Cosa mi hai dato ? Parlando
col tuo fare da serpe, m'hai...
m'hai aperto il palmo per chiuderci
tutte le luce sfumate di questi palazzi;
ed i mattoni, me li hai resi più vivi, parlanti
hai fatto si potessero raccontarmi delle storie,
e l'hai fatto sicché le racontassi agli insetti,
chiuso, però, al costo di una bolla di sapone
satura dei rimpianti, delle astronavi,
delle lune di Saturno che ogni notte
si son successe nelle mie costole;
le han crepate stringendole tra le dita,
senza lasciarmi un benché minimo respiro.Il prezzo della mia solitudine s'è raggrumato
in una fitta al taschino; degli occhi bellissimi
sdraiatisi come tramonti nei sorrisi d'infamia.
M'hai amato davvero sol per la poetica,
per quel sentimento tra ispirazione e scrittore,
tra artista e natura morta in un vaso d'argilla.
Però io non sono un poeta, ed mi vedo si,
nel riflesso del buio: ma come ragazzo, forse
un po' disastrato delle sicurezze cibarie,
e dalle sue idee deviate dal vento delle fontane
bianche dell'istante tra buio e frenesia:
che il nero pece dei pesci, misto il candore
del giorno che nasce negli orecchìni femminili
piange un luminoso lenzuolo di brillanti eterei.Porto il profumo di te, delle tue gambe,
dei tuoi seni sabbiosi e del collo spumoso mare
ovunque l'acqua pendolare scorra, perché:
tu che piovi nelle venature del mio foglio,
è l'inchiostro più fluido ed intenso potessi usar;
noi che siamo solo aspettative e delusioni,
il connubio tra i pianeti e i mostri che scorgo
chini in ginocchio, per le strisce asfalto.
Smarrirò la speranza di rivederti in sogno,
sol quando anche l'ultimo granello di chioma,
ghiaia spaccata dal tempo, si scrosterà
dalle suole lise e consumate dei nostri destini.Dimmi il segreto che serbi, e quel punto d'ago
che tanto ti duole negli occhi da distoglier
lo sguardo malizioso ed innamorato mi rivolgi.
Tornerò sulle stelle, e ti porterò con me,
la mia pelle sarà un tappeto, e volerai via
dei piccoli sussulti che le tue lenzuola sentono
ogni volta che ci pensi assieme in una stanza.
È la scienza del cuore, l'alchimia tra sostanze:
la perlacea e rosea perversione che sei,
stridente e strisciante sui pochi lembi puliti
del mio viso ormai consunto dal sole battente
di quei giri perdifiato che facevo senza di te,
che le appendici della tua bolla non piacciono
come piaci tu alle mie ciglia incenerite: io,
ogni volta che non ti presentavi al capezzale
di quel letto morente ch'è casa mia, chiedevo
disperato, imploravo a me stesso, di credere
potessi pensarmi anche solo un istante onirico.
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Po3try ( vol. 1 )
PoetrySe non fossi destinato a nulla ? Come individui arriva un momento in cui prendendo coscienza, ci convinciamo interiormente, quale forma dovremo prendere. E la nostra vita da lì in poi muta, si plasma sul profilo di questa condizione inconsapevole. M...