53.

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E' proprio qui, davanti a me. Colui che speravo di non rivedere mai più in vita mia. O che speravo di rivedere ancora, prima o poi.
"Ciao..." mi dice imbarazzato, ancora con un'espressione sconcertata.
"Nicholas." mi alzo di scatto, pietrificata. "Che ci fai qui?"
"Che ci faccio io? Che ci fai tu qui!" se la ride, con i suoi occhioni scuri che brillano.
"New York è casa mia. Non sono io quella che è andata via."
Sbuffa, allargando le braccia. "Dai, andiamo, ancora con questa storia? E' passato..."
"Un anno, sì. Ma io non ho una memoria corta, al contrario tuo." rispondo arrabbiata, cercando di mantenere la calma.
"Eddai, eravamo due ragazzini! Lasciamo da parte il rancore."
"Ah, perché tu in un anno sei cresciuto?"
"Mi sembra ovvio, ho ventisei anni ora!" ride, con il suo solito tono arrogante.
Io al contrario non rido, trovo poco divertenti sue parole.
"Puoi pure averne quanti ne vuoi, tanto rimani sempre un idiota." giro i tacchi e faccio per andarmene, quando lui mi afferra per il braccio e mi costringe a voltarmi.
"Elizabeth..." mormora. Lui mi chiamava sempre così.
"Dove vuoi arrivare a parare, Nick?" gli chiedo senza mezzi termini.
"Ora che ti ho ritrovata non ti lascio più."
Mi lascio scappare una risata nervosa. "Cosa ti fa credere che io ti abbia aspettato?"
Rimane in silenzio, la mia risposta lo spiazza. Non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere dalla ragazza che fino ad un anno fa piangeva per lui e lo pregava di non andarsene. Da quel giorno la mia rabbia nei suoi confronti non ha fatto altro che aumentare, istante dopo istante, lacrima dopo lacrima. Non l'avrei mai più perdonato. Nemmeno se si fosse presentato da me poco dopo. La sua scelta l'aveva fatta, ormai. E la scema di turno ero io, che per quell'anno e mezzo credetti a tutto ciò che mi diceva. Mi promise di amarmi per sempre, eppure alla prima occasione se n'è andato via. Letteralmente.
Eppure ora però me lo chiedo: amare vuol dire anche saper perdonare. Amare vuol dire anche essere arrabbiati, ma tenere da parte il rancore per paura di perdere di nuovo quella persona. Se ami, ami e basta. Il sentimento prevale su tutti gli altri. Ma io, quindi, l'ho mai amato davvero? Beh, non lo so.
"Dammi una seconda possibilità."
"Non ce ne sono."
"Ti prego, Eli, aspetta!" mi blocca nuovamente, con tono di supplica.
"Una cena, io e te, stasera. Come amici. Solo amici. Per favore, tra due giorni torno a Phoenix, e chissà tra quanti anni ci rivedremo di nuovo."
Resto immobile ad ascoltarlo. Anche per me questi saranno gli ultimi due giorni a New York, e non ho alcun tipo di compagnia.
In effetti però, mi sono spesso chiesta di lui. Prima, oltre che un buon fidanzato, lo ammetto, era anche un buon amico. Era un tipo interessante, insomma. Di quelli che ti tirano sempre su di morale con le loro storie. E un po' mi manca quel Nicholas. Una parte di me mi incita ad accettare, l'altra a declinare l'invito.
"Se ti dico sì mi lasci andare?"
"Sì."
Sospiro. "Va bene. Alle nove da me, sii puntuale." rimango fredda.
Lo vedo sorridere vincente a trentadue denti.
"Nick?"
"Sì?"
"Amici. Anzi, nemmeno. Io non provo più niente per te, non farti strane idee."
"Va bene." alza le mani in segno di resa, ma comunque mantenendo quel sorriso da ebete in faccia.
"Allora a stasera!"
Lo saluto con un debole cenno di mano, per poi avviarmi verso la strada di casa, con le gambe tremolanti e ancora scossa da quell'incontro.

[...]

"Ehilà!"
"Ciao amica!" una Margherita raggiante compare sullo schermo del mio tablet.
"Emma!" compare anche Ignazio, che stampa un bel bacio sulla guancia di Meg.
"Boschè, cosa hai combinato alla mia collega?" rido divertita, notando Megan improvvisamente imbarazzata.
"Cosa ha fatto lei a me, semmai!" l'abbraccia, tenendola stretta per la vita e poggiando la testa sulla sua spalla.
"Dai, smettila!" ride, per poi dargli un bacio a stampo.
"Guardate che se avete da fare chiudiamo la video chiamata, eh..." dico ironica, facendoli ridere.
"No dai, continuate a parlare di cose da ragazze, io vado a farmi la doccia. A dopodomani, assistente." mi saluta con un cenno, e io ricambio, per poi vederlo scomparire dalla telecamera.
Sospira. "Allora, Emma, Elisabetta, Liz o come ti chiami tu." sospira stanca, facendomi inevitabilmente ridere. "Novità?"
Annunisco leggermente, piuttosto seria. "Non ci crederai mai chi ho incontrato due ore fa."
"Sentiamo."
Le racconto per filo e per segno ciò che è successo con Nicholas, e dell'appuntamento di stasera, mentre lei ascolta scioccata quanto me.
"Cosa?! Ci vai a cena stasera?!" e anche a distanza e tramite un tablet, Margherita per poco non mi perfora un timpano.
"Meg, è tra amici, anzi, conoscenti. È giusto per uscire e fare qualcosa, visto che non ho nulla da fare qui... lo so che vuoi proteggermi, ma io non provo più niente per lui, te l'assicuro. Io amo Gianluca, e su questo non ho dubbi."
Annuisce comprensiva. "Sì, hai ragione. Però stai attenta eh, l'ho sempre detto che era un idiota."
Mi scappa una risata alla sua ultima affermazione. "Ah beh, su questo non ci piove!"

[...]

Un'ultima controllata allo specchio, mentre inserisco la vite all'orecchino. Sono in anticipo di dieci minuti, come sempre. Quello ritardatario è sempre stato lui.
Sono nervosa, mi sento un po' a disagio: averlo qui, parlargli, e addirittura uscire con lui è molto strano. Inoltre, solo Megan sa tutto.
Con Gianluca mi ci sono sentita poco dopo Margherita, e mentirgli non mi piace affatto. Beh, certo, se la mettiamo così, tutta la mia vita è basata su un'enorme bugia. Ma di certo non potevo mica raccontargli del mio incontro e uscita con il mio ex.
Ventuno e sedici minuti, finalmente il campanello di casa mia suona. Avevo previsto anche il suo quarto d'ora di ritardo.
Compare alla mia porta con un mazzo di rose rosse in mano, che mi porge dopo avermi salutata.
"Sei bellissima." esclama, squadrandomi dalla testa ai piedi, piuttosto compiaciuto. In realtà non vedo cosa ci sia di speciale in me stasera, dato che indosso solo un paio di pantaloni scuri, degli stivali e un cappotto beige.
"Grazie ma, Nick, così mi metti in imbarazzo... I conoscenti, amici o come li vuoi chiamare tu, non vanno a regalare rose rosse ad appuntamenti non galanti."
"Credevo fossero i tuoi fiori preferiti."
Davvero se lo ricorda?
"Si, però... vabbè, lascia stare. Grazie." gli dico imbarazzata, lasciandolo incuratamente sul tavolino in vetro del salotto.
"Andiamo?"
"Andiamo."

Photograph || Il Volo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora