27.

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Atterriamo all'aeroporto di Palermo in serata, parecchio stanchi e spossati.
"Io chiamo Piero, così domani mattina vado da lui." comunico a Cooper, per poi far partire la telefonata.
"Pronto, Piero? Disturbo?" chiedo, rendendomi conto dell'orario: sono le ventidue.
"Emma! Ciao! No, figurati, dimmi pure."
"Come va? Sei a casa?"
"Sì, sono a casa, serata in famiglia. Tu invece? Dove sei?"
"Ecco... e se ti dicessi che sono all'aeroporto di Palermo?"
"Cosa?! Oddio, fantastico! Se vuoi vengo a prenderti!"
Sorrido per la sua disponibilità. "Ma dai, figurati, sono abbastanza lontana! Se vuoi ti raggiungo a casa, per te va bene?"
"Certo, ti aspetto." chiudo la telefonata, soddisfatta e ancora intenerita dalla sua infinita disponibilità nei miei confronti.
"Ci si vede domani Cooper, vado a casa di Piero." gli comunico, trascinando il trolley verso l'uscita.
"Cosa? E io?" mi chiede sconcertato.
Scrollo le spalle con indifferenza. "Esistono gli alberghi." giro i tacchi, per poi fermarmi di scatto sull'uscio della porta automatica. "Anzi no, devi accompagnarmi a Naro. A quest'ora nessun taxi sarebbe disposto ad accompagnarmi a più di cento kilometri da qui."
Sbuffa scocciato. "Va bene."
Noleggia un auto e ci mettiamo in viaggio della durata di poco più di un ora. Il nostro silenzio è interrotto solo dalla radio, che manda in onda alcune hit degli ultimi anni.
Becco casualmente L'amore si muove, e con un sorriso stampato in volto alzo il volume al massimo. Però questa canzone allo stesso tempo inevitabilmente mi rievoca Gianluca, il centro dei miei pensieri da giorni. Ho ancora al collo la sua catenina, non voglio separarmene.
La sua dolcezza, il suo romanticismo, il nostro quasi bacio... per poi finire tutto in un "non siamo niente". Quasi mi viene da piangere a pensarci.
"Tutto bene?" Cooper si accorge il mio repentino cambio d'umore, lanciandomi un'occhiata veloce, per poi riconcentrare la sua attenzione sulla strada illuminata solo dai fari della nostra auto.
Sospiro. "Sì, lascia stare."

"E penso a quello che sarei,
a quello che saremo noi,
all'amore che ci porta via,
L'amore si muove,
ti porta lontano se vuoi,
ti prende per mano senza dirti dove andrai;
L'amore si muove,
e non fa rumore lo sai,
è un vento gentile che non ti abbandona mai..."

[...]

Piero mi apre la porta, ancora incredulo di avermi di fronte.
"Accoglieresti un'amica senza un tetto sotto cui dormire?" sfodero una faccia da cucciolo, chiedendoglielo nel modo più dolce possibile.
"Potrei mai dirti di no?" chiede retorico, stringendomi in un forte abbraccio. "Vieni, sarai stanca immagino." prende la mia valigia e mi fa accomodare.
È una bell'appartamento: tutto in stile moderno e col bianco come colore predominante. Piero mi parlava di questa casa, la sua prima casa comprata con i suoi guadagni, come un piccolo gioiello, comprata e arredata completamente secondo il suo gusto. Ci era andato a vivere da pochi mesi ma già si percepiva del vissuto, per quanto poco ci passasse del tempo. La sua famiglia è lì, distribuita sul grande divano in pelle bianca del salotto, che subito si scorge dalla porta d'ingresso, intenti a guardare un programma alla televisione e a chiacchierare.
Faccio conoscenza dei suoi genitori, che mi accolgono con affetto. Successivamente anche di sua sorella Mariagrazia, di diciotto anni.
"Piero mi ha parlato tanto di te!" esclama entusiasta, mentre mi stringe calorosamente la mano, proprio come i suoi genitori poco prima. Il loro essere siciliani si percepisce all'istante.
"Davvero?" chiedo sorpresa, per poi lanciare un'occhiata a Piero, accanto a me, diventato rosso dall'imbarazzo.
"Massì, cioè... ho sempre detto che sei una buona amica e una brava assistente, ovviamente..." blatera, al fine di evitare ulteriore imbarazzo. "Ti accompagno in camera!" cambia subito discorso, e a me non resta che seguire le sue orme.
Saliamo al piano di sopra, lascio le mie cose nella stanza degli ospiti, mentre Piero poggia per terra la mia valigia.
"Ah, Emma..." si gira verso di me, sull'orlo della porta.
"Si?"
"Ehm... c'è una cosa che dovresti sapere..." mi confessa timoroso.
"Cioè?" rido, esortandolo a continuare, ma la sua ansia è percepibile.
"Piero? Devo preoccuparmi?" chiedo seria, iniziando ad agitarmi.
"No, beh, ecco, vedi..."
"Piero! Oh andiamo?"
Una voce che proviene dal corridoio mi fa prendere un colpo. Perché non è una voce qualsiasi: è la sua voce.
Sgrano gli occhi, e lui poco dopo compare davanti alla porta, di fronte a me e dietro alle spalle di Piero. È qui, forse più scioccato di me.
"Piero..." deglutisce, ancora incredulo.
"Ciao Gian." dico freddamente, non avvicinandomi nemmeno.
"Che ci fai qui?"
"Potrei farti la stessa domanda."
Scrolla le spalle. "Sono in vacanza con la mia famiglia. E con Beatrice." sottolinea l'ultima frase, facendomi innervosire.
"Tu invece?"
"Oh, beh, sono in vacanza anch'io." rispondo, sorridendo ironicamente.
"Wow, da sola? Emozionante."
Gianluca, non usare la carta del sarcasmo con me.
"Da sola? Ma ovviamente no! Sono con il mio ragazzo!" esclamo, rendendomi solo dopo conto di averlo detto davvero.
Liz, ma una volta vuoi contare almeno fino ad uno prima di aprire bocca?
"Il tuo ragazzo?!" chiedono entrambi sorpresi, anche Piero, rimasto zitto fino ad ora.
"Esattamente."
"Ah, e dove sarebbe ora?"
Merda. "...mi raggiungerà domani mattina! Sapete, è molto occupato con il lavoro." rido nervosamente, sperando di essere stata credibile.
"Ah, certo, certo." ride nervosamente anche lui.
"Ora scusate, la mia ragazza mi sta aspettando fuori." sorride sarcasticamente, scandendo bene la frase. "Piè, tu quando ci raggiungi?"
"Beh, devo aspettare che i miei genitori e mia sorella tornino a casa loro prima. Dovrebbero andar via a momenti."
"Certo. Allora chiamami appena ti sbrighi. Buonaserata, Emma."
"A te." rispondo, sfoderando un sorriso più che falso. Lui si congeda definitivamente e scende le scale.
"Tu mi devi raccontare un po' di cose, mi sa!" - mi punta il dito contro Piero.
Annuisco arresa, e poco dopo, finalmente usciamo di casa anche noi.

[...]

"Gianluca prima per poco non esplodeva dalla gelosia!" esclama ridendo, mentre passeggiamo sul lungomare di Agrigento.
"Ma che dici!" sbuffo. "Sono solo cazzate, inizio a dubitare pure del fatto che lui possa tenerci a me anche solo come amica."
Nega con la testa. "Sei proprio testarda, fattelo dire."
"È solo la verità."
"Piuttosto, mi vuoi dire chi è questo tipo che frequenti? E da quanto soprattutto?" mi fa il terzo grado.
Rimango zitta, pensando il più velocemente possibile a quale storia inventare. Mi sono messa proprio in un bel casino. "...non c'è nessun ragazzo, vero?"
Sospiro e annuisco, stropicciandomi la faccia. "Ero incazzata, okay? Mi ha stufato il suo modo di fare da stronzo, volevo anch'io avere la mia rivincita."
"Ah, sono più tranquillo ora." sorride sollevato. "Piuttosto, sono curioso di sapere cosa farai domani che dovrebbe arrivare il tuo finto fidanzato immaginario."
"Troverò una soluzione, te lo assicuro."

[...]

Torniamo a casa sul tardi, io e lui ci siamo divertiti un sacco stasera. Nonostante la cosa più emozionante che abbiamo fatto sia aver mangiato una pizza al taglio e parlato delle nostre faccende personali, è stato bello.
A volte non è importante cosa fai, ma con chi la fai. Perché a volte del buon cibo e un buon amico puossono essere la cura giusta contro il malumore.
Struccata e messa il pigiama, compongo il numero sul cellulare, incurante dell'orario.
"Elisabetta Neri, qual buon vento!" risponde lei, con un tono spiritoso.
"Meg, tu non sai che casino che ho combinato!" inizio a ridere senza motivo, stesa sul letto.
"E che novità, capirai!"
"Ehi! Stai insinuando che io combini sempre casini?" fingo di arrabbiarmi.
Sta al gioco e ride anche lei, per via del mio tono. "Dai, smettila di fare la scema e racconta!"
Le racconto per filo e per segno questa infinita giornata, e lei mi racconta la sua: i suoi stanno bene, e lei li sta aiutando con la pizzeria. Già, i genitori di Megan credo facciano la pizza migliore di New York.
"Ma Piero ha ragione, Liz! Anch'io penso sia geloso."
"Ma che palle, tutti con 'sta storia! Bah... io vado, devo rompere le scatole a Cooper. Oh, sbrigati a tornare, ci vediamo la settimana prossima!"
Chiudo velocemente la chiamata per comporre, come previsto, il suo numero.
"Pronto?" mi risponde, assonnato.
"Domani mattina alle nove sulla piazza qui vicino. È successo un po' un casino."
"Devo preoccuparmi?" chiede con la voce rauca, mentre tira uno sbadiglio.
"Ma no, figurati!"
"Ora mi faresti tornare a dormire? Da me qui in albergo sono le tre del mattino, evidentemente a casa Barone c'è il fuso orario."
Rido divertita. "Va bene, va bene, ci vediamo tra qualche ora. E smettila di fare sempre l'acido!"

Photograph || Il Volo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora