Tre parole: Colleghi, Ansia, Problemi

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Essere il figlio di Dante Balestra, per Simone, non era mai stato facile

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Essere il figlio di Dante Balestra, per Simone, non era mai stato facile.

Non era stato facile da bambino, quando si era trovato a fare i conti con l’assenza di un padre che sembrava non interessarsi ai suoi bisogni.

Non era stato facile da adolescente, quando, di punto in bianco, era tornato, non solo a Roma, ma anche – forse stabilmente – nella sua vita.

E non era facile ora che Simone era un docente di matematica al Liceo Da Vinci – lo stesso in cui Simone aveva studiato e Dante aveva insegnato – e, oltre al suo dovere di insegnante, portava sulle spalle anche il fardello di dover dimostrare di aver ottenuto quella cattedra per merito e non per essere il figlio di.

Da quando, lungo i corridoi, si era sparsa la voce che il cognome Balestra non fosse soltanto un caso di omonimia, per Simone era iniziato un vero e proprio incubo.

Non c’era giorno in cui i colleghi non facessero battute maliziose sul suo conto, in cui non lo mettessero a disagio, sottolineando, perlopiù, come in quel caso, la professione del padre fosse stata tramandata ad un figlio che, già così giovane, aveva avuto l’opportunità di ricoprire quel ruolo.

E Simone sopportava.

Simone sopportava perché amava i suoi alunni.
Simone sopportava perché, sebbene da adolescente avesse detestato il metodo di insegnamento di suo padre, nel momento in cui si era trovato dall’altra parte della cattedra, aveva compreso, in qualche modo, quanto fosse importante instaurare un rapporto di fiducia con i propri studenti.

Come Dante aveva fatto con Manuel, per esempio.

Ah, Manuel.

Il suo fidanzato.

L’uomo che amava più della sua stessa vita e che – forse proprio per quel motivo – era all’oscuro di tutto.

Ogni volta che Simone tornava a casa sfiduciato e stanco dopo una giornata di lavoro, ad ogni domanda preoccupata di Manuel, il quale notava sempre che qualcosa non andasse nell’umore di Simone, quest’ultimo rispondeva con una scusa sempre diversa che, almeno secondo lui, avrebbe placato le preoccupazioni di Manuel.

Ma, come si suol dire, le bugie hanno le gambe corte e, una sera, in modo del tutto inaspettato, Simone si era trovato a fare i conti con tutto ciò che lo turbava.

***


«Domanda di trasferimento. Che significa, Simò?»

Rimase spiazzato, Simone, da quella domanda.

Come aveva fatto Manuel a scoprire le sue intenzioni?
Perché il suo tono di voce sembrava essere molto arrabbiato?

Erano tante le domande che vorticavano nella testa di Simone.
Erano tante le parole e i pensieri che si susseguivano e che sembravano essere quelli giusti per affrontare il discorso.

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