Sei parole: Febbre, Lavoro, Manuel, Guarire, Minestra, Ruffiano

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«Ma che cazzo!»

Così era iniziata la giornata di Manuel.

Con un’imprecazione.
Con dolori diffusi in tutto il corpo.
Con il termometro che segnava una temperatura superiore ai trentotto.

E per Manuel, quella era una tragedia.

***

«Simò?» lo chiamò Manuel, con un certo senso di allarme nella voce.
«Manuel, che ci fai ancora al letto? Sei stato assunto in prova letteralmente ieri, vuoi già farti licenziare?»
«È proprio questo ‘r problema, Simò»
«Ti hanno licenziato?»
«No, coglione. C’ho ‘a febbre»
«Stai scherzando?»
«C’ho ‘a faccia de uno che scherza, Simò?» rispose, abbastanza irritato, Manuel.
«Mh, effettivamente no»
«Appunto»

Ché se quell’imprevisto fosse capitato soltanto qualche anno prima, quando ancora era un liceale, Manuel ne avrebbe, addirittura, gioito.

Ma quello, per Manuel, sarebbe stato il primo giorno di lavoro e non poteva assolutamente mancare.

Quel lavoro gli serviva.
Quei soldi gli servivano.

Ché quell’appartamento che lui e Simone avevano deciso di prendere aveva un costo dell’affitto non propriamente basso e i soli soldi ricavati dalle ripetizioni private che dava Simone, decisamente, non bastavano.

«Chiama, Manu. Chiama il capo e digli che stai male»
«E quello me risponne che posso sta’ a casa pe’ sempre»
«Non avrai mica intenzione di andare a lavorare in queste condizioni, no?»
«E che faccio, Simò? Sto a casa senza manco avergli dato ‘n po' de preavviso?»

In effetti, anche secondo Simone non sarebbe stato corretto se Manuel si fosse comportato in quel modo.

Ma come avrebbe potuto fare?

D’improvviso, arrivò quello che Simone definì colpo di genio.

«Ho un’idea» disse, euforico, sicuro di aver trovato la soluzione ad ogni problema.
«E sentimo, dai»

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