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Chicago, Illinois. Gocce sottili e pungenti di pioggia iniziano a cadere fitte sul mio viso, rese più fastidiosa da una leggera folata di vento freddo, tipico di fine ottobre. Siamo in tour da circa venti giorni, dopo aver percorso interamente la zona est degli Stati Uniti, toccando anche le regioni a sud del Canada. Tennessee, Florida, Georgia, Texas. Sono solo alcuni dei cinquanta stati federali che Il Volo visiterà nelle prossime settimane, fino ad arrivare a Los Angeles.
La pioggia diventa sempre più fitta e allora inizio a correre, con il cappuccio della giacca in testa e gli stivaletti neri che battono contro l'asfalto bagnato. Affannata e con il battito irregolare, raggiungo l'albergo appena in tempo: fuori è iniziato un vero e proprio temporale, oltre che a farsi definitivamente buio.
Ogni volta che arrivo in una nuova città, mi viene naturale fare quella che ormai è diventata la passeggiata di rito. È un modo per distrarmi, stare un po' da sola, persa nei miei pensieri, e nel frattempo osservo cose nuove, cose che non avevo mai visto prima. È un buon modo per meditare, e in quest'ultimo periodo mi è servito moltissimo. Da quella sera a New York non ricevetti più nessuno di quegli inquietanti messaggi anonimi, ma comunque sentivo e sento tutt'ora di non essere al sicuro.
I primi giorni sono stati i più devastanti: avevo perso il sonno, ero diventata più paranoica e protettiva, tanto da preoccuparmi ogni qual volta che una fan provava ad avvicinarsi per chiedere un abbraccio o una foto. Avevo paura di qualcosa che non c'è mai stata. Fare del male a me sarebbe significato fare del male a loro, e l'ansia mi mangiava viva.
Quel qualcuno voleva, probabilmente vuole ancora, vendicarsi per un qualcosa, e se mi conosce anche solo un minimo dovrebbe sapere quali sono i miei punti deboli. I miei punti deboli sono loro, lo è Gianluca, lo sono tutti quelli che amo. Ci sono state notti in cui non ho dormito per nulla, o massimo un paio d'ore. Gianluca come sempre cingeva la mia vita con il suo braccio destro, mentre io mi appoggiavo al suo petto. E rimanevo così, a riflettere, fissando un punto indefinito. Quando sono con lui mi sento sempre al sicuro.
Sento che non mi può succedere nulla, quando sono tra le sue braccia, o semplicemente quando tiene stretta la mia mano. Lui mi protegge. Ma come posso proteggere lui?
Prendo l'ascensore e salgo fino al piano della mia stanza, e non appena le porte si aprono, trovo Megan in fondo al corridoio, appena uscita dalla sua stanza e con indosso il lungo accappatoio bianco dell'albergo. Le vado incontro, e appena si accorge di me mi rivolge un sorriso.
"Qualcuno qui si è inzuppata completamente durante la sua passeggiata."
"Sono tornata appena in tempo, il vero temporale è iniziato ora." puntualizzo, e la luce di un lampo entra dalla vetrata, illuminando parte della fine del corridoio.
"Sto andando al centro benessere, vieni?"
"I ragazzi dove sono?"
"In palestra." risponde secca. "Liz, ancora con queste paranoie?" si lamenta, stufa.
"Di che parli? Nessuna paranoia." faccio la vaga, ma in realtà so bene di esserlo ancora, nonostante l'ultimo messaggio risalga a due settimane fa e oltre. "Comunque sì, vengo."
"Bene, ti aspetto lì, prendo un lettino anche per te. Penultimo piano, ricorda."
Annuisco in segno di conferma e prendiamo strade opposte: lei verso l'ascensore, io dritta in camera mia. Mi cambio velocemente, mettendomi un semplice bikini blu, un reperto della mia estate in Italia. Lo comprai durante la tappa di Taormina, nel pomeriggio della vigilia del concerto. Ricordo che ero insieme a Margherita e Mariagrazia, la sorella minore di Piero, e insistettero così tanto che me lo fecero comprare con la forza. E torto non avevano, visto che con la carnagione dorata dovuta all'abbronzatura e con i capelli biondo scuro non stava affatto male. Ora invece, più mi guardo allo specchio e più penso che mi stia malissimo. La pelle ha assunto nuovamente quella tonalità bianca, troppo bianca, mentre occhiaie violacee mi fanno sembrare malata.
Tiro un sospiro e, per quanto non mi piaccia, me ne frego, avvolgendomi nel grande accappatoio. Ripongo l'essenziale nella tasca e a passo spedito mi dirigo verso la spa.
"Liz, seriamente, non ci devi più pensare." mi ripete per l'ennesima volta Meg, come se dicendomelo smettessi di pensarci davvero. La leggera musica rilassante di sottofondo e lo scrosciare della cascata di acqua che cade nella piscina davanti a noi riesce per un attimo a rilassarmi, facendomi istintivamente chiudere gli occhi.
"Liz? Ci sei?"
"Cosa?" chiedo spaesata, rivolgendomi verso di lei, sdraiata alla sdraio accanto.
"Ti ho chiesto se ti va di farti una nuotata. Dopo vado nel bagno turco."
"Ah, sì, ora ti raggiungo."
Si toglie l'accappatoio, e, legandosi i lunghi capelli scuri in uno chignon al centro della testa, entra lentamente in acqua, scendendo dai gradini.
La guardo di spalle, e rivedo il suo tatuaggio quasi al centro della schiena esile e minuta, poco sotto la nuca: una mezza luna, colorata di inchiostro scuro. Bella, piccola, elegante e poco evidente. Inevitabilmente sorrido, ricordadomi di quando mi raccontò la storia di quel tatuaggio, appena ci eravamo conosciute.
Aveva diciassette anni. All'insaputa dei suoi genitori e messi da parte i soldi necessari, prese appuntamento con un famoso tatuatore newyorkese, e in compagnia di una sua amica maggiorenne, si fece bucare la pelle.
La luna è simbolo di fertilità e di potere femminile, ma in molte culture questo simbolo ha significati diversi.
"L'ho fatto perché... boh, avevo diciassette anni, mi piaceva e basta. A quell'età non dai molto peso a ciò che fai", così si giustificò tra le mie risate, mentre mi raccontava la sua storia davanti ad un frappè. Non so come, ma i suoi genitori non si accorsero di nulla fino all'anno dopo, quando lo confessò. Quell'estate evitò le piscine e i vestiti scollati.
Ma che tipo è Margherita?
E io, ripensandoci, rido come quel giorno.
Decido di raggiungerla, facendo pochi passi e fermandomi sul bordo, dove l'acqua tiepida bagna le punte delle mie dita. Margherita, all'altra parte del bordo, di spalle rispetto a me, si accorge della mia presenza, e mi guarda con un mega sorriso, che però mi è sospetto.
E infatti, non faccio nemmeno in tempo a rifletterci, che mi ritrovo in acqua, con la testa a fondo. Qualcuno mi ha spinta, e dopo si è buttato con me.
Ritorno a galla, riprendendo a respirare. Apro gli occhi infiammati dal cloro, e la prima cosa che vedo è un Gianluca che si sistema il ciuffo bagnato dietro la testa.
"Troppo divertente!" ride, battendo le mani.
"Te la farò pagare, sappilo." cerco di essere seria, ma vedendolo contento non riesco a trattenere un sorriso.
"Tanto lo so che mi ami." mi cinge la vita, mentre io avvolgo le braccia attorno al suo collo.
"Ed è questa la tua fortuna." ammetto, e lui mi bacia dolcemente.
"Andate da un'altra parte voi due." commenta scherzosamente Ignazio, che in quel momento entra in acqua con noi. Sorridiamo imbarazzati, mentre il mio sguardo si posa sistematicamente su Margherita. Non l'è ancora passato.  Stesso disagio quando c'è lui vicino, non sa cosa dire nè come comportarsi.
"Restiamo amici", così le aveva detto Ingazio, e lei non ha potuto non accettare. I loro rapporti, manco a dirlo, si sono raffreddati parecchio: ormai si rivolgono la parola solo per questioni lavorative. Perché Ignazio l'ha capito cosa prova Meg, ma forse per lui non è lo stesso.
Mi dispiace un sacco per lei.
"Dai Ignà, che anche tu faresti così se ce l'avessi una ragazza." si aggiunge Piero, e tra noi cala un po' il silenzio. Anche Gianluca e Piero naturalmente sanno bene cos'è successo tra lui e Megan.
"Scherzo ovviamente!" si difende il marsalese, portando le mani in alto. "Cosa farei con la mia ragazza non lo so, il primo step è innamorarmi."
"E sei innamorato?" chiedo. Regna il silenzio, domanda da un milione di dollari.
"No, diciamo di no."
E in quel momento vedo il volto di Margherita incupirsi. Non è bello amare qualcuno che non ti ama.

Photograph || Il Volo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora