È tremendamente noioso il materasso
senza che tu lo deformi colla tua presenza,
come onde che s'infrangono sul piattume
della spiaggia, se no boriosa e stucchevole.
Ci son così, nelle tenebre, canzoni terribili
che conservano le atmosfere di ogni pioggia
passata sui cuscini, grigi, scolpiti nel cielo.
Oh si, ci son poesie che andrebbero censurate
e si: mi son perso il meglio di me dietro esse;
poetica vuol dire questo, e ferisce nel profondo
da non riconoscersi più, se ci si specchia.
Evito ogni giorno di vedermi, che piangerei,
e sfiorami per più d'un secondo senza svestirti
e quel lucchetto che mi seca il collo, cadrà
sul malleabile parquet della sala da ballo.
Purtroppo, le mie orecchie ancora scrutano
dentro i dipinti delle note, aleggiando in stati
d'un animo sfigurato dai ricordi traslucidi.
Un peso si ammassa nella mia pelle: parla,
stranisce il rossore dei miei occhi puntati,
come quelli di una preda posta sotto i riflettori,
col rombo dei versi; e come reflusso di marea
mi vien da vomitare per lo stress. Quante notti
insonni, senza angeli, nel buio dei quartieri,
ho passato piegato a rimettere gemendo,
in lacrime, sudando tutte quelle grida rotte,
spaccate dall'angoscia d'una sigaretta
spezzata sulla mappa gialla per la solitudine.
Ha proprio quel sapore, l'amaro del flashback
dei baci cadaverici che sono ora gli incubi;
ha il fetore della tomba, di ogni zolla d'erba,
di ogni verme ed ogni insetto che zampetti.
Rimbomba in essa il sole del pomeriggio,
di tutte quelle albe viste da una qualche panca
spolta della mia rugiada dolente e inferma.
Nelle assi risuonano i passi per i tragitti zuppi,
ogni goccia ancora cade sui lacci aggrovigliati
ed io, rivedo la città in cui, misi al banco, me,
senza sapere che sarei tornato a casa senza.
È così vero: nessuno potrà più restituirmi
quel buono che c'era nei miei occhi, così spenti
ora che ci rifletto bene, al lume delle due.
Mi vien da piangere, affogare il cuscino,
legarmi i peluche alle caviglie e affogarci qui.
Perché le canzoni feriscono se ci aggiungi
altri sentimenti oltre quelli di chi le scrive, e se
ti scoppiano poi in mano: perdi le dita con cui
stringevi in cielo la luna, il sole e le stelle.
Novembre ora ha un suo sapore, languido;
e allo stesso tempo, dolce. Un po' piccante.
Quanto male posso farmi senza muovermi ?
Non sono mai state le bruciature il problema,
e non è l'oggetto in se ad essere un pericolo,
ma il pensiero che ci carichiamo dentro:
come un proiettile firmato, puntatoci alla testa.
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Po3try ( vol. 1 )
PoesíaSe non fossi destinato a nulla ? Come individui arriva un momento in cui prendendo coscienza, ci convinciamo interiormente, quale forma dovremo prendere. E la nostra vita da lì in poi muta, si plasma sul profilo di questa condizione inconsapevole. M...