Capitolo venticinque

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«Beatrice! Vieni, entra», mi disse Giovanna, la moglie di Marco, il mio capo, ospitandomi in casa sua

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«Beatrice! Vieni, entra», mi disse Giovanna, la moglie di Marco, il mio capo, ospitandomi in casa sua. «So che lo cercavi. Si trova in cucina, come al solito», mi informò divertita.

«Tesoro, è arrivata».

«Bea! Ho saputo che volevi parlarmi».

«Sì, è vero. Volevo chiederti se… ». Non riuscii a concludere la frase che il mio capo mi fece accomodare su una sedia e mi invitò ad assaggiare la torta preparata dalla moglie.

«Molto buona, Giovanna. Come al solito, sei la migliore!», commentai, complimentandomi. Era capitato spesso che andassi a casa del mio capo. Non ero l’unica: aveva dato ai suoi dipendenti più fidati il suo indirizzo siccome non rimaneva tanto al bar. Se avevamo bisogno di una chiacchierata o di chiedere un permesso potevamo chiamarlo o andare a casa sua.

«Allora, Bea, come stai?».

«Molto bene, grazie», risposi, aggiungendo che mia sorella e mio padre stavano bene.

«Cosa volevi dirmi?».

«Vorrei chiedere un permesso. Nell’ultimo periodo sono molto distratta. Ho molti pensieri per la testa e credo che un giorno libero da passare in natura potrebbe aiutarmi a recuperare la concentrazione».

«È un’ottima idea, cara. Facciamo che ti do tre giorni, invece di uno, così ti riprendi completamente e passi un po’ di tempo con la tua famiglia. Va bene?», suggerì lui.

«Sì. Grazie mille, davvero. Lo apprezzo molto», risposi, sentendo il peso sul petto allegerirsi.

«Figurati. Sei una delle mie migliori dipendenti e se hai bisogno di tempo per riprendere le energie, va benissimo», disse, sorridendomi dolcemente.

«Ti va un succo?», domandò la moglie, dicendomi che andava bene con la torta che avevo mangiato, così accettai, rimanendo poi d’accordo con il mio capo che il ventisette, ventotto e ventinove, cioè da lunedì a mercoledì, non sarei andata a lavoro.

Quel pomeriggio, dopo aver passato una mezz’oretta a casa del mio capo, decisi di chiamare Alessandro per vedere se quella sera fosse libero per una passeggiata.
«Ehi, Bea! Come va?», rispose dopo qualche squillo. Dall’altra parte del telefono sentivo della musica e delle voci, e gli chiesi se lo avessi disturbato.

«No, no, assolutamente, è che sono…». Non riuscì a finire la frase perché qualcuno gli strappò il telefono dalle mani e disse: «È lei la ragazza che ti ha fottuto il cervello, vero?»

«Puoi ridare il telefono ad Alessandro? Stavamo avendo una conversazione prima che tu ci interrompessi», affermai, leggermente infastidita.

«Scusami, leonessa. Te lo ripasso subito».

«Grazie, gentilissimo», replicai sarcastica, sentendo nuovamente la voce di Alessandro al telefono.

«Scusa per il mio amico, è un coglione. Comunque, stamattina ho saputo di aver passato l’esame e i miei amici hanno deciso di portarmi a ballare», spiegò.

«Ah, che bello! Congratulazioni, sono contenta per te!», dissi.

«Grazie! Ascolta, posso richiamarti domani? Anzi, passo al bar così parliamo di persona, okay? Scusami ancora per il mio amico».

«Veramente domani non… », iniziai, ma venni interrotta sentendo qualcuno che diceva di chiudere e poi la chiamata si concluse.

Inaspettatamente, quella chiamata mi portò a convincermi ancora di più del mio pensiero: oltre a un’amicizia, non sarebbe potuto esserci altro.

Decisi di confrontarmi con Giulia, che mi rispose subito.

«Ti va di vederci stasera?».

«Certo!», rispose lei, aggiungendo: «Ci vediamo al bar e da lì andiamo in un bel posticino».

«Va bene, a dopo!».

Due ore dopo mi trovavo in un bar nel centro di Padova con la riccia, che mi ascoltò raccontare l’accaduto e altri pensieri che riguardavano il ragazzo biondo dai capelli lunghi.

Lo ritenevo molto diverso da me, nonostante riuscisse a rispondere alle mie provocazioni e sapeva tenermi testa. Lui era estroverso, molto, aggiungerei.
Sono sempre stata convinta che per avere una relazione con qualcuno, che fosse di amicizia o romantica, bisognasse avere qualcosa in comune, una passione da condividere. Con Alessandro non c’era niente, per ora almeno. Forse Giulia aveva ragione quando diceva che non lo conoscevo del tutto, e che forse, con il passare del tempo, avrei scoperto qualcosa che piaceva ad entrambi.

«Lo capisco, Bea. Secondo me hai due scelte: o gli dici la verità, oppure aspetti un’altra settimana per vedere come si comporta con te, quindi se si dimostra davvero interessato a te», consigliò, sorseggiando il suo spritz.

«Hai ragione. Farò così. Aspetto un’altra settimana, e vediamo come va».

Spazio autrice

Buonasera lettori, come state? Spero tutto bene!😉

Che pensate di questo capitolo? E di Alessandro?🤭

Comunque, so che non pubblico molto su Instagram e Tiktok, ma per farmi perdonare porterò nuovi contenuti questa settimana ❤️.

Apprezzo molto chi legge la mia storia, vi ringrazio di cuore. Non sapete quanto mi rendete felice🥰.

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