52.

911 70 8
                                        

"Liz, stiamo assieme!"
Margherita sprizza gioia da tutti i pori, come biasimarla. Lo desiderava tanto, sono contenta che finalmente Ignazio abbia aperto gli occhi.
"Raccontami tutto!" mi faccio prendere dall'entusiasmo, un entusiasmo che alle tre del mattino non so nemmeno dove lo trovo.
Ero nel bel mezzo di una bella dormita ma, insomma, ricevere questa notizia non mi ha fatta pentire di non averle chiuso il telefono in faccia. Rimango a guardare il soffitto sdraiata sul letto, mentre Megan mi racconta tutto per filo e per segno: ieri sera Ignazio l'ha portata a cena in un posto molto intimo e romantico, e finalmente si è dichiarato.
Lo sapevo che non poteva non provare nulla.
Le ha chiesto di provarci, e lei con le lacrime agli occhi ha accettato senza esitare un attimo.
È un colpo al cuore anche solo pensare che tra un mese tutto ciò finirà. Stiamo costruendo la nostra felicità su castelli di sabbia, destinati ad essere distrutti insieme a tutte le nostre certezze. Non me la sento di informarla di questa decisione presa dalla redazione della rivista, o almeno non subito. Merita anche lei di vivere la sua storia, proprio come quella che ho vissuto e sto vivendo io.
"Elisabetta? Ci sei?"
"Eh? Sì, certo, dimmi."
Sospira, con il tono di una che la sa lunga. "Allora, che problemi ti affliggono oggi?"
Mi strappa mezzo sorriso. "Cazzate, non preoccuparti."

[...]

Mi alzo di malavoglia dal letto, avrei dormito tutta la giornata. Istintivamente la prima cosa che faccio è controllare il cellulare: sono andata a letto quattro ore fa sperando in una chiamata che non è mai arrivata. E a mio malgrado noto che la situazione non è cambiata di una virgola: zero messaggi, zero chiamate perse. Inizio a preoccuparmi. Compongo per l'ennesima volta il suo numero, mentre l'attesa mi snerva. Finalmente, dopo tre o quattro squilli, mi risponde.
"Pronto?"
"Gian, ma dove eri finito?! Sto provando a chiamarti da ieri pomeriggio, ma tu tantomeno ti sei preoccupato di richiamarmi o anche solo di mandarmi uno stupido messaggio! Capiscimi, stavo iniziando a preoccuparmi seriamente, che diamine!" sono fuori di me, snervata.
"Si, lo so, scusa, è che..." mentre lui arranca una scusa, percepisco delle risate in sottofondo.
"Con chi sei?"
"Con nessuno, c'è solo Alessio."
Mente, lo so. E non sapere cosa mi nasconde mi fa stare male.
"Dov'eri ieri?"
"Cos'è, un interrogatorio?" chiede ironico, con la sua percepibile arroganza, quella che quando ci conoscemmo per poco non mi face impazzire dalla rabbia.
"Senti Gianlù vaffanculo, richiamami quando sarai meno cretino, ciao."
Non gli do nemmeno il tempo di replicare, che chiudo la chiamata e butto il cellulare sul letto, scocciata e nera di rabbia.

[...]

Il cielo è grigio, e non promette bene. Però al momento qualche spiraglio di luce filtra dalle nuvole, illuminando debolmente l'estremità del ponte che attraversa l'East River, quella più vicina a Manhattan. Fortunatamente l'aria non è fredda, e ciò permette di star bene all'aperto anche in questo periodo dell'anno. Gli invitati e qualche curioso accerchiano i due sposi, mentre un giudice di pace recita da un libro tutti i passi.
Jennifer e Matthew si tengono per mano, non smettendo di guardarsi negli occhi. Lei è bellissima: chignon laterale che lega la sua chioma bionda, accompagnato dal classico velo bianco. L'abito, in un bianco lucido, è semplice, composto da un corpetto e una gonna a balze, che quasi ricorda la crema dei cupcakes. Ogni tanto si sorridono commossi, e lui le asciuga con il pollice le lacrime. Si amano davvero.
Certe volte mi capita di immaginarmi il mio futuro, proprio come facevo da bambina. Guardo loro con occhi sognanti, e di come un giorno potrei essere io la protagonista di un giorno così speciale. Il mio sorriso da felice si fa più rammaricato, se mi immagino che con l'unica persona che vorrei nella mia vita, sull'altare non potrò mai salirci.
E inevitabilmente mi ritorna in mente ciò che è accaduto stamattina, e al suo comportamento strano. Sono passate tre ore e ancora non si è fatto vivo.
È stato stronzo, e in più probabilmente mi nasconde qualcosa. Ma che amo da morire.
"E vi dichiaro marito e moglie!"
Scatta l'applauso, e ritorno a concentrarmi sui miei due amici, che si scambiano un piccolo bacio a stampo. Auguri e servizo fotografico sul ponte più famoso al mondo, la festa continua in una location moderna ed elegante, con il rosso come colore predominante, proprio come il bouquet di Jennifer, rigorosamente di rose.
Nel tardo pomeriggio, dopo balli e taglio della torta, è arrivato il momento di salutare gli sposi, che stasera stessa partiranno per una luna di miele alle Maldive. Giornata tutto sommato semplice e intima, tutto il contrario del tipico matrimonio italiano.
Alle diciannove Gianluca si decide a richiamarmi, questa volta tramite Skype.
"Alla buon ora."
Il suo viso compare sullo schermo del mio cellulare. Ciuffo un po' spettinato, occhiaie violacee: la sua bellezza non ha limiti, nemmeno quando è stanco e assonnato.
"Amore, scusa per prima, io davvero non volevo trattarti male. Non so cosa mi sia preso."
"È tutto okay, non mi va più di parlarne." - rispondo fredda.
Ho così tanta voglia di vivere a pieno quest'ultimo mese che non ho la forza e l'intenzione di sprecare del tempo a litigare.
"Davvero Emma, scusami..." -lsembra davvero pentito e mortificato.
"Gian, seriamente, è passato."
"Gian, andiamo?" riesco a sentire una voce femminile dall'altro capo del telefono che lo chiama, e lui fulmina con lo sguardo una persona alla sua sinistra, che la fotocamera non inquadra. Le fa cenno di zittire.
"Con chi sei?" sbianco, perdo qualche battito.
"Oh, ehm, è... M-Melissa."
"Melissa?!" rimango sconvolta. Cosa ci fa lei da lui, a casa sua, in Abruzzo, quando dovrebbe essere con il culo fermo in casa sua a Roma?
"Già, sì, è stata da me in questi giorni. Ma solo per scopi lavorativi, ovvio, dice che stando con me può aggiungere dettagli al documentario. Lo farà anche con Ignazio e Piero, vero Meli?"
La bionda si siede accanto a lui, e compare davanti alla mia vista. "Ciao Emma! Sisi, verissimo!" sorriso smagliante e rossetto rosso, che fa risaltare ancor di più i suoi occhi color ghiaccio.
Rimango in silenzio, fingendo un sorriso e facendo un cenno di mano.
"Parlavate di lavoro?" -lci chiede curiosa.
Io e lui ci guardiamo e ci capiamo al volo, anche attraverso uno schermo. "Sisi, stavamo parlando... del Sud America! Eh già, tra pochi giorni si parte per il Messico!"
"Già, proprio così!" mi asseconda Gianluca, ammiccandomi.
"Ah, vabbè, allora vi lascio alle vostre cose. Gian, avvisami quando finite che usciamo, okay?"
Lui annuisce e lei in tutta risposta gli stampa un bel bacio sulla guancia, con tanto di impronta di rossetto rosso, per poi lasciarci di nuovo soli.
"Dove dovreste andare all'una di notte voi due?"
Scrolla le spalle. "Al pub giù a Roseto, solo per bere qualcosa, manca il sonno ad entrambi. Gelosa?" sorride maliziosamente.
"Ah no, figurati." rispondo con totale indifferenza. "Sei leggermente sporco di rosso." gli indico il punto, con un percepibile tono acido.
Lui si pulisce maldestramente con le dita, riuscendo nel suo intento solo in parte. Anzi, combina solo un bel pasticcio, creando un alone rosso su tutta la guancia. Glielo faccio notare e ridiamo insieme.
"Sei gelosa solo perché avresti voluto darmelo tu quel bacio!"
"Poco ma sicuro!" ammetto, tra le risate mie e sue. Il suo sorriso è meraviglioso anche a chilometri di distanza.
"Scusami se non te l'ho detto, è stata una scelta presa all'ultimo momento, e io non volevo..."
"Gian, io mi fido di te. Non devi darmi spiegazioni."
Sorride, con gli occhi che gli brillano. "Non potevo desiderare una ragazza migliore. Tra tre giorni giuro che ti prendo e non ti lascio più."
"Mai più, eh?"
"Mai più."

[...]

Se c'è una cosa che amo di New York, è sicuramente la grande quantità di verde che smorza la monotonia dei grattacieli. Central Park è un piccolo grande angolo di paradiso nel caos di una delle città più famose al mondo. E se vuoi staccare un po' la spina e respirare un po' di aria pulita, è il posto perfetto.
Battito accellerato, ritmo costante, cuffie nelle orecchie: è il posto perfetto per correre. Il sudore mi scivola lungo le guance accaldate, mentre gli Imagine Dragons suonano Radioactive sul mio mp3. Il fiato inizia a farsi più corto, devo aver quasi finito l'allenamento.
Essere in forma per il mio lavoro è di estrema importanza. Anche se ora ciò che faccio non richiede grandi abilità fisiche, è sempre un bene mantenersi allenati. Appena avevo tempo libero, negli alberghi, cercavo sempre di andare almeno un'ora in palestra.
Mi fermo per riprendere fiato. Avrò fatto circa tre, o quattro chilometri. Non molto, ma ultimamente sono un po' fuori forma. Compro dell'acqua e cerco un posto meno soleggiato in mezzo alla distesa infinita di prato, per riposarmi e rilassarmi un po'. Mi siedo e respiro a pieni polmoni l'aria fresca. Chiudo gli occhi per qualche secondo. È un luogo paradisiaco.
"Elisabetta?"
Sgrano gli occhi. È proprio lui. È davanti a me, facendomi ulteriore ombra con il suo fisico. Mi guarda scioccato, mentre una morsa allo stomaco mi provoca un dolore fastidioso.
"Ancora tu?"

Photograph || Il Volo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora