Capitolo cinquantasette

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«Ragazzo, può portarmi il solito al tavolo?», chiese un signore a Davide

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«Ragazzo, può portarmi il solito al tavolo?», chiese un signore a Davide.

Quest'ultimo si girò verso di me, sussurrando: «Cosa prende di solito?»

«Caffè macchiato e cornetto vuoto», risposi.

«Grazie!», rispose, stampandomi un bacio sulla guancia e andando a preparare l'ordine.

Sorrisi divertita, soprattutto quando il cliente che Davide stava servendo gli diede uno schiaffetto sulla guancia per complimentarsi sulla sua buona memoria. Lui lo ringraziò, ma quando tornò da me aveva una faccia a dir poco sofferente.

«Non mi avvicinerò mai più a quell'uomo.»

Ridacchiai, dicendogli che la prossima volta sarei andata io.

«Oh, no. Non ti lascerò in pasto a quel signore.»

Risi nuovamente, e, quando stavo per chiedergli chi sarebbe dovuto andare, entrò Giulia.

Sì avvicinò immediatamente al bancone e, dopo aver salutato il mio collega, venne da me. «Allora? State insieme?»

Al posto mio, rispose Leonardo: «Non proprio».

«Che significa non proprio?» domandò sconcertata.

«Non si sente pronto per una relazione e siamo rimasti amici», spiegai.

«Oh, ma dai! Vi piacete entrambi e siete rimasti amici!?»

Alzai le spalle. «Che dovevo fare, pregarlo?»

«No, certo che no», commentò la riccia. «Non sei così disperata da arrivare a quel punto.»

*

«Buongiorno!», esclamò Michele, salutando me e i miei due colleghi poco dopo l'arrivo della riccia.

«Ehi! Come stai?», domandai.

«Bene, tu?»

«Anch'io sto bene. Come mai qui?», domandai, curiosa.

«Sono uscito dalla palestra e ho pensato di passare qui per un veloce saluto.»

Ecco da dove venivano quelle braccia muscolose.

«In realtà, prima di andare in palestra, sono passato in libreria per prenderti un libro.»

Mi aveva preso un libro. E io continuavo a chiedermi perchè mi fossi innamorata di lui.

«Non dovevi...», dissi sorpresa.

«Invece sì.»

Uscì dalla busta che portava con lui un libro che riconobbi all'istante dalla copertina.

«Birthday girl! Come facevi a sapere che lo volevo?»

Continuò: «Ho le mie risorse. Comunque, questo libro è per scusarmi del mio ritardo di una settimana», rise alle sue stesse parole, provocando lo stesso effetto a me e continuò: «e di averti delusa».

«Grazie», dissi, sorridente e emozionata.

«Bea... Perché i tuoi amici mi stanno guardando male da quando sono entrato?» sussurrò per non farsi sentire da loro, indicandogli con la testa.

Mi girai, lanciandogli un'occhiataccia per fargli capire di smetterla, ma non mi diedero ascolto.

«Ignorali», consigliai al riccio. «Tralasciando quei due guardoni, se il tuo intento era farti perdonare portandomi un libro, ci sei riuscito!»

«Sei come me, allora.»

Ridacchiai, affermando: «Non sapevo andassi in palestra.»

«E non ti sei mai chiesta come faccio ad avere questi?», rispose, mettendo in mostra i muscoli delle braccia.

Scoppiammo a ridere insieme, poco dopo mi salutò e uscì dalla caffetteria.

«Avete qualcosa da dire a vostra discolpa?», chiesi a Giulia e Davide che si guardarono, prima di commentare: «Sbaglio o sento tensione sessuale tra di voi?»

«Giulia!»

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