"Ragazzi è ora di alzarsi, forza!" urlo nel bel mezzo del corridoio delle nostre stanze, davanti alle loro tre porte. Tra meno di un'ora Il Volo avrà un'intervista per un telegiornale, parleranno del nuovo tour iniziato due sere fa. Poi si correrà alla boutique di Armani, per l'ultima prova degli abiti per la cena di stasera. Anch'io dovrò indossare naturalmente un abito elegante: un bellissimo vestito a sirena di raso, blu scuro, con una scollatura a V semplice sul davanti, ed una più profonda sulla schiena.
Non ricevo nessuna risposta da nessuno dei tre, perciò mi armo di chiavi ed entro nelle stanze. Il primo è Piero, ancora immerso nei sogni, con le lenzuola fino al livello del naso e gli occhiali rotondi e blu poggiati sul comodino.
"Piero, è il momento di alzarsi." gli sussurro, sedendomi accanto a lui e scuotendogli il braccio.
"Ancora cinque minuti, mamma..." biascica, rigirandosi dall'altra parte.
Sorrido, pensando per un attimo a quanto possa essere bello essere svegliati così dalla propria mamma. "Non sono tua mamma! Alzati, tra tre quarti d'ora avete un'intervista!" esclamo, facendolo sobbalzare dal letto.
"Oddio è vero! Me ne ero scordato!" esclama, alzandosi e fiondandosi in bagno a lavarsi.
"Preparati, sveglio Ignazio e Gianluca."
Seconda vittima: Ignazio. Entro nella camera e lo trovo russare nel suo bel letto a due piazze. Ha un'aria simpatica anche quando dorme.
"Sveglia signori, è mattino!" urlo, facendolo sobbalzare dal letto e scatenando la mia risata.
"Sei una persona cattiva, sappilo!" si lamenta, mentre si siede sul materasso e si stropiccia gli occhi.
"Ma è troppo divertente! Lo facevo sempre con i miei comp... amici!" mi correggo subito, stavo per menzionare i miei ex compagni di orfanotrofio.
Emma Alto non è orfana, Emma Alto non è vissuta in un orfanotrofio, ripeto tra me e me, cercando di convincermi una volta per tutte.
"Un giorno mi farai conoscere questi tuoi amici così pazienti."
"Certo, ovvio! Vado a svegliare Gianluca!" mi eclisso da camera sua, ripensando all'errore che stavo per commettere prima e maledicendomi.
Apro la porta della stanza di Gianluca e, ancora con le luci spente, mi dirigo davanti al suo letto, osservandolo per qualche istante. Abbraccia il cuscino con un visino da angelo: non sembra lui. Tutta quella innocenza dipinta sul suo viso non rispecchia affatto il suo carattere, scontroso e strafottente.
Abbracciare il cuscino è segno di mancanza, di vuoto. Quando si dorme in questa posizione inconsciamente desideriamo qualcuno al nostro fianco, che colmi quel vuoto al posto del cuscino. Penso a chi possa essere quel qualcuno per lui, ma torno alla realtà, focalizzando la mia attenzione sull'obiettivo di quella visita in camera sua.
"Gianluca, alzati, è tardi." gli comunico, spalancando le tende della finestra e facendo entrare tutta la luce.
Si lamenta un po', ma poi si sveglia del tutto. "Buongiorno." mi dice con la voce ancora rauca.
"Buongiorno. Su, alzati, hai un'intervista tra poco più di mezz'ora."
"Che palle, non mi va." sbuffa e richiude gli occhi, mettendo la testa sotto al cuscino.
"Dai, lo sai che non la puoi saltare! Pensa a me che sono sveglia da molto più di te!"
Sbuffa ancora, questa volta più rumorosamente, scostando il lenzuolo e alzandosi. Data l'ora non avevo voglia di mettermi quegli odiosi tacchi, così ho optato per delle semplici converse bianche, che mi riportano alla mia vera altezza, e quindi fanno notare la differenza d'altezza tra me e lui. Pochi centimetri, ma sufficienti per dover alzare lo sguardo per guardarlo negli occhi.
Mi squadra dalla testa ai piedi e sorride. "Ora che sei così bassina non riuscirai più a comandare e ad importi come i giorni scorsi, eh?" cerca di provocarmi.
"Io riuscirei ad impormi anche se fossi alta quanto un puffo, caro." sorrido ironicamente, scandendo bene l'ultima parola, per rispondere alla provocazione precedente. "E ora muoviti, che ci metti quaranta minuti solo per impiastrarti i capelli di lacca." torno seria, voltandomi di spalle e uscendo dalla stanza.[...]
Il Vanity Fair Gala è senza dubbio la cosa più chic a cui abbia mai partecipato. Il grande salone con vista è riempito da grandi tavoli circolari, ricoperti da tovaglie di raso bianche e grandi centrotavola floreali. Il tutto è soffuso da luci violette, proiettate all'interno della stanza, creando un'atmosfera molto elegante e sensuale.
I ragazzi, tirati a lucido e perfetti nei loro abiti su misura, passano parte del loro tempo ad intavolare discorsi con ogni celebrità che capita a tiro. Mi ritrovo a fare il terzo incomodo in questi discorsi, in quanto non appartengono al mio mondo, e perciò mi limito a sorridere, dare qualche stretta di mano e far finta di essere interessata a tutto ciò.
Tra tutte le belle e agghindate ragazze che incontriamo, stranamente Gianluca non sembra in vena di approcciare nessuna di loro.
Ad un certo punto posa il suo braccio attorno alla mia vita stretta e fasciata dal vestito, provocandomi un brivido lungo la schiena. Fa finta di nulla, parla e scherza con tutti, presentandomi come la loro assistente.
"Sei bellissima." sussurra all'orecchio, scostando una ciocca dei miei capelli sciolti.
"Ti ringrazio." gli sorrido, ma comunque mantenendo una certa freddezza.
Ci sediamo al nostro tavolo, dando il via ad una serata molto lunga ed estenuante.[...]
Credo che le sette del mattino andrebbero abolite, soprattutto dopo una nottata passata ad un galà durato fino alle due del mattino.
Ci ritroviamo tutti nella hall, più morti che vivi, per partire alla volta di Verona, la città di Romeo e Giulietta.
Non ho mai amato i viaggi in auto, preferisco di gran lunga l'aereo. Ma, purtroppo, temo che volare non sia possibile per un tragitto che durerà poco più di due ore.
"Ehi, sei sveglia?" bisbiglia, togliendomi un auricolare, Gianluca, seduto accanto a me nel sedile posteriore, mentre Ignazio e Piero sono saliti sull'altra auto.
"Sì, che c'è?" rispondo di scatto ed assonnata, con le palpebre pesanti. In realtà dormivo eccome, e se fosse stato un'altra persona probabilmente ora l'avrei sonoramente mandato a quel paese, ma stiamo provando a fare una cosa chiamata convivenza civile, se si può dire.
"Niente, è che... ieri sera, quando ti ho detto che eri bellissima, ero sincero."
"Ah, mi fa piacere." rispondo, in realtà non me me frega niente, ma Emma Alto è una persona educata.
"Eh, già..." sospira, ma non capisco dove voglia arrivare a parare.
"Eh, e quindi?"
"Sarebbe stato ancora più bello portarti a letto, ieri sera..." sorride e afferma ciò con il suo solito tono.
"Wow, per ventiquattro ore mi hai fatta illudere di avere un compagno di viaggio quasi non disturbato mentalmente. Ti ringrazio." gli dico, prima di rigirarmi nuovamente verso il finestrino, dandogli le spalle.
Ride. "Tanto vincerò io, prima o poi."
Non gli rispondo più, lanciandogli un'occhiataccia, rimettendomi le mie amate cuffie e distogliendo lo sguardo, concentrandolo sul paesaggio oltre i guard rail grigi dell'autostrada, fatto da alberi e distese di girasoli.

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Photograph || Il Volo
Fanfiction"[...] E poi, alla fine, sì, mi sono innamorata. Mi sono follemente innamorata di una persona che non avrei mai pensato di poter amare. E sai come l'ho capito? Da quando vidi che in quegli occhi verdi ci ritrovavo me stessa. In quegli occhi ho ritro...