Tre parole: Pancino, Coccole, Sottone

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Se c'era una cosa che Manuel e Simone amavano fare dopo aver fatto l’amore, questa era rimanere sdraiati nel letto a parlare

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Se c'era una cosa che Manuel e Simone amavano fare dopo aver fatto l’amore, questa era rimanere sdraiati nel letto a parlare.

Accadeva ogni volta.

Manuel sdraiato nella parte sinistra del letto e Simone accoccolato sul suo petto nudo, con l’orecchio poggiato sul cuore, a godersi baci, carezze e coccole di vario genere.

E dopo la sigaretta di rito, iniziavano a parlare delle cose più disparate, dall’odio di Manuel per l’estate alla passione spropositata di Simone per il cibo giapponese, dall’ultima maglia comprata all’argomento di storia da studiare per il giorno dopo.

Quella sera, però, forse per malinconia o, forse, per la necessità di parlare di qualcosa di più serio, Manuel rivolse a Simone una domanda che portò entrambi ad una lunga, romantica e commovente riflessione.

«Te ce pensi mai agli universi paralleli?» chiese, di getto, il più grande.
«Uhm…sì, è capitato. Perché?»
«E che hai pensato quanno è successo?»
«Ho pensato ad un universo in cui Jacopo è ancora qui con noi, per esempio. Sarebbe bello, non credi?»
«Sì, me sarebbe piaciuto conoscelo»
«Come te lo immagineresti?»
«L’esatto contrario de come sei te. Meno perfettone de sicuro – ridacchiò – amante delle materie umanistiche, ‘na pippa, soprattutto, in matematica e che parla romano»
«Ma hai descritto te stesso!» scoppiò a ridere, Simone.
«E infatti saremmo stati grandi amici, ce saremmo divertiti ‘n sacco a prendete pe’ ‘r culo»

In quel momento, però, il volto di Simone si rabbuiò, portando Manuel a pensare di aver detto qualcosa di sbagliato.

«Oh, Simò…stavo a scherza’» si giustificò.
«Lo so, non…non è quello. Stavo pensando al fatto che, nonostante io non ricordi nulla, certi giorni mi manca così tanto. Penso che avrei avuto così tanto bisogno di un fratello, di una spalla, e…vabbè, non voglio intristirti – si interruppe Simone – Piuttosto, tu, invece, ci pensi agli universi paralleli?»

Sebbene per Manuel, parlare di Jacopo o di qualsiasi altra cosa facesse star male Simone non fosse un problema, comprese la scarsa voglia del più piccolo di affrontare l’argomento, ragion per cui, si limitò ad ascoltare e a rispondere soltanto all’ultima domanda.

«Più de quanto tu possa pensa’, Simò»
«Ah sì?»
«Mhmh. Penso ce siano n’infinità de universi e in ognuno de essi so’ ‘na persona diversa. Tipo, che ne so, da qualche parte ce sta uno come me che, magari, fa ‘r poeta. O che canta in una band. Oppure, senti qua. In un altro universo esiste uno come me è ‘r capitano de ‘na squadra de pallavolo»
«Sei una schiappa a pallavolo, Manu»
«Che palle, Simò – esclamò, ridendo – hai rovinato ‘r momento»
«Ma perché io stavo parlando seriamente, non stavo scherzando»
«Okay, okay, vabbè. Faccio ‘r serio. Ogni tanto me capita de pensa’ a n'universo in cui ‘n padre e ‘na sorella ce l'ho avuti sin da subito. Te immagini? In un altro universo so’ stato ‘n regazzino che, insieme alla madre e a ‘r padre, aspettava l'arrivo della sorellina, accarezzava ‘r pancino della madre e li aiutava a sceglie ‘r nome» disse, con un velo di tristezza negli occhi.
«E che nome avresti scelto?» chiese Simone, mentre, con estrema dolcezza, prese ad accarezzargli il viso.
«Me sarebbe piaciuto Rachele. Oppure Andrea. Andrea usato a ‘r femminile me piace ‘n sacco»

Fu solo in quel momento che Simone abbandonò il petto di Manuel e, velocemente, si alzò, con lo scopo di raccattare un foglio e una penna sulla scrivania e, altrettanto velocemente, tornò, poi, nel letto.

«Rachele, Andrea. Poi?»
«Poi che?»
«Quali sono gli altri nomi che ti piacciono?»
«Non…n’o so. ‘N c'ho mai pensato. Perché?»
«Pensaci ora»
«Boh…Gabriele. Oppure Maddalena»

Scrisse, Simone, prendendosi poi del tempo per scrivere anch'egli dei nomi su quel foglio, prima di piegarlo e di rivolgersi nuovamente a Manuel.

«Tieni» disse.
«Che ce devo fa?»
«Aprilo e leggi»

Manuel fece quanto richiesto.

Aprì il foglio e su una colonna trovò i quattro nomi scelti da lui e su un’altra, invece, poté leggere Alessia, Ilaria, Lorenzo e Jacopo, i quattro nomi scelti da Simone.

Rivolse uno sguardo perplesso prima di parlare di nuovo, Manuel.

«Che…che vor di'?»
«Purtroppo siamo nell’universo in cui io non ho più un fratello e tu non hai la possibilità di scegliere il nome di tua sorella con i tuoi genitori. Però…però siamo anche nell’universo in cui siamo insieme, nell'universo in cui, un giorno, metteremo su famiglia, magari ci sposeremo e avremo dei figli. E…»
«E?» chiese Manuel, ancora confuso.
«E un giorno potremmo riaprire questo foglio e dare ai nostri figli i nomi scelti oggi»

Occhi negli occhi, Simone e Manuel si trovarono a fissarsi.

Entrambi gli sguardi erano liquidi, sinonimo della tensione emotiva della quale, quel momento era carico.

«È ‘na cosa…bella»

Fu Manuel il primo a parlare, nonostante la voce tremasse tanto quanto il cuore.

«Lo pensi davvero?»
«Sì, è ‘na cosa bellissima…cioè, io ‘n so' uno dai grandi progetti, ‘o sai, io ‘n so manco che farò tra cinque minuti, però è bello sape' che me ami così tanto da pensa’ a ‘na famiglia insieme a me»
«Tu non ci pensi mai?»

In un altro momento, Manuel, molto probabilmente, si sarebbe mostrato, come al suo solito, incapace di farsi scalfire dalla dolcezza di Simone.

In quel frangente, spogliato di ogni difesa, mostrò quel lato di sé che, in genere, teneva nascosto, pur correndo il rischio di passare per sottone.

«Sempre, Simò. Pure se semo troppo giovani pe’ ‘n passo de ‘r genere, me capita spesso de fantastica’ su ‘na famiglia tutta nostra. Io, te e ‘n bambino tutto nostro. Io e te a fa’ i padri, capisci? Noi che c’avemo avuto du’ padri che ‘n so’ stati proprio du’ esempi»

Davanti a quell’affermazione di Manuel, Simone non poté che tornare nella sua posizione iniziale, con la testa sul petto di Manuel e l’orecchio sul cuore.

Ché Simone lo pensava sempre – a maggior ragione in quelle circostanze – che non esisteva posto migliore in cui tornare a respirare.

Dopo qualche istante di silenzio, poi, fu Manuel a riprendere parola.

«Sai ‘na cosa, Simò? Io ce penso spesso agli universi paralleli e nun ne esiste uno in cui tu ‘n stia accanto a me. Ho immaginato mille universi e ti ho amato, anzi, ti amo in ognuno de essi»

Le parole di Manuel fecero emozionare Simone e lo spinsero a nascondere il viso nell'incavo del collo del più grande.

Rimasero per interi minuti in quella posizione, intenti ad ascoltare soltanto il respiro dell'altro e i battiti dei loro cuori, dolce melodia del loro amore.

Amore che, qualche anno più tardi, si moltiplicò e permise a Manuel di estrarre dal suo portafoglio, quel foglio – ormai sgualcito – che Simone aveva scritto quel giorno di tanti anni prima e dare un nome al loro primo figlio.

Jacopo.

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