Tre parole: Rose, Stanza, Solitudine

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Quando la campanella che decretava la fine dell’ultima ora e, quindi, della giornata scolastica, suonò, a Manuel non sembrò vero

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Quando la campanella che decretava la fine dell’ultima ora e, quindi, della giornata scolastica, suonò, a Manuel non sembrò vero.

Quella giornata, più delle altre, gli era parsa infinita.

Era stata, forse, l’assenza di Simone a renderla tale, o l’idea che, all’uscita da scuola, sarebbe corso in ospedale da quest’ultimo, ma le ore di scuola, quel giorno, sembravano moltiplicarsi anziché diminuire.

Anche il cielo, una volta uscito dall’edificio, sembrava più azzurro.

Il sole più luminoso.
L’erba più verde.
L’aria più fresca e salubre.

Manuel, fuori da scuola, quel giorno, era semplicemente felice.

Felice perché, di lì a poco, avrebbe potuto trascorrere del tempo con Simone, ancora ricoverato in ospedale dopo lo schianto con la vespa.

Non lo avrebbe mai ammesso – forse neanche a sé stesso – ma la paura di perdere Simone per sempre lo aveva sconvolto.

Per un istante, per un solo istante, si era visto senza la persona che gli riempiva le giornate, senza la sua spalla, senza il suo migliore amico.

Senza quel ragazzo – perché Manuel, in cuor suo, lo sapeva già – che presto o tardi, sarebbe diventato il suo ragazzo.

E no.

Una vita senza Simone non era proprio nei suoi piani.

Quella notte, sulle fredde sedie della sala d'attesa del Policlinico, aveva promesso a sé stesso che non avrebbe lasciato Simone da solo neanche per un attimo, che si sarebbe preso cura di lui.

E aveva tutte le intenzioni di mantenerla, quella promessa.

Cominciando proprio da quel pomeriggio dopo scuola.

Aveva preso l’autobus.
Era sceso in prossimità dell’ospedale.
Aveva addirittura comprato delle rose, un piccolo e affettuoso pensiero.

E con il cuore colmo di gioia, al solo pensiero di trascorrere del tempo con Simone, aveva fatto ingresso nel nosocomio.

***

«Buongiorno» esclamò Manuel, una mano a tenere le cinque rose che aveva comprato, e l’altra a bussare sulla porta già aperta della stanza.
«Ciao» rispose Simone, mantenendo lo sguardo fisso verso la finestra alla sua sinistra.

Fin da quella breve interazione, Manuel capì che qualcosa stava turbando Simone.

Non erano, di sicuro, giorni felici, ma si sarebbe aspettato tutt’altra accoglienza e ciò lo portò, quindi, ad indagare.

«Tutto apposto, Simò?»
«Mhmh»
«E allora perché ‘n me guardi?»
«Adesso sei più contento?» domandò Simone, voltandosi in direzione di Manuel e lasciando che i suoi occhi rossi e lucidi si incastrassero in quelli del maggiore.

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