Tre parole: Sesto senso, Incidente, Litigio

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«Visto che siamo in vena di confessioni…beh, ecco…quella notte, sotto casa tua…non è stato un incidente»

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«Visto che siamo in vena di confessioni…beh, ecco…quella notte, sotto casa tua…non è stato un incidente»

Quelle parole giunsero alle orecchie di Manuel come un fulmine a ciel sereno.

Non avrebbe mai pensato di sentire uscire dalla bocca di Simone determinate parole.

Non poteva essere.
Non poteva averlo detto davvero.

***

Da quando, quella prima volta, si erano seduti sul freddo marmo della piscina di Villa Balestra, per Simone e Manuel era diventato un rito.

Era, ormai, il loro posto, il rifugio, lontano dal caos, dove potevano parlare – illuminati soltanto dalla luce della luna e delle stelle –  e dove potevano sotterrare i loro segreti senza che nessuno li scovasse mai.

In quel luogo incontaminato, i due ragazzi avevano permesso ai pensieri più nascosti di venire fuori.

La prima notte trascorsa a guardare le stelle.
Il coming out di Manuel.
Abbracci caldi per condividere il dolore.
Una promessa d’amore.

Quel luogo era specchio di momenti importanti ed emozioni indimenticabili.

E quando Manuel diede appuntamento a Simone per quella sera stessa a bordo piscina, nel loro posto, il sesto senso del più piccolo non poté che fornirgli sensazioni positive.

«Allora? – chiese Simone, sigaretta alla mano, infrangendo quel silenzio che, da interi minuti, stava facendo loro compagnia.
«Eh…allora…– rispose Manuel, sfregando nervosamente le mani sui pantaloni, all’altezza delle cosce – allora…ho preso ‘na decisione e manco ce dovrei ave’ tutta st’ansia ne ‘r parlattene, visto che è ‘na cosa mia personale che ‘n va a tocca’ in nessun modo ‘a storia nostra, ma tant'è»
«Dimmi, Manu. Ti ascolto» lo incoraggiò, Simone, sebbene quella premessa avesse fatto venire l’ansia anche a lui.
«Io ‘n sto bene, Simò. Pe’ quanto me costi ammettelo e pe’ quanto io finga che vada tutto bene, n’è così. Sape’ d’avecce ‘n padre e ‘na sorella dopo diciott'anni m’ha destabilizzato. Io c'ho provato a metabolizza’ ‘sta cosa ma ‘n ce la faccio. Non da solo, almeno» si interruppe per prender fiato.
«Manu…ma non sei solo, io-»
«’O so, Simò. Te ce stai, ‘o so e ‘o sento e, credime, senza de te sarebbe stato, e sarebbe tutt'ora, ancora più difficile. Ma sento ‘r bisogno de n’aiuto de ‘n professionista. Ho preso appuntamento co’ ‘na psicologa, Simò»
«E cos’era a metterti ansia nel parlarmene?»
«’O sai che ‘n me piace famme vede’ così vulnerabile. Magari dentro sto a mori’ ma nessuno ‘o deve vede’»
«È proprio perché so come sei fatto che penso che tu sia stato coraggiosissimo a prendere questa decisione – lo rassicurò – Forse…forse avrei dovuto farlo anche io tra la partenza di mia madre, la malattia di mio padre, la morte di Jacopo e quello che ho fatto, invece di pensare che l’alcool potesse risolvere i miei problemi»

Simone pronunciò quella frase senza rendersi nemmeno conto di ciò che avesse detto.

Gli era venuto spontaneo e naturale confidarsi senza mettere in conto che, sicuramente, Manuel avrebbe fatto delle domande come, in effetti, qualche istante dopo, fece.

«Che vor di' quello che hai fatto
«Visto che siamo in vena di confessioni…beh, ecco…quella notte, sotto casa tua…non è stato un incidente» rispose, coraggiosamente.

Quelle parole giunsero alle orecchie di Manuel come un fulmine a ciel sereno.

Non avrebbe mai pensato di sentire uscire dalla bocca di Simone determinate parole.

Non poteva essere.
Non poteva averlo detto davvero.

«Che…che stai a di'?» uscì dalla bocca di Manuel come un sussurro.
«Manuel, per…per favore, non mi guardare così. Non mi guardare come se stessi parlando con qualcuno che non sono io»

Davanti a quella confidenza, Manuel rimase spiazzato.

Era vero, forse, che stava guardando Simone come se la persona che aveva davanti non fosse davvero lui, ma non era stata una cosa voluta.

Quelle parole gli avevano trafitto il petto.

Simone aveva tentato di togliersi la vita.

«Simò…perché? Perché l’hai fatto? Perché ‘n me l’hai detto?»
«Non…lo so, Manu. Probabilmente è stato…troppo. Troppo da sopportare e tutto nello stesso momento. La scoperta dei miei sentimenti per te, il nostro litigio, la verità su Jacopo, gli attriti con mio padre e…non lo so, non ce l'ho fatta. Ho sentito addosso un peso così forte che non sono stato in grado di sostenere e sono crollato – si zittì, cercando, negli occhi di Manuel, un appiglio per continuare a parlare – Mi dispiace, okay? Mi dispiace. Mi dispiace non avertelo detto, mi dispiace anche per averlo fatto. Semplicemente non volevo che mi considerassi un…un giocattolo rotto»
«Nun l’ho mai pensato e nun lo penso manco adesso – disse, posando la sua mano sopra quella di Simone e stringendola forte – Perché sotto casa mia?»
«Non lo so…credo che volessi dimostrarti che…che avevi ragione, che non ne valevo la pena»

Non appena Simone finì di parlare, Manuel non poté far altro che tirarselo addosso e avvolgerlo in un dolce abbraccio.

«Ti amo» disse Manuel – con il corpo di Simone fra le sue braccia – sentendo l’esigenza di ribadire al più piccolo il valore del sentimento che li legava.
«Mi dispiace…stavamo parlando di te e, alla fine, mi sono messo in mezzo con le mie cose»
«Stavamo a parla’ de me e poi avemo parlato de te, ‘n ce sta nessuno problema. Piuttosto – azzardò – n’è troppo tardi, ‘o sai, sì?»
«Per…cosa?»
«Pe’ inizia ‘n percorso de psicoterapia»
«Manuel…non…– balbettò – tu lo sai com'è mio padre. Lui pensa che tutto si possa risolvere con la filosofia. E io non ho un euro. Non è fattibile»
«Ce penso io»
«Eh? Sei impazzito?» ribatté Simone, perplesso.
«C’hai presente ‘a prepagata che m’ha regalato Nicola? Ecco, ce stanno soldi a sufficienza pe’ copri’ ‘a spesa d’entrambi, considerando che poi, ha deciso de versa’ ‘na somma ogni mese»
«Non posso accettare, Manu. Veramente. È un gesto bellissimo da parte tua, ma-»
«C’ho ‘n debito de du’ mila euro co’ te – iniziò – Ce state a ospita’ da mesi senza chiedece ‘n soldo, datte ‘na mano è veramente ‘r minimo»
«Non hai un debito di duemila euro con me. Se ho dovuto spendere quei soldi è stato perché ti ho, intenzionalmente, distrutto la macchina, quindi…»
«Vabbè, se io n’avessi fatto ‘r cojone, ‘n sarebbe successo»
«Manuel, dai – lo richiamò Simone, cercando di convincerlo a smettere di insistere – e poi non so neanche se avrei il coraggio di iniziare»
«’O pensavo pure io, sai? Quanno me so’ informato e ho preso ‘r numero de telefono me so' detto che tanto ‘n c’avrei mai fatta a chiama’. Poi quanno ho fatto parti’ ‘a chiamata, ho capito che ero riuscito a fa’ ‘r primo passo»
«E io sono fiero di te, amore»

Ne sorrise, Manuel, della dolcezza di quella frase, ché di rado, qualcuno, si era detto fiero di lui.

«Me prometti che ce pensi a quello che t'ho detto?»
«Te lo prometto»
«N’ultima cosa, Simò…domani…domani m’accompagni?»

Tentennò nel chiederlo, ché, dentro di sé, Manuel sentiva di aver già osato troppo, di aver smussato angoli del suo carattere che non credeva di riuscire a smussare.

Ed era pronto.

Era pronto anche a ricevere un no.

No che, ovviamente, non arrivò.

«Certo, Manu. Se non me lo avessi chiesto, avrei fatto comunque in modo di scoprire dove fosse lo studio e ti sarei venuto a prendere»

All'udire di quella risposta, a Manuel fu tutto improvvisamente chiaro.

«Simò…sei il ne vale la pena più importante de tutta ‘a vita mia» disse, con gli occhi che scintillavano dall’emozione, specchio di quelli di Simone.

E tra baci rubati e ti amo sussurrati, anche quella volta, quel luogo solo loro era stato testimone di un momento importante della vita dei due ragazzi, così come, un paio di mesi dopo, assistette alla decisione di Simone di accettare l’aiuto di Manuel e riprendere in mano la sua vita.

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