37. You look like you need a hug

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Ci sono mattine in cui, appena apri gli occhi, un senso di oppressione al petto ti assale.

Sembra come se la vita stia cercando di dirti ehi, oggi resta a casa, rimanda tutto a domani, dammi retta.

Ma tu hai un lavoro, delle responsabilità, e non puoi assecondare i consigli che la vita ti dà.

E allora ti alzi, prepari la moka, la poggi sul fornello e nel mentre sbrighi le faccende in bagno.

Ti vesti, bevi il caffè che, purtroppo, è al sapore di bruciato e inizi a dare un leggero credito a quello che la vita ti stava dicendo quando la sveglia è suonata.

Ma continui, in un certo senso, a fingerti sordo, ché forse, quella mattina, hai da fare più che le altre mattine e non hai tempo per nulla che non siano i tuoi impegni.

E allora lasci un bacio sul viso del tuo partner, esci e ti chiudi la porta alle spalle.

Questo fu ciò che quella mattina, una come tante, accadde a Manuel.

Si chiuse la porta di casa alle spalle pensando di aver lasciato dietro di essa anche quel malessere che lo aveva accompagnato da quando aveva abbandonato le lenzuola.

Salì a bordo della sua automobile, e partì in direzione della sua officina.

Strada facendo, tra una hit estiva e una canzone senza tempo, Manuel si era convinto che quel brutto presentimento fosse scomparso.

Magari era solo ‘na sensazione legata a qualche sogno che ho fatto stanotte e manco me ricordo.

Ma quella convinzione ebbe la durata di un gatto in tangenziale.

Il brutto presentimento si concretizzò all’incrocio successivo, quando un ragazzo, in sella ad uno scooter, non si fermò allo stop e Manuel perse l’attimo per inchiodare, franando contro il veicolo a due ruote.

«Oddio, che cazzo ho fatto!» gridò Manuel, mentre, in fretta, scese dalla macchina.

Il ragazzo era riverso a terra e Manuel si avvicinò accertarsi delle condizioni.

Dio, fa' che sia ancora vivo.

«Oh – disse, alzandogli la visiera del casco – guardame»
«Sto…sto bene» rispose il ragazzo, tentando di rialzarsi e di togliersi il casco.
«Oh, che fai, 'n t'arza'! Aspetta che chiamo n'ambulanza»
«No, no! Sto bene, non mi sono fatto niente. Fortuna che andavi piano»
«Seh, ma ce stava lo stop, ma voi guarda' avanti quanno guidi? Te potevo ammazza'»
«Ma non mi hai ammazzato, sono vivo e vegeto e a giudicare dalla tua cera, sto sicuramente meglio di te»
«Te pare 'r momento de fa' lo spiritoso?»
«Scusa, scusa! Senti, io devo andare a lavorare, qui ci sono i miei dati, se ne hai bisogno – disse, porgendo a Manuel un biglietto da visita – compiliamo velocemente il CID per piacere?»

Manuel acconsentì e dopo aver sbrigato ogni faccenda burocratica, lasciò che il ragazzo riprendesse il mezzo e si congedasse.

Anch'esso, poi, tornò a sedersi nell'abitacolo della sua automobile, e fu proprio lì che realizzò ciò che era accaduto.

Le mani tremavano troppo forte per far sì che potesse guidare fino ad arrivare alla sua officina.

Cercò, senza ottenere grandi risultati, di calmarsi, ma ciò che era appena successo e il ricordo di quella notte di cinque anni prima, glielo impedivano.

Estrasse, quindi, con non poca difficoltà, il cellulare e chiamò Simone.

«Pronto?»
«Simò…poi…poi venimme a pija'?»
«Sì, certo Manu, ma che succede?»
«Niente, però vieni qua, pe' piacere»
«Dimmi dove sei»
«Davanti a Santa Maria del Soccorso»

Simone non tardò ad arrivare e quando giunse sul posto, parcheggiò la sua auto e si avvicinò a piedi a quella di Manuel, bussando successivamente al finestrino.

«Manu» disse, entrando nell'automobile, tuttavia senza ricevere risposta.

Manuel sembrava esser diventato di ghiaccio.

Come un automa, scese dalla macchina per andarsi a sedere al lato del passeggero, lasciando intuire a Simone che avrebbe dovuto guidare lui.

Simone colse la richiesta silenziosa di Manuel, si accomodò di fronte al volante e mise in moto.

Durante il tragitto verso casa, Simone non fece domande, lasciando che Manuel continuasse a guardare il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino.

Fu una volta entrati in casa che Simone si fece avanti.

«Manu…non vuoi parlare e io questo l'ho capito, e per questo non ti faccio domande anche se, a giudicare dalle condizioni del cofano anteriore, posso intuire. Però…sembra proprio che tu abbia bisogno di un abbraccio, di quelli che ricuciono anche le ferite più profonde e che, per un attimo, ti facciano dimenticare ciò che è successo»

E non se lo lasciò ripetere Manuel, che si fiondò tra le braccia di Simone e si lasciò andare ad un pianto liberatorio.

«Io quanno…quanno l'ho visto là pe' terra c-c'ho rivisto t-te – disse Manuel, singhiozzando – m'è spuntato all'improvviso e…so' tornato a quella notte»

Simone prese un respiro profondo, consapevole che quel gesto avventato di cinque anni prima avrebbe pesato per sempre nella vita delle persone che tenevano a lui.

«Ma sta bene, no?»
«Sì, lui sì…ma te…»
«Anche io, no? Sono qui, stiamo parlando, ti sto stringendo»
«Io quella notte 'n me la scorderò mai»
«Mi dispiace, Manu. Non hai idea di quanto io, ancora, mi senta in colpa per quel gesto»
«Me prometti che 'n succederà più?»
«Posso prometterti che ti resterò sempre accanto e che in questi giorni in cui sono in ferie, ti accompagnerò in officina tutti i giorni»

Ed, in effetti, così fecero.

Simone accompagnò Manuel ogni giorno, restando lì, tra veicoli e attrezzi, e riassaporando insieme quell'adolescenza che profumava di benzina, pneumatici e arbre magique.




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