21.

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Il concerto finisce tra gli applausi e gli schiamazzi della gente, che sembra aver abbondantemente apprezzato. Inchino, saluti finali e subito dietro le quinte.
"Meg, guarda." suggerisco alla mia amica di posare il suo sguardo dal lato opposto della piazza, indicando il punto. Dopo qualche secondo inquadra l'obiettivo anche lei: sua cugina è un fiume di lacrime, mentre suo fratello cerca di consolarla come può, abbracciandola.
"Mhm." rilfette preoccupata. "Dici che è per i ragazzi?"
"Sicuro, aveva così tanta voglia di abbracciarli..."
"Si, ma noi che ci possiamo fare?"
Sbuffo quando capisco che non riesce ad arrivare al punto. "Ma davvero Megan? Tu un'adolescenza non l'hai avuta? Sapessi quanti pianti mi sono fatta anch'io per band o cantanti che non sono mai riuscita ad incontrare."
"E io ho pianto per una settimana intera per la morte di Michael Jackson, ma quindi? Ti ricordo che siamo sotto copertura!"
"Merita di piangere anche lei?"
"Beh..."
"Tu non farla andare via, ci penso io." le ordino, correndo subito dietro le quinte. Sono tutti e tre insieme, mentre si tolgono le giacche e allentano i nodi delle cravatte.
"Ragazzi, urgente!" arrivo da loro correndo, quasi con il fiatone.
"Che succede?" chiede Piero, guardandomi preoccupato.
"Potete incontrare una fan? Sta piangendo da mezz'ora, e ci tiene davvero tanto a incontrarvi."
"Uh, è carina?" -mchiede maliziosamente Ignazio, interrompendo di bere l'acqua da una bottiglietta.
"Ha quattordici anni."
"Ah, peccato." conclude, avviandosi verso il camerino, e Piero lo segue a ruota.
"Ragazzi, aspettate!" urla Gianluca, staccandosi dalle grinfie di quell'arpia. "Dai, una foto, è una ragazzina, è anche grazie a lei se siamo qui! Non fate gli stronzi."
I due eseguono il suo ordine e tornano da noi. "Grazie." gli sorrido timidamente.
"Grazie a te."
Rimaniamo a fissarci un altro istante, mentre lui incatena il suo sguardo al mio. Il cuore mi batte forte, e torno a sentire la stessa sensazione che da qui ad un bel po' di tempo mi provoca stare vicino a lui.
"Beh, muoviamoci!" Lena si intromette tra noi, battendo le mani e riportandoci alla realtà. Attimi che sono sembrati essere anni.
"Guarda, Rebecca, quelli sono i tre de Il Volo!" esclama Megan a sua cugina, fingendosi sorpresa e indicandoli da lontano, mentre avanzano verso di loro.
La loro presenza cattura l'attenzione di parte del pubblico ancora presente nei pressi del palco. L'urlo di gioia di Rebecca riesco a sentirlo anche da qui, mentre assisto alla scena in disparte. In quel momento Meg ne approfitta per svignarsela, ed evitare guai.
La ragazzina li abbraccia calorosamente uno ad uno, con ancora gli occhi lucidi, questa volta dalla felicità e dallo stupore.
"Vedi di scollarti da Gianluca, Neri." la voce di Lena ci sorprende alle spalle, facendoci prendere un colpo.
"Ma cosa vuoi ancora?" sbuffo scocciata, girandomi verso di lei.
"La vostra eccessiva intesa mi turba parecchio. Vedi di sparire."
"Ah, io dovrei sparire? Carina, è solo grazie a me se ora hai quel briciolo di notorietà che ti ritrovi. Vedi di abbassare i toni." le sorrido sarcasticamente, trattenendomi dal mollarle un bel pugno in faccia.
"Vedi di star lontana dal mio ragazzo." digrigna i denti, più inferocita che mai.
"Qualcuno qui si deve fare la puntura anti-rabbica, mi sa!" s'intromette Margherita, ridendole in faccia.
"Non ti conviene scherzare con me Marchetti, faccio fuori anche te."
Meg ride ancora di più. "Dovrei aver paura delle tue minacce? Ah, bene!" continua a prenderla in giro, mentre se ne torna dietro le quinte, totalmente incurante dei suoi avvertimenti.
"E sentiamo, da quando ti importa così tanto di Ginoble? Credevo lo facessi solo per farti pubblicità." le chiedo acidamente.
"Gianluca è solo un povero illuso che posso comandare come mi pare. Però devo dire che ci sa fare a letto." cerca di provocarmi, e una morsa s'impossessa del mio stomaco.
"Ginoble non sceglierà mai te, Elisabetta. Rassegnati, lui è mio, solo mio." conclude la frase con un sorrisetto compiaciuto, girando i tacchi e sbattendomi in faccia i suoi lunghi capelli scuri.

[...]

È notte fonda, ma non riesco a chiudere occhio. Guardo l'orologio, sono le tre del mattino. Nonostante sia parecchio stanca, il sonno non riesce a prendere il sopravvento su di me. È una notte molto calda, perciò essendomi rassegnata alla possibilità di poter dormire, mi infilo una maglietta e prendo l'ascensore, nella speranza che l'aria sulla grande terrazza dell'albergo possa farmi distrarre. Le porte si aprono, e davanti a me compare un grande insieme di luci ed ombre: Palermo, nonostante l'ora, è ancora viva. Il terrazzo è illuminato solo dai faretti a bordo della grande piscina, posta al centro. Mi siedo su una delle sdraio, una di quelle più vicine alla balaustra. Mi stendo e tiro un gran sospiro, chiudendo gli occhi.
Avverto dei passi alle mie spalle, ma non do troppo peso.
"Ehi." una voce mi fa sobbalzare, facendomi aprire gli occhi di colpo. "Calma, calma, non volevo mica spaventarti!" Ignazio si siede sulla sdraio accanto alla mia, con una chitarra in braccio.
"Che ci fai qui? È tardi." gli chiedo, stropicciandomi gli occhi.
"Dovrei chiedere la stessa cosa anche a te, allora."
Sospiro sfinita e mi siedo, mettendomi faccia a faccia con lui. "Quando sono nervosa non dormo. Tu che scuse hai?"
Scrolla le spalle. "Mi annoio, non mi va di dormire. E quando sto così cerco di prendere un po' d'aria, è la soluzione migliore." sfila un pacchetto di sigarette dalla tasca, e ne pone una tra le sue labbra. L'accende e manda giù il primo tiro.
"Vuoi?" mi porge il pacchetto.
"Non fumo." rispondo secca. "E non dovresti farlo nemmeno tu. Non giova né alla tua salute, né alla tua voce."
"Oh che palle, non iniziare pure tu con le tue lezioni educative da brava e casta ragazza come tutti eh, per piacere." alza gli occhi al cielo.
"Magari te lo dicono perché ci tengono a te."
"Una sigaretta ogni tanto non ha mai ucciso nessuno."
"Fai come ti pare, non posso dirti cosa fare."
Sbuffa. "Scusa, non volevo." ammette mortificato.
"È tutto okay. A che ti serve la chitarra?"
"La notte ho spesso l'ispirazione, vediamo cosa riesco a combinare." sorride, ed inizia a strimpellare qualche accordo, sfiorando con il plettro quelle corde un po' scordate.
Le sue dita producono una melodia dolce e delicata, come una ninnananna, che mi rilassa e per qualche istante riesce a non farmi pensare più a nulla.
Lui cessa di suonare e la magia svanisce, facendomi tornare alla realtà.
"Sai suonare bene."
"Grazie." posa la chitarra, anche lui più sereno.
"Ti va di parlare di ciò che non va?"
"Chi ti ha detto che c'è qualcosa che non va?" rido nervosamente, evitando il contatto visivo.
Mi alza il mento con due dita. "Avanti, lo so. E già penso di sapere chi è il centro dei tuoi problemi." fa un ultimo tiro, per poi buttare nel posacenere il mozzicone.
"Non lo so nemmeno io Igna, non so cosa c'è tra me e lui, cosa provo e cosa non provo, so solo che quando sono con lui, sto bene. Non riesco a pensare ad altro."
"Capisco." commenta perplesso. "Sai, anch'io stavo così per una ragazza, fino a quando poi non ho capito che l'amavo, e anche parecchio..."
"E poi cos'è successo?"
"Beh, sono arrivato tardi." ride nervosamente. "Non commettere il mio stesso errore, Emma."
"Ma io non lo amo, non so nemmeno se sono innamorata di lui oppure è solo semplice affetto! E poi lui sta anche con Lena! Io non..."
"Lena?" mi chiede stranito, e solo ora mi rendo conto della mia terribile gaffe.
"Cioè, Beatrice, volevo dire..." blatero, nella speranza che se la beva, per poi tornare al discorso. "...E quindi non potremo mai stare insieme. Incompatibili, oserei dire."
Si alza, afferrando la chitarra, per tornare in stanza.
"Picciridda, ricorda solo una cosa: i grandi amori non si baciano subito." conclude, lasciandomi di fronte a quel paesaggio illuminato.

Photograph || Il Volo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora