2.

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Torno a casa più distrutta che mai, dopo un'interminabile giornata. Foto già fatte, stampate e consegnate alla signora Bennet, che più che dispiaciuta sembrava fiera di se stessa, per aver dubitato bene del marito. Soddisfatta soprattutto, per l'ingente cifra che riceverà d'ora in poi di alimenti. Ma in queste battaglie non esistono vincitori, ma solo dei matrimoni falliti. A volte rimango sorpresa dalla superficialità di certi miei clienti, più presi dal vincere battaglie legali che dall'accorgersi del taglio drastico che stanno per dare alla loro vita.
Altro che investigatrice, dovrebbero chiamarmi "la sfascia famiglie". Io, che una famiglia non l'ho mai avuta. Al posto di ricongiungere due persone, le separo. Anche se poi, si tratta di gente estremamente abile nel distruggere i propri rapporti con le loro stesse azioni. Io, velocizzo solamente un processo destinato comunque a fare il suo naturale decorso.
Mi accomodo sul mio bel divano, sorseggiando la mia solita tazza di tisana alla liquirizia delle venti, per poi mangiare qualcosa giusto per riempire lo stomaco.
Dalla tasca dei jeans tiro fuori il biglietto di Cooper. Lo giro e rigiro tra le mani, chiedendomi cosa fare del mio futuro. Mi piacerebbe tornare in Italia, mi hanno offerto anche un'ingente somma di denaro, che penso non riuscerei a guadagnare nemmeno lavorando per anni. Però, c'è da dire che è anche un incarico molto delicato e rischioso, visto che dovrei invadere la loro privacy e spacciarmi per un'altra persona. Sbuffo, buttando il cartoncino color panna sul tavolino, e portandomi le mani in viso dalla stanchezza.
Mi faccio una doccia e vado a dormire, domani sarà un'altra giornata pesante.

[...]

"Buongiorno Liz!" Jennifer mi passa davanti, con il suo solito sorriso raggiante e i suoi capelli biondi raccolti perfettamente in una coda.
"Ciao." rispondo sbadigliando, togliendomi la mia giacca di pelle nera e buttandola incuratamente sulla sedia.
"Brutta giornata ieri, eh?" mi chiede, porgendomi il caffè sulla scrivania.
"Non me lo dire..." mi accascio sulla poltrona, sfinita.
"Com'è finita con quel tipo? Bennet, intendo."
"Beh, ne avrà di soldi da sganciare alla moglie d'ora in poi!" rido appena, anche se di fatto non c'è nulla di divertente, anzi, è piuttosto triste. Ma in questo lavoro bisogna anche imparare a saper ironizzare. "E poi, non hai idea di che tipo assurdo ho incontrato." continuo, scolando tutta d'un fiato la mia tazzina. "Mi ha chiesto di infiltrarmi in un gruppo di cantanti italiani, al fine di creare quello che lui definisce lo scoop dell'anno" - e mimo le virgolette con le dita.
"Wow, pazzesco..." commenta, continuando a sistemare alcuni fascicoli nei vari armadietti. "E tu che hai intenzione di fare?"
"Non lo so, sinceramente. Lo farei solo per il denaro che mi ha offerto." rispondo perplessa.
"E quanto ti ha offerto?"
"Quarantamila dollari."
"Mica pochi, eh! Hai ancora dei dubbi?"
"Jen, è illegale." affermo con un tono ovvio.
"Io non la vedo così drammatica, alla fine farai praticamente il paparazzo. E poi, non scopriranno mai l'autore di quelle foto, perché tu te ne andrai subito una volta finito il lavoro, immagino."
"Come una spia, praticamente." rido divertita.
"Esatto!" ride anche lei, per poi farsi più seria. "Non farti sfuggire questa opportunità, Liz. Sai che per me sei come una sorella minore, e desidero solo il meglio per te. E ripeto, quella è un'offerta irrinunciabile." mi accarezza la guancia, per poi avvolgermi in un abbraccio.
Jennifer è come la mia sorella maggiore, quella che non ho mai avuto. Ci conosciamo da tre anni, da quando ho ottenuto la licenza di investigatrice privata e ho iniziato a lavorare in questa agenzia. Lei è una delle tante segretarie qui, ma fin dal primo momento, è stata l'unica persona a rivolgermi un sorriso. Ci capiamo al volo, non abbiamo bisogno di parlarci. Tra noi c'è una grande intesa, nonostante diversi anni di differenza.
"Grazie, Jen, ci penserò." sciogliamo quel caloroso abbraccio, mentre lei mi saluta con un bacio al volo e lascia il mio piccolo ufficio, con una pila di fascicoli sotto braccio.
Le sue parole mi hanno aiutata, devo dire. In fondo, che male c'è? Devo solo fare delle foto, come sempre. Devo semplicemente fare il mio lavoro, solo in maniera più complessa.
Ritiro fuori quel bigliettino, oramai un po' consumato, e compongo quel numero.
"Signor Cooper?"
"Ah, Elisabetta, spero che tu abbia preso una decisione."
"Accetto la sfida."

Photograph || Il Volo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora