"Eccolo, credo sia quello!" esclamo dalla gioia, puntando il dito verso un grande palazzo in lontananza, alla fine di uno dei vicoli.
"Menomale, non ce la facevo più a camminare!" risponde sollevato, ed insieme ci dirigiamo verso la grande gradinata di quel maestoso albergo, uno dei migliori di Barcellona, ma di cui, nessuno dei due, volesse il caso, si ricordava il nome. Abbiamo camminato e camminato, ripercorrendo i nostri passi e sperando che la memoria non ci tradisse. A dir la verità, fare i turisti e perdersi non è stato affatto male, specialmente dopo che avevamo fatto pace.
È pomeriggio tardi ormai, quasi sera, e qualche debole raggio di sole colpisce i nostri volti.
Entriamo nella hall e troviamo tutti quanti, Torpedine compreso, in cerchio, che esalano un sospiro di sollievo appena ci vedono varcare la soglia della portone in vetro.
"Ragazzi, finalmente! Ma dove eravate finiti?" chiede Michele, ancora scosso.
"Ci eravamo persi, e non sapevamo tornare indietro..." mi giustifico, a testa bassa.
"Sì, è vero, e poi nessuno di voi ha risposto alle nostre telefonate!" aggiunge Gianluca, puntando il dito contro i nostri tre amici, che non hanno aperto bocca.
Mi basta fulminare con lo sguardo Margherita per capire che c'è il suo zampino: scontra il mio sguardo, ma oramai basta poco per capirci.
" ...Beh vabbè, dai, l'importante è che stiate bene!" esordisce Ignazio, e così ho la conferma di essere stata vittima di qualche loro strano piano.
Finiamo di chiarirci e sciogliamo il gruppo, e non perdo tempo per prendere da parte Meg, portandola a parlare in stanza.
"Si può sapere che cosa avevate in mente?!" urlo, fuori di me.
"Non so di che parli!" afferma, cercando di rimanere seria.
"Margherita Marchetti, oramai ci conosciamo da abbastanza tempo, so quando dici le cazzate!" ribatto nervosa.
"Dai, l'abbiamo fatto per farvi stare un po' soli! Sai, qui tutti pensiamo che voi potreste stare bene insieme. E poi, ti ricordo che la vostra relazione avrebbe fini anche lavorativi..."
Sbuffo scocciata, odio quando ha ragione. "Tra me e lui non può e mai potrà esserci qualcosa. Meg, lui non mi vuole, ancora lo dovete capire qui?"
"Non ci credo, non parlo di amore, ma anche solo un minimo di attrazione fisica da parte sua ci sarà! Liz, guardati, sei bellissima!" mi trascina davanti allo specchio della stanza, appoggiando la testa alla mia spalla. "E poi, lui più volte ha confessato di essere interessato a te, i primi tempi..."
Sospiro. "Vedremo."
"Stasera uscite di nuovo insieme!" mi ordina, suscitando in me non pochi dubbi a riguardo.
"Ma..."
"Niente ma!" mi zittisce. "Io, Igna e Piero abbiamo già organizzato il tutto, vi abbiamo prenotato la cena in un ristorante qua vicino."
"Ecco cosa facevate mentre noi ci disperavamo tra le strade!" l'accuso infastidita. Lei ride e basta, come per ammettere la sua colpa.
"Stasera sarai perfetta, sei nelle mie mani! Mi occuperò di trucco e vestito!" annuncia esaltata.
"Meg, ma se tu manco sai cos'è un pennello da trucco..."
"Non è vero!"
"Andiamo, hai ventidue anni e le poche volte che usi un ombretto lo spalmi sulle palpebre con le dita, cosa crederai di fare?"
"Mi feriscono queste tue falsità." -risponde con un finto tono offeso. "Ah e, stasera a scattare le foto sarò io, vedete di combinare qualcosa!"[...]
Un tubino in pizzo bianco mi arriva poco sopra le ginocchia, mentre le sottili, quasi inesistenti spalline mi lasciano intravedere parte della schiena, coperta quasi del tutto dai lunghi capelli mossi che cadono dolcemente all'altezza del mio seno. Delle décolleté color cipria e una pochette argento completano il tutto. Guardo soddisfatta il risultato, soffermandomi anche sul trucco, caratterizzato da una linea di eyeliner 'a gatto', un po' di terra illuminante e un rossetto neutro, rosato, creando l'illusione delle labbra più grandi.
"Stai benissimo. Anche se io non riuscirei mai a vestirmi così! Menomale che tocca a te, 'sta roba..." ridacchia Megan, mentre sistema la macchina fotografica nella borsa.
Margherita è fatta così, è un po' un maschiaccio. In quattro anni che ci conosciamo, credo di non averla mai vista con un paio di scarpe col tacco ai piedi.
È una che va sempre sul semplice e pratico: jeans larghi, maglietta o felpa di almeno due taglie più grande, una passata di mascara, uno chignon pratico e svelto ed è pronta. Vestiti e gonne ogni tanto sì, ma solo se rigorosamente dai toni scuri e se accompagnate da un bel paio di sneakers. Se mai si sposerà, non mi sorprenderei nel vederla percorrere la grande navata con un paio di Converse ai piedi.
"Mi raccomando, lui non sa nulla!"
Sgrano gli occhi. "In che senso non sa nulla?!"
"Lui si aspetta una normale cena con tutti quanti, mica un appuntamento con te! Muoviti, sarà già giù ad aspettarti." mi spinge verso la porta.
"Margherita Marchetti, questa me la paghi!" esclamo furiosa.
"Sì, sì, va bene, pensa ad andare." mi risponde non curante, non prendendo sul serio la mia minaccia, e aprendo la porta della mia stanza.
"Aspetta, e Ignazio e Piero dove li metti? Dovresti stare tu con loro."
"Pizza e finale di Supercoppa italiana Milan-Juve in tv. Stanno apposto così." conclude, sbattendomi letteralmente fuori dalla stanza.
Sbuffo, e scocciata prendo l'ascensore. Appena le porte si aprono, lo vedo subito, mentre armeggia il suo iPhone, seduto ad una delle poltrone nella hall.
Mi avvicino a lui con molta cautela, paura forse, fino a quando non mi ritrovo davanti a lui.
"Ciao." mormoro, e finalmente lui stacca lo sguardo dal cellulare. Mi squadra, rimanendo a bocca aperta. Anche lui sta molto bene: jeans e camicia bianca, con giacca blu scuro.
Deglutisce, per poi rispondermi. "Ciao." si alza di scatto. "Sei... bellissima." quasi balbetta.
"Grazie..." arrossisco leggermente, guardando in basso.
"Andiamo?"
"Non so, non dovremmo aspettare gli altri?"
"Ennò, beddu mio!" Piero ed Ignazio compaiono alle nostre spalle, facendoci prendere un colpo.
"Stasera starete solo voi due, soli soletti." sorride compiaciuto Ignazio.
"Soli? Ci volete scaricare ancora? Non vi è bastato oggi?" chiede allibito.
"Picciridda, sei meravigliosa!" mi sorride Ignazio.
"Splendida." aggiunge Piero, facendomi andare le guance in fiamme.
"Sì, sì, va bene, abbiamo capito, avete finito? Quindi, ci spiegate?" li interrompe infastidito Gianluca.
Che sarà stata una piccola scenata di gelosia?
"Passate una bella serata." concludono, dando due pacche sulle spalle ad entrambi, e lasciandoci nuovamente da soli.[...]
Camminiamo verso il locale, non molto distante da noi. Regna il silenzio, anche per il grande imbarazzo. Lui non si aspettava che la cena di stasera sarebbe diventata un appuntamento con me.
Una folata di vento mi provoca un brivido lungo la schiena.
Lui non mi dice niente, semplicemente si toglie la giacca e la poggia delicatamente sulle mie spalle. Sussurro un "grazie", e lui mi risponde con un mezzo sorriso.
Arriviamo, ci sediamo al nostro tavolo e ordiniamo.
"Via libera." mando di sfuggita un messaggio a Meg, per avvisarla della nostra presenza nel ristorante.
Lo guardo e lo vedo visibilmente nervoso, non riesce a tenere le sue dita ferme, che tamburella freneticamente sul tavolo.
"Va tutto bene?" chiedo, azzardandomi a mettere la mano sulla sua, per farlo smettere. Lui rimane sorpreso da quel mio gesto, e poco dopo ritrae la sua mano.
"Si, non preoccuparti." la sua faccia dice tutt'altro.
"Dai, Gian, su, le cazzate manco durante i primi tempi me le dicevi." sbuffo, esortandolo a confessare.
"E va bene! La verità è che questo appuntamento mi turba, e non poco."
