Capitolo quarantasette

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«Sei pronto per scatenarti in pista?» domandò Leonardo, entrando in cucina mentre ballava

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«Sei pronto per scatenarti in pista?» domandò Leonardo, entrando in cucina mentre ballava.

«Di cosa stai parlando?» chiesi confuso, intanto che infornavo la torta.

«Ieri la tua cameriera preferita mi ha chiamato, invitandoci a una serata in discoteca!»

«Perfetto! È da tanto che non andiamo quindi ci sto. Che giorno?»

«Sabato. Ma non sarà da sola», spiegò, con un tono di voce meno divertito rispetto a prima.

«Verranno Ginevra e Giulia, giusto?»

«E Tommaso.»

«Okay», commentai, cercando di non pensare alla gelosia che nacque all'immagine di lei che ballava con il suo ex ragazzo.

«Okay? Solo okay? Non ti da fastidio che Bea, la tua amica», iniziò a dire, sottolineando l'ultima parola, «venga con il suo ex?»

«Dovrebbe?»

«Michele. Ti conosco da quando eri una piccola creatura.»

«Ma se avevo undici anni- »

«Non mi interrompere.»

Alzai gli occhi al cielo, lasciando che parlasse.

«Dicevo, ti conosco quasi da sempre. Non puoi mentirmi.»

«Come sai chi è Tommaso? Non te ne ho parlato.»

«Ho le mie fonti», affermò, alzando le spalle con nonchalance. «Comunque, in nome della nostra amicizia, ti starò vicino tutta la serata, distraendoti e cercando di tenerli lontani il più possibile.»

«Non devi. Sono maturi e possono fare quello che vogliono. E poi Bea non avrebbe motivo di fare qualcosa per farmi ingelosire.»

«Se lo dici tu...»

«C'è qualcosa che devo sapere?»

Scosse la testa, evitando il contatto visivo. Capii che qualcosa c'era, ma evitai di chiedere, impostando il timer al forno e andando ad accendere la tv. Mi sedetti sul divano, iniziando a riflettere. Mi ritornarono alla mente le parole di Giuseppe, il padre di Bea, pronunciate meno di una settimana prima.

"Se ti ha parlato di sua madre devi ritenerti speciale."

Provavo qualcosa per lei? Forse.

Decisi di andare a trovarla al bar e come scusa usai la torta che era nel forno.

Qualche minuto dopo la stavo sfornando, e la lasciai sul bancone per farla raffreddare un po'.

«Posso avere un pezzo?» domandò Leo, sbucando da dietro il muro che separava la cucina dal soggiorno.

«Tra mezz'ora.»

«E io come faccio a resistere così tanto?»

«Non è un mio problema.»

«Ehi! Ti sto ospitando in casa mia!»

Lo guardai, affermando: «Guarda che le spese le paghiamo insieme, non sono qui gratis».

«Sei crudele.»

Sorrisi, dandogli una pacca sulla spalla e augurandoli buona fortuna, sperando che non gli venisse in mente di mangiarla bollente.

*

Mentre parcheggiavo la macchina, vidi Beatrice e Tommaso parlare fuori dal bar. Dopo essere sceso e aver preso la busta contenente tre fette di torta, mi avvicinai a loro.

«Ehi, Bea!», esclamai, salutandola e girandomi verso il suo ex ragazzo, per poi dire: «Tu devi essere Tommaso, giusto? Non ci siamo ancora presentati, io sono Michele».

Per un secondo portò il suo sguardo su di lei, guardandola in modo strano. «Sì, sono io. Piacere di conoscerti», pronunciò, stringendomi la mano. Dopo poco aggiunse: «Io devo andare. Bea, ci sentiamo dopo». Si rivolse poi a me: «È stato bello conoscerti».

Risposi con un semplice sorriso, salutandolo e seguendo la mia amica nel bar.

«È da quando ti ho visto che voglio chiedertelo. Cosa c'è nella busta?» chiese, curiosa, mentre prendevamo posto ad un tavolo.

«È per te.» Uscii il piatto contenente la torta e ie lo diedi, mentre saltellava per la gioia come una bambina.

Tolse la pellicola e ne assaggiò una fetta. Poco dopo le chiesi se le piaceva.

«Tantissimo. È davvero buona. Mia sorella ne sarà davvero contenta. Grazie.» Mi guardò sorridente e mi abbracciò, lasciandomi per un attimo pietrificato.

«E questo per che cos'è?»

«Tutti ne hanno bisogno ogni tanto, non credi?»

Annuii, mentre le circondai i fianchi con le mia braccia, lasciando che il suo profumo invase le mie narici e il mio corpo si abituasse al calore che emanava.

Quando si staccò, salutò Martina, che era entrata qualche secondo prima e aveva preso posto al bancone per ordinare.

«Vuoi prendere qualcosa?»

«Un caffè macchiato», disse Martina, guardandoci sospetta.

«Tu?», domandò Bea, riferendosi a me.

Ordinai la solita tisana e mi sedetti su uno sgabello vicino alla mia ex e amica.

«È davvero un bel posticino! Da quanto ci lavori, Beatrice?» chiese quest'ultima.

«Sei anni.»

«Ti trovi bene?»

Annuì, e le passò il piattino con la tazza di caffè.

«I miei genitori erano proprietari di un bar. Quand'ero piccola li aiutavo e pensai che fosse quello il lavoro dei miei sogni. Poi ho scoperto il tennis e ho deciso di concentrarmi su quello», raccontò Martina.

«Io da piccola cambiavo idea ogni giorno. Veterinaria, maestra, astronauta...».

«Insomma, avevi le idee chiare», commentò la ragazza vicina a me, strappando una risata alla mia amica.

«Già. Ho una sorella di nove anni e lei, per ora, vorrebbe essere un'interprete. Le piacciono molto le lingue, soprattutto l'inglese.»

«Dici che cambierà idea tra qualche giorno?»

«Secondo me, no. È da due anni che ha questa idea in mente. Forse è troppo piccola per decidere, ma secondo me ha già trovato la sua strada», affermò Bea, convinta delle sue parole. Qualche secondo dopo, aggiunse: «Vado un attimo nel retro. Devo prendere delle cose, torno subito».

«Sbaglio o c'è qualcosa tra voi due?», insinuò la mia amica, mentre sussurrò quelle parole per non farsi sentire dalla bionda.

«No», risposi, cercando di convincere più me stesso che lei.

«Se lo dici tu», pronunciò provocatoria, allontanandosi poco dopo per rispondere a una chiamata.

«La tua tisana», disse Bea, porgendomi la tazza contenente la calda bevanda.

Le sorrisi, ringraziandola.

«È bello che tu e Martina avete ripreso a parlare.»

«Sì. Fa piacere anche a me», risposi, rendendomi conto che con il passare dei mesi saremmo potuti tornare a essere buoni amici.

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Perdersi per ritrovarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora