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La mia fantasia
la mia fantasia
alle 2:22 del 2;
eravamo uguali,
ed ora il terreno
mi scalda il sonno;
mi racconta favole
coi suoi occhi neri
che nell' imbrunire
di questo giorno
mi fissano con amore.

Se avessi il controllo
sullo stereo del mondo,
riprodurrei quei versi
che sentii vuoto e solo
a contatto col suolo
delle mie labbra asfalto.
Ho i brividi per il futuro
se l'amore fosse una poesia,
sarebbe l'unica che non ho letto.
Ho imparato a camminare
solo dopo essermi lasciato cadere,
ed ho imparato a fumare
solo dopo aver pianto per la sabbia
che non brucerà mai meno di
quest'ultima goccia di tabacco piromane.

Ho sputato l'anima
su quesiti rivolti
al Dio dell'asfalto,
ho sputato l'inferno
come un acido rosso,
una fiasca di sangue
trincata attorno un lampione
attorno ai rimpianti sotto luce,
ho versato l'acqua di liriche
e ci ho profumato la mia salma,
dopo notti dormite nell' immondizia
dopo ispirazione bruciata nei portici,
è la triste realtà quella che vi si para
essere            se             stessi
e nelle piante di salsedine e cigolii
rimpiangere quanto non era giorno.

Non ci sono punte su cui osservare
i lumi della città - lacrime cruciate
di giovani piccioni senza appoggi
spuntati sui palazzi di mura frigide.
Tutti muoiono nei propri sogni, solo
negli incubi sbuffiam' crini respiri:
che serpi mai dobbiam' mordere
ai cursori, fondamenta interrate
delle forme nostre, suole solitarie.
Dove sei, dove sei e dove dormi;
l'ultima luna dell'anno precipiteremo
nel triste catalogo impolverato di foto.
Saremo ancora insieme ? Con una fede
di feste ben spese a far finta d'ignorarci.

Col massimo delle rane gracidanti,
ancora e ancora scrittura, ancora
e ancora e ancora limiti valicati
guerre negli anfratti di ratti e cavallette
i ragni nello stomaco a raccontare tutto
in nulla di più d'uno sputo di rabbia.
Saturo il mio respiro con la nebbia
e le ferite col sale delle mie pupille,
lungo lingue di ghisa e mattoni, rami
e giochi e fili d'erba, e colline e ricordi.
Non voglio addormentarmi, scordarmi
questo decadente infinito a cui tendo,
scendere dall'idillio del dolore venale;
devo raccogliere e nascondere in me
ogni minimo dettaglio di sulfureo metallo
che trilla delle strilla quando lo separi
dal resto dell'anello d'oro e lilla.
Il tuo collo, è quell'istante di bagliore bianco
appena prima che sorga un'agognata alba
di un verde boreale e vitreo sulla tua collana.

Perché nessuno accarezza i pianeti,
così silenziosi e freddi. Esser qualcuno,
non ha senso se poi questi, danzan' nel nulla.
Sono un drogato, un drogato di vita
che sa di desiderar' l'overdose nella sua
continua ed estenuante ricerca di arte
che lo renda più umano per il valore altrui.

Po3try ( vol. 1 ) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora