Capitolo cinquantacinque

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«Allora, com'è andata?», domandò Leonardo, mentre rientravo in casa

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«Allora, com'è andata?», domandò Leonardo, mentre rientravo in casa.

«Non sono andato», affermai, vergognandomi di pronunciare quelle parole ad alta voce.

«Che significa?», esclamò, confuso dalle mie parole.

Mi sedetti accanto a lui, sconsolato, e gli raccontai cos'era successo.

Qualche ora prima

La vidi arrivare al punto d'incontro.

Ero nascosto dietro ad un muro e lei mi dava le spalle. Iniziai ad avvicinarmi a lei ma, ad un certo punto mi fermai, mentre mille dubbi e pensieri invasero la mia mente.

"E se mi tradirà come ha fatto Martina? E se mi troverà noioso? E se mi mollerà per qualcun altro? E se..., e se..."

Lasciai che quei pensieri, che si basavano su esperienze passate, influenzassero il presente e le mie azioni. Avrei voluto essere più forte di così, avrei voluto evitare di paragonare la mia ex ragazza con una mia amica che era completamente diversa da lei.

Ritornai dietro al muro.

La guardai stare lì in piedi, con quella magliettina aderente che le fasciava perfettamente le spalle e il petto, nel frattempo che giocava con l'elastico al polso e si guardava intorno.

Mi sentii in colpa. Tanto. Ma ugualmente non riuscivo a muovermi. Mi sentivo paralizzato e odiavo quella sensazione. Era immobile, mentre mi chiamava e mandava messaggi, ma quando prima di allontanarsi esclamò ad alta voce: «Che codardo» riuscii a muovermi, ripresi controllo del mio corpo ma era troppo tardi.

«Sono qui», le dissi, sperando che mi sentisse da lontano. «Girati un'ultima volta. Ti prego.»

Non lo fece.

Qualche ora dopo

«Sei nato storto o cosa!», esclamò scioccato il mio migliore amico, tirandomi un cuscino addosso.

«Leo...» dissi, ma lui aveva deciso che non mi spettava parlare.

«No, adesso mi ascolti. Beatrice non è Martina, non farebbe una cosa del genere, a nessuno. E mi dispiace dirtelo, ma quello che ha sbagliato sei tu. Si vede lontano un miglio che provate qualcosa, vi mangiate con gli occhi e quando siete nella stessa stanza cercate sempre, e evidenzio sempre, il contatto fisico.»

«Si vede così tanto?», chiesi sorpreso da quante cose avesse capito il mio migliore amico.

«Sì. Io adesso devo andare a lavoro, ma tu vedi di trovare un modo per rimediare.»

«Lo farò.»

L'unica persona che era brava nei discorsi era mio padre, così decisi di andare a casa dei miei per chiedere un consiglio sulla situazione.

«Ehi, Michele. Entra, ma fai silenzio perché tua madre sta dormendo.»

Annuii e presi posto sul divano.

«Cosa ti porta qui a quest'ora?» chiese mio padre, mentre sedeva accanto a me.

Informai anche lui dell'accaduto con Beatrice e, a fine discorso, disse: «So che hai paura, Michele, ma scappare non è mai la soluzione. Immagina la paura come un bussola, ci guida verso qualcosa che ci spaventa, ma che dobbiamo affrontare per crescere. So che non ti senti pronto per entrare in una relazione con Beatrice dopo quello che hai passato con Martina. L'unica cosa che posso consigliarti è prenderti una settimana di riflessione per capire cosa fare. Dopo ciò, dovrai parlarle a cuore aperto, in completa sincerità».

«E se non sono pronto?»

«Rimarrete amici, se lo desiderate entrambi.» Vedendomi preoccupato, aggiunse: «Non ti preoccupare, Bea è una ragazza paziente. Capirà».

«Lo so. E se non vale la pena aspettarmi?»

«E se per lei vali tutto il tempo di cui hai bisogno?»

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Perdersi per ritrovarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora