Tre parole: Moto, Pioggia, Ombrello

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Mancava soltanto un'ora alla fine di quella giornata scolastica e Manuel riusciva ad esserne felice solo a metà

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Mancava soltanto un'ora alla fine di quella giornata scolastica e Manuel riusciva ad esserne felice solo a metà.

Ché l'ultima campanella gli avrebbe permesso di uscire da scuola e rifugiarsi a casa sotto le coperte, ma per far sì che ciò avvenisse, avrebbe dovuto affrontare quella tempesta di pioggia e grandine che, da ore, stava inondando Roma.

Più, dal suo banco, guardava oltre il vetro della finestra, più si malediceva per non aver dato ascolto a sua madre.

«Manuel, non prendere la moto e portati un ombrello ché il meteo di oggi segna pioggia» gli aveva detto.

Ma Manuel, al meteo non dava mai molto peso.

Secondo lui, l'unico meteo attendibile era quello che vedeva con i suoi occhi quando scostava la tenda e, quella mattina, al di là della tenda, il cielo appariva nuvoloso.

In poche ore, però, la situazione si era ribaltata, grossi nuvoloni neri avevano preso il posto del cielo azzurro e i fulmini, accompagnati da fragorosi tuoni, illuminavano l’aula.

E mentre Manuel, rapito dal movimento a scendere della pioggia, appariva pensieroso e distratto, Simone, curioso di sapere cosa lo turbasse, con lo scopo di attirare la sua attenzione, gli lanciò una pallina di carta che lo costrinse a voltarsi.

«Che c'è?» chiese Manuel, sottovoce, attento a non farsi né sentire e né vedere dal loro professore di latino.
«Che c'hai?»
«Niente, piove, sto co’ ‘a moto e ‘n c'ho l’ombrello»

A quell’affermazione, Simone fece per ribattere, ma la voce del professor Lombardi, pronta a rimproverarlo, lo costrinse a desistere e a rimandare il discorso a lezione concluse.

Fu proprio quando la campanella suonò che Simone si avvicinò a Manuel, il quale sembrava essere ancora più nervoso di prima.

«Insomma, mi stavi dicendo?» disse, con l’obiettivo di continuare la conversazione.
«Sta a veni’ giù ‘r diluvio, Simò. So’ venuto ‘a scola co’ ‘a moto, ‘n me so’ portato l’ombrello e me so’ appena accorto che, siccome, come a ‘r solito, stamattina stavo a fa’ tardi, me so’ pure scordato ‘e chiavi de casa. Mi’ madre torna stasera alle otto e io ‘n so’ che cazzo fa’. Avevo chiesto pure ‘n passaggio a Viola – proseguì – ma, figurate. Hai visto come me guarda, no? Che giornata de merda!» esclamò, alla fine della frase, giusto per rafforzare il concetto.

Ché Viola e Manuel avevano scoperto di essere fratelli da pochi giorni e nessuno dei due si era ancora davvero abituato all'idea di avere un rapporto di parentela così profondo, e ciò che a Manuel sembrava essere un torto verso di lui, in realtà era solo il modo di Viola di approcciare a quella situazione del tutto nuova.

Ma per Manuel, che era cresciuto con la consapevolezza di essere stato un incidente nella vita di sua madre e, più in generale, una persona che non meritava l’amore degli altri, l’atteggiamento di Viola non era altro che una conferma di ciò che pensava da sempre.

«Vieni da me» rispose Simone, davanti allo sguardo rassegnato di Manuel, con una naturalezza che non gli apparteneva.
«Io non…boh, n'o so, ‘n te voglio disturba’»

L'imbarazzo nella voce di Manuel era palpabile.

«Da quando ti fai tutti questi problemi per venire a casa mia?» chiese Simone, sorpreso.

Già, da quann'è?
Ah, sì.
Da quanno Mimmo ‘n fa altro che giratte intorno come ‘na mosca e io me sento de troppo.
Pure co’ te.

«Abbiamo dormito per mesi nella stessa stanza con i letti attaccati – continuò Simone – davvero ti stai facendo scrupoli per restare un pomeriggio a casa mia?»

Abbiamo anche fatto l'amore, avrebbe voluto dirgli Simone, ma decise di non infierire e rimandare lo scambio di battute che ne sarebbe susseguito ad un altro momento.

«Dai, andiamo» concluse.

E Manuel poté solo annuire e, trascinato per un braccio da Simone, seguirlo.

Una volta fuori dall'edificio, con la scusa della pioggia che, incessante, stava cadendo sulla città, camminarono fianco a fianco, stretti, sotto il piccolo ombrello di Simone.

Le loro mani si sfiorarono più volte fin quando, in uno slancio di coraggio, Manuel, non decise di afferrare con decisione quella di Simone.

«M-Manuel…che?»
«No, è che…insomma, riguardo a prima, n’è che me faccio problemi a veni' a casa tua, solo che…ce sta sempre Mimmo in mezzo e-»
«Manuel, ma sei geloso?» chiese Simone, sbuffando una risata.
«Io geloso? Ma quanno mai! – rispose, cercando di sembrare convincente – È che sta sempre attaccato a te e io-»
«E tu sei geloso» lo interruppe nuovamente Simone, canzonandolo.

E Manuel, ormai sentendosi messo alle strette, cedette.

«E vabbè, so’ geloso. Ché c'ha ‘sto modo de statte sempre appiccicato e ogni volta che tento de parlatte, arriva lui e prima co ‘r carcere, e poi co’ ‘a biblioteca, e che palle!»

Per educazione, questa volta Simone attese che Manuel finisse di parlare prima di travolgerlo con un bacio che mettesse a tacere qualsiasi dubbio e perplessità del più grande.

«E…e questo che significa?» chiese Manuel, confuso.
«Significa che sei un idiota. Perché solo un idiota poteva pensare che i miei sentimenti per te fossero svaniti»
«Ma me l’hai fatto capi’ te, Simò! L'hai detto te che avemo dormito pe' mesi nella stessa stanza fianco a fianco, no? Eppure n’è successo niente, cioè…voglio di’...hai capito»
«Non è successo niente perché ho un grande autocontrollo e riesco a resistere, mica come te che ti scopi la gente in mezzo alle impalcature, tra le transenne e i calcinacci» esclamò Simone, con l'unico scopo di provocarlo.
«Intanto io nun scopo, io faccio l'amore»
«Ah, quindi con Alice hai fatto l’amore? Pure con Nina?»
«Parlavo delle persone de cui so’ innamorato»
«Quindi sei innamorato di me?»
«E…senti, dovemo anna’ a casa, ‘n ce sta qualcuno che c’aspetta? Prima m’hai detto che tu’ nonna c’ha fatto ‘a lasagna, no?»
«Veramente io non ho mai nominato né mia nonna né la lasagna»
«Ah no? Avrò sentito male, allora»
«Sei un buffone – ridacchiò Simone – Dai, cammina!»

E continuarono a punzecchiarsi, tra un bacio e l'altro, fino a quando non giunsero a casa.

E da quel momento, Manuel iniziò ogni giorno a sperare che piovesse soltanto per poter camminare fianco a fianco, mano nella mano con Simone, talvolta omettendo di avere con sé l’ombrello proprio per poter stare stretto a quel ragazzo che, non molto tempo dopo, si sentì pronto a chiamare fidanzato.

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