Tre parole: Vertigini, Fobia, Rassicurazione

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Il primo appuntamento con Manuel, con il suo Manuel, Simone lo aveva immaginato diverso

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Il primo appuntamento con Manuel, con il suo Manuel, Simone lo aveva immaginato diverso.

La notte precedente – che, neanche a dirlo, l'aveva trascorsa insonne – aveva immaginato loro due, seduti sul muretto che delimita la terrazza del Pincio, intenti a baciarsi e a regalarsi tutto quell’amore che, per mesi, si erano negati.

La realtà, però, si mostrò alquanto diversa da quanto Simone aveva sognato, facendolo quasi pentire di aver portato Manuel proprio lì.

Era stato un pomeriggio tranquillo.

Avevano camminato, sfiorandosi le mani di tanto in tanto, all’interno di Villa Borghese, tra soste al laghetto – rapiti dalla magia di quel luogo incantato – e qualche foto, tra un gelato e qualche chiacchiera seduti su una panchina.

Stava andando veramente tutto bene.

Come Simone aveva immaginato.
Come, probabilmente, anche Manuel aveva immaginato.

Poi, una proposta.

Una manciata di parole.

E tutto cambiò in un istante.

«Dai, Manu! Vieni!»
«No, Simò…meglio de no»
«Ma perché? C’è una vista meravigliosa, dai! – ribadì Simone, trascinando Manuel per un braccio fino ad arrivare alla balaustra della terrazza – Guarda! È stupendo!»

Ma Manuel non lo stava ascoltando già più.

Era fermo, immobile, con lo sguardo perso tra la grande distesa di sassolini di quel parco di Roma e il viso pallido.

«Manu? – si voltò Simone, ancora in attesa di un cenno da parte del più grande – Manu, che hai?»

Ne rimase quasi spaventato, Simone, dallo stato in cui versava Manuel.

Il viso bianco come un lenzuolo.
Il sudore che imperlava la fronte.
Le gambe molli.
La mano – ancora stretta alla sua – che tremava.

«L’altezza…le…le vertigini» riuscì soltanto a dire Manuel, prima che un capogiro lo costringesse a strizzare gli occhi e a distogliere il suo sguardo da quello preoccupato di Simone.
«Ce la fai a camminare?»
«Sì»
«Piano piano, adesso ci sediamo su una panchina e…stai tranquillo, va tutto bene»

Sono un'idiota.
Non avrei dovuto insistere.
Quando mi ha detto di no, avrei dovuto lasciar stare, avrei dovuto capire che ci fosse qualcosa che lo turbava.

In silenzio, si avvicinarono alla panchina e si sedettero.

«Va meglio?» chiese Simone, non appena furono entrambi seduti.
«Seh…c'ho ‘n po’ de nausea ma mo’ me passa»
«Mi dispiace…non ne sapevo nulla, io non dovevo insistere. Scusami»

Glielo poteva leggere negli occhi, Manuel, il dispiacere per quell’incidente che – almeno nella testa di Simone – aveva pregiudicato l’intera giornata.

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