Tre parole: Università, Sonno, Divano

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Caro Manuel

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Caro Manuel.

O forse, dovrei cominciare direttamente chiamandoti “amore mio”.
Sto scrivendo questo biglietto mentre stai dormendo.
Sei sul divano, sei crollato dal sonno con il libro in mano e io l’ho chiuso, l’ho poggiato sul tavolo e ti ho coperto, perché anche se è piena estate, hai questa fissa che devi dormire coperto.
Poi mi sono seduto su questa sedia e ti ho osservato.
Sei bellissimo.
Sei bellissimo sempre, ma quando dormi, un po' di più.
La prima volta che mi sono fermato a guardarti dormire, avevamo sedici anni, circa.
Tu eri appena stato picchiato e io ero venuto a raccattarti in mezzo ad una pineta.
Quella sera dormisti a casa mia e ora, con tre anni di ritardo, posso anche dirtelo: quella sera feci un video al tuo viso rilassato, alle tue ciglia lunghissime, a quella bocca leggermente schiusa che avrei voluto baciare.
Perché eri bellissimo anche allora e sentivo il bisogno di imprimere quella visione come solo un video sa fare.
E ora, mentre ti guardo, non mi sembra vero il sol pensiero che io non abbia più bisogno di riprenderti di nascosto per tenerti con me.
Sei “mio”.
Sei accanto a me ogni giorno.
E a volte, io, ancora non me ne capacito.
A sedici anni, immaginavo come potesse essere vivere insieme a te, cosa si potesse provare nello svegliarsi con te accanto, vederti con gli occhi ancora assonnati e sentirti pronunciare un “buongiorno” durante uno sbadiglio.
A diciassette, ho avuto la fortuna di realizzare questo piccolo grande desiderio.
A diciotto, quel “buongiorno” è diventato “buongiorno amore” e, nonostante tenda a nasconderlo, ancora mi emoziona sentirtelo dire.
E ora che mi sono abituato a quel dolce suono con il quale mi svegli la mattina, penso di non poterci più rinunciare
Penso di non esserne capace.
Ne sono dipendente come le persone sono dipendenti dal fumo, con l’unica differenza che il fumo fa male, mentre tu sei ossigeno, sei l’aria che respiro, sei ciò che di più bello la vita sia stata capace di regalarmi.
Ed è proprio per questo che, oggi che è il tuo compleanno, sono qui a farti un regalo che forse è tale più per me che per te.
Non è nulla di tangibile anche se, probabilmente, lo sarà nel tempo.
Il regalo è in quella busta accanto a questo foglio.
Voglio soltanto che tu sappia che, nonostante non sia nulla di materiale, io ci ho messo tutto me stesso affinché questo potesse diventare il regalo più bello che io potessi farti.
Spero tu ne rimanga felice tanto quanto ne sono contento ed emozionato io.
Buon compleanno amore mio.
Ti amo.

Per sempre tuo,
Simone.

Ripiegò il foglio, Simone, e lo poggiò sul tavolo – non prima di aver scritto in grande per Manuel – accanto ad una busta da lettera.

Dopo aver fatto ciò, poi, uscì dalla stanza per spostarsi nella doccia, in attesa che Manuel si svegliasse e aprisse il suo regalo.

***

Quando aprì gli occhi, Manuel, si sentì confuso.

Non si era assolutamente reso conto di essersi addormentato mentre stava studiando.

Dopo essersi, quindi, preso qualche istante per riordinare le idee, si sgranchì gli arti e abbandonò il divano, deciso a tornare a studiare dopo essersi sciacquato il viso e preparato, magari un caffè.

Ma una volta in piedi, quando si avvicinò al tavolo, gli occhi si posarono immediatamente su quel foglio ripiegato che portava il suo nome.

Curioso, allora, lo aprì e iniziò a leggere.

Si perse tra le righe di quella lettera, tra le dolci parole che Simone gli aveva dedicato, buttando giù anche qualche lacrima di commozione.

Simone lo aveva definito regalo.

Lui, un regalo.

Lui, che nelle vite degli altri si era sempre sentito un peso.

Scosse la testa, incredulo, nel rileggere quella parola accostata alla sua persona.

Con una lacrima ancora intenta a scorrere sulla sua guancia, abbandonò il foglio sul tavolo e si interessò alla busta che Simone aveva citato nella lettera.

La aprì e rivolse tutta la sua attenzione al foglio che vi trovò dentro.

Lo lesse più e più volte, incredulo di ciò che i suoi occhi avevano visto.

Simone aveva superato il test d’ammissione alla facoltà di ingegneria aerospaziale a Roma e ciò significava che non avrebbe dovuto allontanarsi per seguire i suoi sogni.

Non avrebbe dovuto allontanarsi, soprattutto, da Manuel, il cui futuro, invece, sarebbe stato nella capitale.

Quella lacrima che, qualche minuto prima, scorreva solitaria, venne raggiunta da tante altre.

Quasi non ci credeva.

Non gli sembrava davvero possibile.

E non perché non fosse consapevole delle capacità di Simone, ma perché, nella sua mente, era tutto già deciso.

Nella sua mente era tutto così nitido che quei mesi che li separavano dall’inizio dell’università, Manuel stava cercando di goderseli appieno.

Nella sua mente, lui e Simone erano già separati.

Lui a Roma.
Simone a Milano.

O peggio ancora, lui a Roma e Simone all’estero.

Quella notizia, invece, era stata un fulmine a ciel sereno, un qualcosa di talmente bello da essere incredibile.

Fu la voce di Simone, qualche minuto dopo, a ridestare Manuel dai suoi pensieri.

«Ehi…tutto bene?» chiese, vedendolo con gli occhi rossi.
«Tu…tu sei pazzo»
«Auguri amore…Immagino tu abbia visto il regalo» rispose Simone, con gli occhi e il cuore capaci di sorridere più della bocca.
«È…sì…cioè, è tutto così bello. Te…te rimani a Roma. Niente treni, niente aerei, niente viaggi…te rimani qua» continuò a ripetere Manuel, incredulo.
«Rimango qua. Stessa università, stessa casa…magari sarai tu a volertene andare dopo che ti sarai reso conto che mi avrai sempre intorno» disse Simone, scherzando.
«Mai, Simò. Mai. Questo è il regalo più bello che me potessi fa, meglio de qualsiasi cosa tangibile»
«Sei davvero felice, Manu?»
«Mai stato più felice de adesso. E soprattutto, so’ orgoglioso de te. Perché sì, bello che resti a Roma, bello che potemo continua’ a sta’ insieme senza ‘a distanza de mezzo, bello tutto. Però…insomma, hai superato ‘n test, sei stato bravissimo»

Ché Simone era così contento di essere riuscito nel suo intento di restare a Roma che la felicità per essere entrato nella facoltà dei suoi sogni era quasi passata in secondo piano.

«Ti amo tanto, Manu…lo sai vero? Cioè…anche se, per fortuna, nella nostra routine non cambierà nulla, vorrei che tu sapessi che anche se mi fossi dovuto trasferire…beh, ecco, il mio amore per te non sarebbe cambiato di una virgola»
«Mhmh»
«Che c'è…? Non mi credi?»
«Sì, te credo. Ma penso che potresti dimostrammelo in un altro modo»
«Ah sì? E come?»
«Vie’ co’ me»

Lo prese per la mano, Manuel e lo trascinò nella loro stanza.

Dopodiché, chiuse la porta.

Perché sarebbe stato tra le lenzuola che si sarebbero dimostrati l’amore che provavano l'uno per l’altro.



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