«Michele! Sono le otto e mezza, alzati, dai!», urlò Leonardo per farmi alzare dal letto.
«Non rompere, Leo!», esclamai in risposta.
«Ehi! È casa mia! Porta rispetto e alza quel culo dal letto».
«Va bene, va bene!». Alzai le mani in segno di resa e mi alzai.
Aprì le tende esclamando: «E luce fu!».
La luce mi colpì in pieno, portandomi a chiudere gli occhi per il fastidio provocato. Sbuffai, ma non riuscii più a prendere sonno e mi alzai.
«Ho preparato il caffè, ti aspetto giù!».
Si chiuse la porta alle spalle e scese in cucina.
«Iniziamo questa giornata...», sussurrai a me stesso.
Andai in bagno e mi lavai la faccia, poi raggiunsi Leo al piano di sotto.«Buongiorno», pronunciai appena presi posto per prendere il caffè.
«Buongiorno», rispose lui, passandomi la tazza.
«Grazie».
Ne bevvi un sorso, e ringraziai mentalmente il mio migliore amico perché sapeva esattamente quanto zucchero volevo nel caffè. Presi due tortini al cioccolato dal frigo preparati la sera precedente e gli misi in forno, passandone poi uno a Leonardo. Tornai a sedere e mi gustai la colazione, che migliorò decisamente il mio umore.
«Quanto amo avere un amico cuoco», commentò il mio amico mentre si gustava la colazione.
Risi e finii di mangiare.
«Io vado in palestra», lo informai, andando in camera per preparare il borsone. Tornai giù, pronto per andare, lo salutai e uscii di casa.Quando tornai, un'ora dopo, feci una doccia, dopodiché andai da Leo.
«Posso?» chiesi bussando, prima di entrare in camera sua.Era in piedi, mentre dipingeva su una tela di grandezza media.
«Che dipingi?», domandai, sedendomi sul letto.«Il tramonto. Ieri tornando da lavoro ho fatto una foto e sto provando a ricrearla», spiegò, mostrandomi il telefono.
«Sta venendo bene!», affermai, avvicinandomi per vedere meglio il dipinto.
«Sì, dai...».
«A che ora devi andare a lavoro oggi?».
«Tra due ore. Devo tenere due bambini visto che i genitori hanno deciso di andare a pranzo in un ristorante aperto da poco. Devo andare a cucinare e fargli fare i compiti. Tornerò verso le sei».
«Allora ci vediamo stasera».
Mi allontanai e andai in camera per prepararmi e andare a lavoro.«Buongiorno!», esclamai entrando in officina e parcheggiando la moto dentro.
«Buongiorno, Michele», rispose mio padre concentrato, mentre era di spalle ad aggiustare una macchina.
«Allora, cosa abbiamo qui?», dissi avvicinandomi a lui.
«Il cliente mi ha detto che sentiva un rumore strano e infatti il motore è guasto e va ricostruito. L'ho già rimosso».«Vuoi che continuo io?»
«No, tranquillo, qui ci penso io. Tu vai a dare un'occhiata alla moto laggiù».
Annuii e mi diressi verso una Ducati rossa, a cui avrei dovuto aggiustare i freni. Andai in ufficio, dove tenevamo le tute da lavoro, e ne indossai una: era blu, con il logo della nostra officina, ovvero due "e" intrecciate tra di loro.
Quell’officina è stata portata avanti da almeno cinque Esposito, ed ero onorato di poter continuare questa sorta di tradizione di famiglia. La passione per le macchine, le moto e tanto altro mi è stata passata, oltre che da mio padre, da mia nonna. Potrebbe sembrare strano, infatti ogni qual volta lo dico a qualcuno mi guardano straniti, in quanto non si è abituati a sentir parlare di una donna che capisce qualcosa di questo argomento.
Rimanevo affascinato ogni volta che mi parlava di motori, di macchine, di come si aggiustassero i freni. Insomma, cose attinenti a queste cose.Sentii gli occhi pizzicarmi al solo pensiero di lei. Odiavo non essere ancora riuscito a superare la sua morte. Erano passati tre anni... quanto ancora dovevo aspettare affinché non mi mancasse il respiro quando parlavo di lei, andavo al cimitero o mentre guardavo una sua foto.
Mi mancava Buenos Aires, l'aria calda sulla pelle, essere circondato dal verde, i palazzi dai colori vivaci, i ragazzini che correvano per le strade e soprattutto, ballare il tango. Mia madre, l'anno della sua morte, tornò con mio padre in Argentina per il giorno dei morti.
Mi piaceva il fatto che in Spagna non ci si vestiva di nero o non si leggevano letterine d'addio, ma, piuttosto, si onorava il fatto di averli conosciuti, un modo per ringraziarli per esserci stati, e speravo un giorno di trovare la forza per tornarci e passare quella giornata dedicandola a mia nonna e mio nonno.«Michele, ci sei?» chiese mio padre, riportandomi al presente.
«Certo, sono solo un po' nostalgico oggi... ».
Mi sorrise comprensivo e tornò a lavoro.
In quel momento entrò un signore, e, vedendo mio padre occupato, mi avvicinai per chiedere di cosa avesse bisogno.«Ho portato la moto ieri sera, mi chiedevo entro quando sarà pronta».
«Oggi pomeriggio verso le cinque può venire a ritirarla», risposi.
Annuì e salutò me e mio padre, allontanandosi dall'officina.
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Perdersi per ritrovarsi
RomanceRitrovare la strada nella propria vita non è mai semplice, soprattutto quando la persona con cui volevi percorrere questo cammino non è più al tuo fianco. Ti senti persa, disorientata e metti in dubbio tutti gli aspetti della tua vita. È così che si...