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Il locale è sempre il solito. Non è cambiato di una virgola, da quando ci misi piede l'ultima volta, circa un anno fa, sempre con lui. Le luci soffuse e l'ambiente familiare fanno riaffiorare in me una lunga serie di ricordi, che mi provocano malinconia e forse anche un pizzico di disagio. Ciò che per noi era il nostro ristorante preferito, il luogo del nostro primo e del nostro ultimo appuntamento, è diventato solo una cantina di ricordi, che non avrei voluto più riaprire. È un ristorante italiano, uno dei migliori di Manhattan, credo.
Un tempo, quando ci frequentavamo, provammo quasi tutti i ristoranti italiani della zona: la mancanza dalla mia terra d'origine, dalle mie abitudini, dal mio cibo, da casa mia, portava a farmi fare anche questo. Alla fine optammo per questo angolo di rifugio dal mondo, piccolo ma molto caloroso, e diventammo anche amici dei proprietari, una coppia di italiani che potrebbero essere i nostri genitori. Il loro calore napoletano li portò pian piano ad affezionarsi a noi, tanto che per loro eravamo come dei figli adottivi.
Ci venivamo tutti i giovedì, quando Nicholas tornava a casa prima dal lavoro e non era troppo stanco da andarsene subito a dormire.
I due napoletani ci guardano stupiti entrare, quasi increduli. Sapevano della nostra separazione, perciò compresero che per me tornare nel loro ristorante non sarebbe stato emotivamente facile.
"Oddio! Elisabetta, Nick, siete voi?" ci chiede incredula la dolce signora, dalle guance rosse e paffute e l'accento tipico italiano.
Sorridiamo e basta, piuttosto imbarazzati. Senza esitare corre subito ad apparecchiare un tavolo, il nostro tavolo. Era sempre quello più vicino alla vetrata, un po' più riparato rispetto agli altri. Ricordo che d'inverno era meraviglioso, poiché si poteva rimanere ad osservare la neve che si accumulava sul marciapiede.
La signora ritorna da noi per porgerci i menù.
"Siete tornati insieme?" mi sussurra in confidenza, con un tono speranzoso.
"No, signora... Siamo solo amici."
Annuisce e leggo sul suo volto un pizzico di imbarazzo, mentre si affretta a lasciarci nuovamente soli.
"Te l'ho già detto che sei bellissima stasera?"
"Almeno cento volte da quando siamo usciti."
Sorride malinconico. "Lo diventi sempre di più..."
Noto che tenta di afferrarmi la mano appoggiata sul tavolo, ma la ritraggo istintivamente, guardando in basso.
"Che hai fatto in questo anno senza di me?" mi chiede, piuttosto imbarazzato anche lui, schiarendosi la voce.
Scrollo le spalle, piuttosto indifferente. "Che ti frega?"
"Cerco solo di fare conversazione!" sbotta.
"Davvero lo vuoi sapere?" e lui annuisce.
"Beh, vediamo... per i primi tre mesi da quando mi hai mollata, sono andata avanti grazie a degli antidepressivi, ho lavorato, ho passato giorni terribili... ma ora sono andata avanti, e sto bene. E lo sai come ne sono uscita? Grazie a chi mi è rimasto vicino. Grazie a chi mi ha promesso di restare e ed è rimasto davvero."
Sbuffa, guardando in alto, ma non aggiunge nulla. "Hai ragione. Ho sbagliato, okay?"
"Okay niente, Nick! Io ti amavo e tu mi hai trattata come una cosa da prendere e da buttare via!" ho gli occhi lucidi, mentre cerco di trattenermi.
"...Mi ami ancora?"
"Non più."
"Non è possibile."
"Invece sì." ribatto impassibile.
Scuote la testa. "Ah, Liz... Se c'è una cosa che ho notato, appena ti ho rivista, sono i tuoi occhi. Tralasciando la litigata di stamattina, vedevo che... non so, brillavano in modo diverso. Hai gli occhi di qualcuno che ama."
Rimango colpita dalle sue parole. "...sì Nick, in effetti hai ragione, sono innamorata."
Il suo sguardo s'illumina, mentre sul suo volto si dipinge un sorriso gioioso.
"Sì ma non di te, eh."
"Eh?" un'espressione scioccata si fa spazio sul suo volto.
"Te l'ho detto, Nick. Sono andata avanti, mi sono rifatta una vita, ho conosciuto persone nuove, ho viaggiato... e mi sono innamorata, mi sono innamorata della vita. Ho iniziato a vedere il bello anche nelle piccole cose. Dico, ma tu ci hai mai pensato? Hai mai visto quanto sono meravigliose le onde del mare mosso? O una giornata di sole, un sorriso sincero, una risata... una chiacchierata con un amico, di mattina presto, quando magari entrambi non riuscite a dormire e allora iniziate a parlare di ciò che vi passa per la testa: lui con una sigaretta e una chitarra in mano, tu con due occhiaie da far spavento e tanta voglia di confidarti..." dico queste cose con malinconia, con gli occhi lucidi e un piccolo sorriso. "Oppure, che ne so... la pioggia! Ma lo sai quant'è bella la pioggia? È l'occasione migliore per pensare, riflettere, fare cazzate, baciarsi... e le influenze? Beh, certo, fanno schifo, però allo stesso tempo ti danno l'occasione di stare vicino alle persone che ami, di prenderti cura di loro, e magari vederle dormire stanche.
Ho conosciuto persone meravigliose, che mi vogliono un bene immenso. E poi, alla fine, sì, mi sono innamorata. Mi sono follemente innamorata di una persona che non avrei mai pensato di poter amare." rido commossa. "E sai come l'ho capito? Da quando vidi che in quegli occhi verdi ci ritrovavo me stessa. In quegli occhi ho ritrovato la mia voglia di vivere, di amare, di lottare. E per lui, sì, ho fatto tutte queste cose. E continuerei a farle, perché come potrei lasciar scappare una persona che mi ha ridato la vita?"
Ascolta tutto il mio discorso con gli occhi sognanti e un sorriso sincero.
"È davvero fortunato, lui, ad amare una persona come te. E tu sei fortunata ad averlo trovato."
Sorrido, e con un cenno di capo lo ringrazio. Il nostro discorso viene interrotto dalla cameriera, che ci versa del vino nei calici. È una ragazza giovane, avrà non più di diciotto anni. Noto che in quegli istanti mi squadra un po', con aria sospettosa.
"Senti, scusa, posso farti una domanda?"
"Ehm, certo." rispondo stranita, mentre bevo il rosso che mi ha appena versato.
"Ma tu sei l'assistente de Il Volo, vero?"
Per poco non mi va di traverso quel vino piuttosto aspro, non uno dei miei preferiti. "Come, scusa?"
"Sono una loro fan, e nelle foto su alcune riviste c'è la loro assistente, è una ragazza molto simile a te..."
"Ah, nono, ti sbagli!" rido nervosamente, mentre Nicholas mi guarda interrogativo. "Non so nemmeno cosa sia Il Volo!" continuo, gesticolando nervosamente.
"Okay... allora, scusami." conclude dubbiosa, andando via.
"Certo che ne sta di gente strana in giro, eh!" Nicholas ride, e io cerco di fare lo stesso.
"Ma poi, Il Volo? Chi sono questi tizi?"
"Non chiederlo a me!" fingo una risata.
Con la coda dell'occhio non faccio altro che notare quella ragazza, che dal bancone del piano bar mi fissa, e ogni tanto guarda il cellulare.
"Sembri agitata... Sicura di stare bene?"
"Che? Sì, certo, è che... Non mi sento molto bene." balbetto un po'.
"Vuoi che ti riaccompagni a casa?"
"...sì, per favore. Scusami."
Scrolla le spalle, un po' deluso. "È tutto okay."
Paga velocemente ciò che avevamo ordinato ma che non ci avevano ancora servito e ci dirigiamo verso casa mia, mentre nel tragitto nessuno dei due ha il coraggio di dire qualcosa.
Venti minuti di camminata e siamo sotto il mio portone.
"Allora... Ci vediamo presto." dice imbarazzato, è arrivato il momento di congedarci.
"Sì, perché no... in futuro."
"Da amici?" mi porge la mano, come per stringere un patto.
"Da amici." affermo e gliela stringo senza esitare.
"E un amico può abbracciare un'amica?"
Sorrido un po' forzata. Non l'ho ancora perdonato del tutto. Però lo assecondo, e ci diamo un veloce e piuttosto formale abbraccio.
Ci salutiamo e io torno a casa. Chissà tra quanti mesi o anni lo rivedrò. Chiudo la porta alle mie spalle e tiro un sospiro di sollievo, mentre mi spoglio e mi preparo per andare a dormire.
Stanca, ma con zero voglia di dormire.

[...]

Otto del mattino, penultimo giorno di novembre. Occhiaie ancora più in vista, stanotte ho dormito si e no tre ore. Sorseggio il caffè appoggiata al bancone della cucina, con lo sguardo perso nel vuoto. Prendo il cellulare, parlare con Gianluca è sempre un calmante.
Lo accendo e ciò che vedo mi fa scivolare la tazza di caffè dalle mani.

Photograph || Il Volo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora