna e mi ha chiesto di venire a farti compagnia. Ѐ preoccupato per te.»
«Mi dispiace.»
«Non hai niente di cui scusarti.» Mi sorrise dolcemente, chiedendomi se mi andasse di parlare. Decisi di aprirmi con lei, come aveva fatto con me raccontandomi di sua madre e delle difficoltà che avevano passato lei e suo padre dopo la sua scomparsa.
Le parlai di mia nonna, del rapporto che avevo con lei, di come la sua morte ha cambiato me e il mio modo di vedere la vita.
Notai gli occhi di Bea farsi lucidi dopo aver ascoltato la mia storia.
«Non piangere, muñequita», sussurrai, asciugando le lacrime che iniziarono a scorrere sul suo viso.
(«Non piangere, bambolina.»)
Prese un respiro profondo, e disse: «Mi dispiace, Mi».
Le sorrisi malinconico, ringraziandola per esserci stata per me quel giorno.
Mezz'ora dopo la stavo accompagnando alla porta e mi chiese: «Che significa muñeca?»
Alzai le spalle. «Prima o poi te lo dirò».
Sorrise divertita e se ne andò, lasciandomi meglio di come mi sentissi prima e pronto per continuare quella giornata.
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Perdersi per ritrovarsi
RomanceRitrovare la strada nella propria vita non è mai semplice, soprattutto quando la persona con cui volevi percorrere questo cammino non è più al tuo fianco. Ti senti persa, disorientata e metti in dubbio tutti gli aspetti della tua vita. È così che si...