80

0 0 0
                                    

Le mie virtù, i miei pregi,
dove sono scorsi i miei difetti,
or'ora che ancora tu, Marie Anne
non fai che pugnalarmi nella vasca:
non mollai nemmeno in braccio la morte,
mentre mi scortava dal sedile dell'auto,
travasando consolazioni commiserevoli,
a quel letto comodo fatto di incubi,
la mia nobile guerra: esule pendolare
rimasto fuori casa con una penna
uno stralcio di carta impolverata,
e un pacchetto di tre sigarette.
Il lume spennellato della sabbia
mi stende sul viso, in un secondo
sospeso tra il sogno e la realtà,
tra l'orgoglio e il contegno,
il rispetto, e la nobile pietà
per un malinconico insetto:
tu conosci la loro storia ?

Quegli amanti che canticchiano
uno di giorno, e l'altro di notte:
un Amore e Psiche si nasconde cupo
nella membra sudice, d'ognuno di noi.

Oh le mie ossa, le mie pupille,
stremate dai curiosi cursori:
passeggiavan' per strada,
li volli seguire in capo la salute,
lo volli con tutto me stesso,
fin a caderci dentro: il Sottomondo,
sul pentagramma del mio spettacolo,
leggi il sotto testo dello spleen;
che l'uomo non vuol altro, che essere.
Tale quale al vino, tale quale alle nuvole
le tavole di sangue, posteggi di lacrime:
se ti spezzi, rimani spezzato pur con l'oro.
Circolando tra le nebbie dell'iride
dove i fiori sono demoni, e le spine
le uniche verità angeliche; le lettere
i tasti della tua sinfonia, dell'ultima opera
ch'è al ventisettesimo anno che son nati,
al nono passo, e alla trentatreesima goccia
che han, disperato sulla scapola di Morfeo.

Sulle Pianure del Paradiso
mi affaccio con pietà a voi,
ammirando il macabro cimitero
d'obelischi tormentati che son
gli specchi delle vostre voci;
lo faccio aggraziato con i modi
che solo il freddo pallore d'animo
può regalare ai più forti di noi:
il mio nome è Thomas Chatterton,
e seppur la mia notte non abbia
mai realmente visto una fine,
è così, nel cristallo dei calici
voi m'avete così gentilmente offerto,
che v'osservo straboccante di pietà,
non ammirare la luce fuori l'avorio,
ma una stella che non potete
ondeggiar collo sguardo -
come s'ondeggia una donna -
direttamente come con le tue labbra
brillantante, gelide per il calore marmoreo
della nostra convenevole Pietà a vederli.

Nei vostri rossi e candidi sorrisi
si nasconde l'impeto gioioso dell'amore:
ma se tutti possono amare, sol i géni
sanno con sincero, che farne.

O figlia mia, che ti diedi vita
che ti diedi il mio respiro,
le mie emozioni, il mio tepore
la mia sabbia preziosa,
crepata dal bruno tesoro
che furon' un tempo le mie cuti:
Io sono il genio, Io sono la pelle,
satura de crepe e crateri, su cui
senza ritegno sfoghi le tue stanze.
Io, son il piede titanico che preghi
nel tuo macabro Naufragio di Speranza.
Il ghiaccio che speri venga sciolto,
e l'alito che sfrutti affinché sia così.
Son Io l'artista che ringrazi, mai ricordando
che per dipingere il gelo, bisogna prima
esserne stati infilzati dai suoi aghi acuminati,
lungo tutta la distesa desertica ch'è la tela
d'un pover uomo: ancora in braccio la morte,
con una penna, un foglio, e tre sigarette. 

Po3try ( vol. 1 ) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora