29.

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Io e Piero ci scambiamo un'occhiata veloce, entrambi con un senso di colpa.
Questa volta l'ho fatta grossa.
Il bello di me e Piero è che riusciamo a capirci al volo, anche solo con uno sguardo. Il suo sguardo rammaricato mi invita ad andare a fare la cosa giusta.
"Scusate." mi alzo dal tavolo, mentre Lena mi guarda con istinto omicida.
Esco fuori dal locale e non mi serve percorrere molti passi, prima di vederlo: è lì, appoggiato al cornicione di quel promontorio, ad osservare tutta la costa illuminata.
La luna piena stanotte è meravigliosa, si riflette sulla superficie del mare calmo. L'unico rumore percepibile è quello delle onde che dolcemente s'infrangono sugli scogli sottostanti.
Mi fermo accanto a lui, mentre continua ad ignorarmi. Osserviamo entrambi un punto indefinito, fino a quando non prendo parola.
"Perché hai reagito così prima?" gli chiedo fredda.
Accenna una risata sarcastica. "Davvero me lo stai chiedendo?"
Scrollo le spalle, indifferente. "Non mi sembra di aver fatto nulla di male."
"Perché hai detto che la collana te l'ha regalata Piero?" questa volta mi guarda negli occhi, leggermente illuminati dalla luce della luna.
Respira Elisabetta, respira.
"L'ho fatto per il tuo bene. Non penso che la tua ragazza sarebbe stata molto contenta di vederti regalare collane ad altre donne." mi giustifico con una scusa, che alla fine funziona. "Ma cosa ti importa, hai detto tu stesso di dimenticare tutto ciò che è successo. O meglio, ciò che non è successo."
Annuisce, guardando in basso. "Perché allora la porti ancora al collo?" mi chiede con un tono meno duro, oserei dire triste.
E ora?
"...I regali non si buttano..."
L'ho detto davvero? Elisabetta ma sei cretina?
"Ah, bene allora!" ride nervosamente.
"Cosa ti aspetti? Che io cada ai tuoi piedi? Che mi scusi? E di cosa poi? Di stare con Piero? Di amare lui? La vita è mia Gianluca, e tra me e te non c'è nulla, zero, e mai potrà esserci qualcosa." mi sfogo, mi hanno stancato i suoi modi di fare. "Dov'è il problema? Rivuoi indietro la collana? Prenditela." urlo con la voce rotta. La sgancio e porgo la catenina di oro nella sua mano.
Lo lascio lì, e rientro nel salone, al nostro tavolo.
"Tutto okay?" mi chiede preoccupato Piero, più sollevato di avermi finalmente rivista rientrare.
"Sì, non preoccuparti, ho solo un po' di mal di testa." sono poco convincente, e Piero se ne accorge subito.
In quell'istante torna anche Gianluca, e averlo vicino ora non può che farmi stare ancora peggio.
"Possiamo tornare a casa, per favore? Non mi sento bene." chiedo con un filo di voce, passandomi le mani tra i capelli.
Annuisce, e una volta salutati i due ed usciti dal ristorante, saliamo in macchina, dove per tutto il viaggio sono costretta a raccontare tutto a Piero. Non che mi dia fastidio parlare con lui, ma riparlare di quanto accaduto non può che farmi rivivere momenti poco piacevoli.
Il mio amico non può che starmi vicino e farmi forza, ribadendomi lo scopo del nostro piano.
"Sta andando alla grande, è solo questione di tempo." e io annuisco poco convinta, rivolgendo il mio sguardo sul finestrino, in quel susseguirsi di alberi e cielo stellato.

[...]

La settimana è trascorsa velocemente, e noi ci ritroviamo nuovamente su un aereo. Seconda metà di agosto, ultima tappa del tour italiano: Torino. Una città che Emma dovrebbe sentire sua, che dovrebbe chiamare casa. Ma per Elisabetta, questa è solo una delle tante città, indubbiamente bella, ma con nessun valore affettivo.
Io e Gianluca siamo passati dal conflitto all'indifferenza. Non ci parliamo da giorni, se non a monosillabi per discutere di vari impegni. Il piano sta andando bene, e con noi questa volta ci sono anche Ignazio e Margherita a reggerci il gioco. Nessuno dei due sapeva niente, prima di ritrovarci tutti quanti oggi a Torino.
L'hanno presa bene, alla fine.

"Sì, bella questa!" esclama Ignazio, mentre scoppia in una fragorosa risata con Megan.
"Siamo troppo furbi per cadere nei vostri scherzi!" aggiunge lei, continuando a ridere.
"Ragazzi, noi siamo seri..." cerco di mantenere un aspetto serio, anche se vorrei ridere anch'io.
Sbiancano entrambi. Capiscono che non è una battuta, e tornano ad avere un'espressione seria e sconvolta.
"Cosa? Piè, cos'è sta storia?" chiede scioccato Ignazio. "Picciridda, ma tu..."
Sospiro e annuisco. "Ebbene, sì. Piero mi ha rubato il cuore."
Entrambi ci guardano scioccati. "Ma cosa...?"
"Siamo perdutamente innamorati. È successo tutto così in fretta..."
"Eh, ma pure troppo in fretta, una settimana siamo stati via!" commenta Meg.
"Eh vabbè, sai com'è, in una settimana possono succedere tante cose..." rispondo sognante.
"E Gianluca?" chiede senza mezzi termini Ignazio.
"Non esiste più per me. Ora c'è Piero." lo guardo maliziosa, e sul punto di baciarlo.
"No! Aspettate, che schifo!" ci ferma Ignazio, mettendosi tra noi due. "Picciridda tu non puoi farmi questo! Tu Piero nemmeno! Gianluca ne soffrirà e allora inizierà a raccontarmi le sue pene d'amore con un barattolo di Nutella in mano e a piagnucolare con Colpa delle Stelle alla tv, ma nemmeno, perché è pure diventato intollerante al lattosio! Ingrasserà, diventerà apatico, perderà il suo fascino, Beatrice si fionderà tra le braccia di un altro più figo, lui diventerà ancora più depresso, non vorrà più cantare, le vendite caleranno a vista d'occhio, niente concerti, niente album, niente canzoni, niente Il Volo! Il nostro futuro dipende da te!" Ignazio sclera di brutto, e io mi trattengo dal ridere.
"Ma Ignà, non c'è nemmeno bisogno di prenderla così ma..."
"Bastaaaaaaa!" strilla, camminando nervosamente da una parte all'altra della stanza.
"Tu pensa che già ora Ignazio sclera così, immagina quando tutto questo accadrà!" aggiunge Meg, rimanendo seduta. "E io non andrò a trovarlo in manicomio."
A quel punto nessuno dei due riesce più a resistere, e scoppiamo a ridere. "Ma che ci avevate davvero creduto?" rido ancora di più.
Respirano sollevati. "Ci avete fatto prendere un colpo!" esclama Ignazio, ancora sconvolto.
"Ehi, è un piano. Gianluca e Beatrice pensano che stiamo davvero insieme. Magari, vedendoci, Gianluca aprirà gli occhi una volta per tutte, e almeno lascerà quell'odiosa della sua ragazza." spiega Piero.
"Ci stiamo!" rispondono in coro i due.

[...]

"Sei contenta di essere qui?" mi chiede Piero, mentre passeggiamo insieme lungo uno dei sentieri del parco del Valentino, il più bello della città.
"Ehm... sì, ovviamente."
"Verrà qualcuno della tua famiglia al concerto di domani?" ed ecco la domanda che speravo non facesse.
"Non lo so, non credo..." rimango vaga.
"Come mai? Non sei in buoni rapporti con la tua famiglia?"
"No, cioè, sì, è solo che..."
"Lascia stare. Vedo che non ti va di parlarne. Non fa nulla."
"Grazie." gli sorrido.
"Tu invece hai buoni rapporti con la tua, da quanto ho visto."
"Sì, amo la mia famiglia."mi sorride, probabilmente avendo rievocato in lui bei ricordi. "Non è facile, però. Come sai bene, mio fratello maggiore lo vedo poco, studia a Bologna, mentre mia sorella è a casa con i miei. Tutto questo è iniziato quando lei aveva solo nove anni, e da una parte mi sembra di essermi perso una fase importante della sua infanzia, e ora anche la sua adolescenza..." si rattrista.
Ci fermiamo sul ponte che collega le due estremità del parco, diviso dalle acque del Po. Uno spettacolo meraviglioso.
"Mi dispiace, Piero. Io non so cosa significhi, dei fratelli non li ho mai avuti..." gli occhi diventano lucidi, e una piccola lacrima mi cade sulla guancia.
E nemmeno dei genitori.
"...Cambiamo argomento, ti va?" mi porge un fazzoletto, e mi limito ad annuire.
"Sei una persona speciale, Piero. Dico sul serio. Ti meriti il meglio dalla vita." lo abbraccio forte, per poi staccarmi e osservare il fiume, contornato da un'immensità di alberi alle rive.
Mi volto verso di lui e noto che mi sta guardando. Si avvicina a me timoroso, e delicatamente mi prende il viso tra le mani.
Il cuore mi batte forte per l'ansia, ho già capito.
E, come pensavo, posa delicatamente le sue labbra sulle mie.

Photograph || Il Volo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora