L'atteso giorno è arrivato.
Mettiamo le nostre valigie sul van per partire alla volta dell'aeroporto di Fiumicino. Prima tappa: Milano.
La mia agenda mi dice che si esibiranno questa sera al Mediolanum Forum, e tra due giorni si terrà una cena con la rivista Vanity Fair, per cui hanno posato per la prima pagina del numero del mese prossimo, luglio. Arriviamo e saliamo subito sul nostro jet privato. Torpedine stasera non potrà essere presente, perciò mi trovo a fare le sue veci in queste ventiquattro ore.
"Quindi oggi sei tu il capo?" sorride Ignazio, mentre prende posto di fronte a me.
"Affermativo." ricambio il sorriso. "Ma c'è anche Barbara con me."
Barbara Vitali è, insieme a me, l'assistente de Il Volo, li segue ovunque, proprio come farò io. Lei si occupa delle faccende amministrative, quali impegni sulla agenda e vari contratti, e per i prossimi due mesi circa verrà con noi, per darmi qualche dritta. Quando avrò imparato il mestiere, lei andrà via, come aveva già pianificato. Scelte personali, mi ha detto. Le mancano i suoi figli, anche se ormai per lei questi tre ragazzi sono come dei figli, visto che li ha seguiti nella loro trasformazione da adolescenti a uomini. Più che assistente fa da babysitter.
Barbara alla mia affermazione annuisce, come per confermare le mie parole. Piero si sistema su uno dei sedili, e senza togliersi gli occhiali da sole si accuccia lì, con un cuscino e delle cuffie, senza dire mezza parola. Già posso capire che non è un tipo mattiniero.
Anche Gianluca mantiene su gli occhiali da sole, tenendo lo sguardo fisso sul finestrino. Non ci siamo parlati questa mattina, i nostri rapporti sono tesi fin dal momento in cui ci siamo conosciuti. Nemmeno un "mi dispiace" o "scusa", niente di niente.
Sospiro e mi metto le cuffie, addormentandomi osservando quel tappeto candido fatto di nuvole.[...]
"No ragazzi, non ci siamo, la tonalità deve essere più alta! Rincominciamo." ordina il loro vocal coach, un uomo molto scrupoloso e accurato nel suo mestiere.
Il Mediolanum Forum, chiamato anche Forum di Assago, è davvero enorme, uno dei più grandi d'Italia. Mi chiedo come ci si possa sentire a cantare in un teatro con quindicimila persone. Tale domanda me la sono posta anche quando ascoltai il mio primo concerto al Madison Square Garden di New York: ventimila anime per ascoltare i Coldplay, una delle mie band preferite. La musica ha il potere meraviglioso di poter unire migliaia di sconosciuti, anche solo per una notte, e di farli cantare, tutti insieme sotto lo stesso tetto.
Chiudo gli occhi e prendo un bel respiro, seduta ad una delle poltrone in platea. Il suono del cellulare interrompe il mio stato di quiete: è Cooper. Mi allontano istintivamente da tutti e rispondo.
"Dimmi tutto."
"Hai novità?"
"Ancora nulla, sono qui solo da due giorni, se non lo ricordi."
Sbuffa, e prima che possa replicare qualcosa lo interrompo già in partenza. "Piero ed Ignazio sono due santi: niente ragazze, niente botte e via e cose così. Sembrano dei bravi ragazzi. Quel Gianluca invece è proprio odioso." sottolineo disgustata l'ultima frase.
"È su di lui che devi puntare, mi raccomando."
"Ma non c'è gusto a fare uno scoop scioccante su di lui, si fa una diversa ogni sera, è risaputo."
"Allora inventati qualcosa, incastralo in qualche modo, ci serve uno scandalo." afferma, chiudendo la telefonata.
"Ma manco un ciao? No, eh?"
Sbuffo e metto in tasca il cellulare per tornare da quei tre, che hanno appena finito le prove.
"Emozionante, eh?" chiedo a loro, continuando ad ammirare il grande palazzetto, dal palco dove si esibiranno.
Annuiscono tutti e tre, senza aggiungere nulla per la grande emozione.[...]
"Perfetti! Dai ragazzi, andiamo!" li incito a raggiungere le quinte, mentre finisco di aggiustargli le cravatte e i colletti delle camicie nel loro camerino.
"Ho bisogno di un abbraccio!" piagnucola Piero, per via del nervosismo. Mi fa così tenerezza che lo avvolgo tra le mie braccia senza pensarci due volte.
"Va meglio?"
Tira un sospiro di sollievo e si calma. "Ora si, grazie Emma."
"Gianluca, che hai?" mi avvicino a lui, poiché noto che si è seduto su una sedia, visibilmente scosso.
"Lascia stare." abbassa lo sguardo, per non guardarmi negli occhi. Mi abbasso di fronte a lui, per cercare di essere faccia a faccia.
"Non puoi salire sul palco con questa faccia. Avanti, hai..." interrompo la frase e controllo il mio orologio. "...otto minuti per dirmi che ti succede."
Finalmente si degna di guardarmi, facendomi notare due occhioni verdi e gonfi. "Perché hai pianto?" mi faccio più seria, guardandolo con aria interrogativa.
"Sono affari miei..." borbotta con un filo di voce, facendomi arrivare alla conclusione che si può essere bastardi anche in situazioni come queste.
Sbuffo e mi alzo, dirigendomi verso la porta. "E va bene. Ma tra cinque, anzi no, quattro minuti, ti voglio dietro le quinte. Chiaro?" affermo con un tono severo, ma del resto se lo merita, non può trattare così le persone che cercano di aiutarlo.
"È per mio nonno, va bene?" si arrende, scocciato, alzando il tono di voce, facendomi fermare e girare di scatto.
"Che ha tuo nonno?"
"Se non parlo al telefono con lui, prima di ogni concerto, vado nel panico." - deglutisce, con la voce rotta.
Sospiro. "Gianluca..."
"No, non salgo mai sul palco senza parlarci. È come un rito scaramantico per me."
"Chiamalo, non capisco dove sia il problema."
"E secondo te non ci ho già provato? Il cellulare è totalmente irraggiungibile qui!" butta il cellulare sul tavolino, portandosi le mani al viso.
"Gian, non è una tragedia. Alzati, puoi farcela." lo incoraggio con un tono serio. La sua eccessiva debolezza mi urta, sarà perché io un tempo ero così fragile, e mi odiavo per questo. D'altra parte, rimango colpita dalla sua sensibilità, forse non è così stronzo come vuole far credere. Lui mi ignora, e allora decido di passare al piano B, ovvero prenderlo con le mie stesse mani e portarlo sul palco.
Sì, lo ammetto, il mio piano B fa piuttosto schifo, ma non ho alternative."Gianluca, sappi che, se non ti alzi da quella sedia, dovrò utilizzare le maniere forti." lo avverto un'ultima volta. Lui alza lo sguardo, inarcando il sopracciglio, accennando un sorriso malizioso.
"Vorrei tanto conoscerle, queste maniere forti..."Alzo lo sguardo al soffitto, scocciata, mi avvicino a lui e gli afferro le mani, tirandogli le braccia e riuscendo a farlo alzare in piedi. Avvicino il mio viso al suo, per intensificare il contatto visivo. "Tu sei Gianluca Ginoble, e tu salirai su quel palco stasera, che ti piaccia o no. Lì ci sono quindicimila persone, trentamila occhi solo per voi. Per quanto tu sia stronzo, sei maledettamente bravo, e non hai bisogno di niente e di nessuno per essere chi sei, tantomeno di essere schiavo di scaramanzie idiote che non influiranno in alcun modo sul concerto, se non sulla tua psiche. Chiaro?"
"Chiaro." risponde, finalmente guardandomi negli occhi. Sembra aver riacquisito parte della sua sicurezza, rivolgendomi uno dei suoi soliti sorrisetti. "Se il concerto va male, Alto, i rimborsi dei biglietti li faccio chiedere a te."
"Dimmi un po', è mai successo che un concerto andasse così male per un mancato rito?"
"Tre anni fa, seconda replica dello show a Monterrey: Ignazio si strappò completamente i pantaloni, Piero stonò completamente e io vomitai sul palco."
"Coincidenze? No, eh?"
"Niente è per caso..."
"Sì, certo... dai, muoviti, aspettano tutti te." gli do una pacca sulla spalla, esortandolo a raggiungere Ignazio e Piero.
Il concerto finalmente inizia, e manco a dirlo, riscuote un successo strepitoso, come sempre. Gianluca sembrava un'altra persona sul palco, quella che conoscevo io prima di stasera, quella che conoscono tutti. Prima, in camerino, mi aveva involontariamente mostrato il suo vero lato, quello più fragile, più insicuro.
È un peccato che non sia sempre così innocente ed emotivo, ma il mio lavoro vuole evidenziare il suo lato peggiore, quello del cattivo ragazzo. Quindi, forse, va meglio così.
"Posso entrare?" Gianluca si presenta alla porta della mia stanza, con il suo immancabile pigiama e il ciuffo disordinato. Annuisco e lo faccio entrare, chiudendo la porta.
"Come mai sei qui?"
"Volevo ringraziarti. Per il fatto di stasera, intendo."
"Ah si, certo, di nulla. Come vedi, non ci sono state né vomitate e né stangate."
"I pantaloni di Ignazio me li sono visti male però..."
"Prima o poi... quel ragazzo deve imparare a muoversi di meno, distruggerà tutti i completi che ha."
Ridiamo entrambi e tra noi due si forma un silenzio imbarazzante, non avendo nient'altro da dire, considerato come sono iniziati i nostri rapporti.
"Ascolta, io non voglio problemi, sono la vostra assistente e voglio rimanere tale. Non voglio che ci sia alcun tipo di ostilità tra di noi." rompo il ghiaccio, chiarendo le cose una volta per tutte.
"E va bene, niente ostilità, non voglio litigare. Però mi interessi, è vero, perché non possiamo chiuderla subito? Ci divertiamo una notte e poi si ritorna alla normalità, non lo saprà nessuno..." sorride maliziosamente, avvicinandosi a me.
"Gianluca..."
"Shh." avvicina il suo indice alle mie labbra. "Non ti metto fretta. Quando vuoi, sai dove trovarmi. Sono sempre ben disposto." sussurra.
"Ma sei sempre così idiota?"
"No, sono Gianluca!" ridacchia.
"Il che è peggio, mi sa."

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Photograph || Il Volo
Fanfiction"[...] E poi, alla fine, sì, mi sono innamorata. Mi sono follemente innamorata di una persona che non avrei mai pensato di poter amare. E sai come l'ho capito? Da quando vidi che in quegli occhi verdi ci ritrovavo me stessa. In quegli occhi ho ritro...