Se dovessi descrivere questa metropoli con una sola parola, probabilmente userei "movimento".
Barcellona, imponente centro economico della Spagna, ma prima di tutto della Catalogna, è una città senza tempo, che sembra non fermarsi mai. Lungo le vie, piazze e vicoli, si respira aria eterna, che, non so per quale motivo, un po' ti fa sentire a casa. Per intenderci, questa città è un po' come Milano per l'Italia: centro economico e industrializzato del paese che, nonostante il suo aspetto moderno ed europeo, conserva ancora il suo fascino latino, che si può ammirare soprattutto nel centro storico, quello caratterizzato dallo stile fortemente gotico, dove si trova anche la Cattedrale della Santa Croce, in pieno tema con il quartiere, cupo ma intrigante.
Ma il vero centro della città è la playa (o plaça, in lingua catalana) de Catalunya, il cuore pulsante, che collega ogni punto della metropoli. Il nostro albergo è poco distante dal Passeig de Gràcia, uno dei vialoni più importanti, caratterizzato da grandi progetti architettonici di Gaudì e soprattutto un sacco di boutique delle più importanti marche al mondo.
"Dite che mi sta bene?" richiede Gianluca per l'ennesima volta, mentre si gira e rigira davanti al grande specchio della boutique di Dolce&Gabbana, stirando con le mani la giacca del completo nero con camicia bianca.
"Gianlù, si, quante altre volte te lo dobbiamo ripetere?" replica scocciato Ignazio, mentre insieme a noi crea un semi cerchio attorno allo specchio, con il camerino accanto.
"Dai, sbrigati, siamo a fare compere da ore, io ho fame!" si lamenta Piero, e Gianluca in tutta risposta sbuffa scocciato, chiudendo la porta del camerino alle sue spalle. Guardo l'orologio al mio polso e sono le quattordici passate, e la fame inizia a farsi sentire.
Oggi e domani faremo i turisti, poi dopodomani Il Volo sarà il super ospite di un noto festival catalano della musica. Per la prima volta, forse, riusciamo ad avere un po' di pace, essendo in un paese straniero, e di conseguenza avendo meno notorietà. Anche se la Spagna è stato uno dei paesi che ha richiesto di più Il Volo in concerto, il che spiega le due tappe a Madrid tra un paio di mesi. Usciamo dall'ultimo negozio con le mani stracolme di buste enormi e colorate, e carichiamo il tutto sul van, per poi proseguire a piedi la nostra gita.
"Questi palazzi di Gaudì sono stupendi." ammiro estasiata i capolavori architettonici che caratterizzano il Passeig de Gràcia. Il bello è che si possono ammirare tanti generi differenti e astratti di edifici, uno accanto all'altro, ma che insieme formano un'armonia meravigliosa.
"C'eravate già stati qui, a Barcellona?" chiede Meg, rivolgendosi ai tre ragazzi.
"A dire il vero no, è la nostra prima volta in assoluto in Catalogna. In concerto, s'intende." risponde Piero.
"Già, è proprio bella. Voi, invece?" continua Ignazio, e noi scuotiamo la testa in segno di negazione.
"Ti piace, Gianluco?"
"Molto bella, ma preferisco Madrid. E' più maestosa." afferma, guardandosi intorno. "Però, la squadra di questa città è di sicuro la migliore! Assieme alla Roma, ovviamente." - ride, riferendosi alla squadra di calcio, meglio conosciuta come il Barça.
"Ah, sì? Beh, però mi risulta che la squadra più titolata sia il Real Madrid..." - ribatto divertita, al fine di scatenare la sua reazione.
Mi fulmina con lo sguardo, fermando la sua camminata. "Non siamo più amici."
"Eddai che scherzo!" rido, dandogli uno spintone.
"Picciridda, e tu quanto ne sai di calcio?" chiede interessato Ignazio.
"Il giusto... da piccola mi piaceva."
Il cellulare di Gianluca squilla, e poco mi ci vuole per capire quale nome appare sul display: lui l'ha salvata come Amore, cosa che solo se ci penso mi fa ribrezzo.
"Se vai a vedere si è salvata lei così." bisbiglia Ignazio al mio orecchio, quasi come se mi avesse letto nel pensiero. Mi scappa una risata, ma cerco di contenermi e di origliare la telefonata.
"Sì, anche tu mi manchi..." lo sento mormorare, ma sembra poco convinto.
"Dov'è che è andata? A Cuba?" chiede Piero, grattandosi la testa, non ricordandosi.
"Brasile. Con i bradipi." specifico divertita.
"Ah, allora si starà trovando bene tra i suoi simili." mormora Meg a bassa voce, ma scatenando la risata di tutti quanti.
Vado più avanti, lasciando gli altri indietro e raggiungendo Gianluca, per cercare di capire il motivo di quella telefonata.
Parlano, parlano e ancora parlano, sempre e solo di futilità, alle quali ogni tanto si aggiunge qualche frase smielata.
Passano i minuti, e nel frattempo mi rendo conto che siamo finiti su La Rambla, una delle passeggiate più famose al mondo: grande viale che collega playa de Catalunya con il porto, parecchio trafficato di turisti, anche per via della zona completamente pedonale; e solo ora mi rendo conto di aver smarrito Piero, Ignazio e Margherita, che si trovavano alle nostre spalle.
"Gian!" gli smuovo il braccio, per farlo fermare.
"Che c'è? Non vedi che sono al telefono?" risponde acidamente, riprendendo a fare ciò che stava facendo.
"Abbiamo perso gli altri, cavolo! E non ho la più pallida idea di come tornare indietro."
"Scusa amore, ti richiamo dopo." afferma mortificato alla fidanzata all'altro capo del telefono, degnandomi finalmente delle sue attenzioni.
Proviamo a chiamarli diverse volte, ma tutti e tre hanno i cellulari spenti.
"Chiama un taxi, mi sembra ovvio!" afferma con un tono arrogante, facendomi innervosire ulteriormente.
"Sì, ma per andare dove? La mia agenda ce l'ha Vanessa, lì c'è scritto indirizzo e nome dell'albergo!"
"Non ci posso credere!" sbuffa, prendendosela con me. "Sei la peggior assistente del mondo!"
"Ma che colpa ne ho io se ci siamo persi! E poi proprio tu non dovresti parlare, visto che hai passato gli ultimi quarantacinque minuti a parlare con la tua fidanzatina!" gli urlo contro, ho i nervi a mille.
"Ehi, non mi toccare Beatrice, eh! Lei non c'entra niente."
"Allora smettila di fare lo stronzo e riprendi il controllo, che sennò qui in albergo non ci torniamo più!"
Respira profondamente e inizia a riprendere il controllo. "Da dove siamo arrivati?"
"Da lì..." indico la strada, che dovrebbe portare alla piazza principale.
Camminiamo in silenzio, tra noi regna la totale freddezza. Esausti, ci fermiamo ad un bar per ordinare qualcosa e, nonostante siamo seduti l'uno di fronte all'altro, non abbiamo neanche il coraggio di guardarci negli occhi.
Già, forse qualcosa in comune ce l'abbiamo: siamo troppo orgogliosi.
Mangiamo e non scambiamo mezza parola. Le nostre mani sul tavolo si sfiorano involontariamente, e solo ora alziamo entrambi lo sguardo, l'uno verso l'altro, piuttosto imbarazzati.
Fa un lungo sospiro, e prende finalmente parola. "Mi dispiace, okay? Non volevo." dichiara, ma le sue parole non sembrano vere.
Lo guardo, ma non aggiungo niente. Scrollo le spalle, e continuo a rivolgere lo sguardo in basso, verso il mio piatto.
"Niente si dice per sbaglio." mormoro.
"Cosa devo fare per farmi perdonare?"
"Niente." sospiro.
"Ho capito. Un vestito di Armani. Su misura. Qualunque cifra. Ci stai?" chiede con un modo di fare malizioso, credendo di potermi convincere.
"Fai sul serio?"
"...con Beatrice funziona, che ne so."
Spazientita, faccio cadere la posata che avevo in mano sul tavolo, e gli rivolgo lo sguardo.
"Sei incommentabile. Credi davvero di poter comprare il mio perdono?" gli chiedo schifata.
"E cosa posso fare, allora?" chiede con un tono ovvio, come se non avesse alternative.
"Potresti scusarti, ma per davvero. Delle scuse che varrebbero di più di uno straccio passato per alta sartoria solo per una banalissima etichetta che per voi che ve lo potete permettere." mi alzo dal tavolo, correndo infuriata verso l'uscita e riprendendo il cammino, ma lui mi afferra per il polso, facendomi voltare verso di lui. Mi attira a sé, facendomi sbattere sul suo petto.
Respiri affannati, le nostre labbra a pochi centimetri di distanza.
Deglutisce e prende parola. "Ti chiedo scusa. Davvero." mormora, e solo ora mi sembra sincero.
Mi imprigiona tra le sue braccia, facendomi sentire amata.
"Io non so perché, ma sei davvero importante per me." sussurra al mio orecchio, provocandomi un brivido lungo la schiena metà nuda, coperta in parte dal dolce tocco della sua mano. Io non mi oppongo, e lui a sorpresa mi stampa un bacio sulla guancia, per poi staccarsi.
"Va bene, ora?" chiede teneramente.
Annuisco solamente, e involontariamente un sorriso mi spunta in volto. Ancora visibilmente scossa per ciò che è appena accaduto, ci rimettiamo in cammino, questa volta più calmi e rilassati, come se l'uno fosse riuscito a cullare l'altro.
Gianluca, ma cosa devo fare con te?, penso esasperata.
Lui si accorge che lo sto fissando, e si ferma, mettendosi di fronte a me. "Che c'è?" accenna un sorriso innocente.
Scuoto la testa e continuo a guardarlo, quasi arresa. "Sai che mi farai impazzire?"
Lui mi guarda e mi sorride a trentadue denti, divertito, e mi prende sottobraccio, mentre riprendiamo a camminare lungo quell'infinita via della città catalana.

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Photograph || Il Volo
Fiksi Penggemar"[...] E poi, alla fine, sì, mi sono innamorata. Mi sono follemente innamorata di una persona che non avrei mai pensato di poter amare. E sai come l'ho capito? Da quando vidi che in quegli occhi verdi ci ritrovavo me stessa. In quegli occhi ho ritro...