"Gian, sai che non è dipeso da noi." ribatto seria.
"E poi io sono anche fidanzato! Io..." blatera parole a caso, ma lo freno subito, poggiando il mio indice sulle sue labbra.
"Gianluca, noi siamo amici. Amici e basta. Sta a noi decidere che tipo di appuntamento deve essere questo."
"Okay, amici. Ora va meglio. Sai, non volevo che tu pensassi che..."
"Cosa?"
"...beh, si, che questo fosse un appuntamento galante... Emma, io amo Beatrice..."
"Sì, lo so, finiamola." taglio corto, infastidita.
Mi si contorce lo stomaco al suono di quelle parole. "Beatrice" e "amore" non dovrebbero stare nella stessa frase.
"Amare è proprio una bella fregatura, Emma: è dolore, solo dolore..." sogghigno, ripeto a bassa voce le sue famose parole, risalenti a quella sera a Roseto. "Sai, forse c'avevi ragione tu, amare è proprio un bello schifo..."
"Non dire così, io per primo vorrei rimangiarmi quelle parole..." sorride imbarazzato.
"Ah, sì? Com'è, in due mesi ti sei ricreduto?"
"Sì. Beatrice è fantastica. La amo. Sento di provare qualcosa di davvero forte per lei." risponde impassibile.
Scuoto la testa, come rassegnata. "La verità è che tu, Ginoble, di amore non ne capisci proprio un cazzo."
"Ah, perché, tu si? Allora spiegami cos'è l'amore, visto che sei tanto esperta!" ribatte offeso.
"Dimmi tre cose che ami di lei. Solo tre. E te la darò vinta." lo sfido, e lui coglie la proposta.
"Okay, vediamo... facile..." prende tempo, e questo già mi basta. "Beh, amo... I suoi capelli! E... sì, i suoi occhi! E il suo sorriso!"
Mi trattengo dal non ridergli ironicamente in faccia. "Viva la banalità! E tu questo lo chiami amore?"
"Come lo chiameresti tu?"
"Attrazione. Impulso sessuale, ormoni sballati, chiamalo come ti pare. E basta ascoltare il tuo elenco per confermarlo. Ti ho chiesto tre cose che ami di lei, e tra queste tre, piuttosto patetiche aggiungo, non hai messo nemmeno un suo pregio, un suo difetto che ti fa impazzire, una sua abitudine. È questo che dovresti amare, Gianluca. Non dico che l'aspetto fisico non conti nulla in un rapporto, ma quando c'è vero amore, non ti soffermi su queste superficialità. O almeno, non sono le prime tre cose che elenchi quando qualcuno ti chiede che cosa ami di quella persona."
L'ho zittito, e infatti lui non riesce a distogliere lo sguardo dal suo piatto.
Sospiro stanca. "Scusa, non era mia intenzione ferirti..." gli accarezzo il dorso della mano.
Mi guarda attentamente, con uno sguardo che non saprei definire. "Tranquilla, va tutto bene..." continua a fissarmi, e sorride leggermente.
"Perché mi guardi così?" ricambio un lieve sorriso.
"Mi sento come se avessi ancora tanto da imparare da te..."
"Cosa potrò mai insegnarti io? Abbiamo anche la stessa età!" sorrido sorpresa.
"La saggezza non si misura con l'età anagrafica." afferma, muovendo leggermente il suo calice di vino rosato.
"E oggi cosa ti ho insegnato? Sentiamo..."
"Beh, vediamo..." fa finta di riflettere.
"Che insieme si possono fare grandi cose, come ritrovare la via dell'albergo in una metropoli sconosciuta."
Sorridiamo entrambi, per poi continuare. "Che io di amore non ci capisco un cazzo." a quel punto ridiamo entrambi, prendendola sullo scherzo.
"E che non riesco a stare arrabbiato con te per più di dieci minuti." conclude, questa volta con un tono più serio, e guardandomi intensamente negli occhi. I suoi luccicano, splendono con la poca luce soffusa creata dalla candela sul nostro tavolo.
"Ti voglio bene Gian, lo sai?"
"Anch'io Emma, anch'io."

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Photograph || Il Volo
Fanfiction"[...] E poi, alla fine, sì, mi sono innamorata. Mi sono follemente innamorata di una persona che non avrei mai pensato di poter amare. E sai come l'ho capito? Da quando vidi che in quegli occhi verdi ci ritrovavo me stessa. In quegli occhi ho ritro...