7.7 LUKE

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Il sole filtrava dalla finestra,illuminando gli zigomi rotondi e brillanti di Luke che,non appena sentì la sveglia suonare,si ridestó mettendosi a sedere sul bordo del letto.

La luce solare lo fece voltare di colpo,coprendosi il volto pallido con la mano destra e socchiudendo gli occhi indaco.

Si passó la lingua sulle labbra,sfiorando il piccolo anello metallico sul lato del labbro inferiore,mordendosi per sbaglio.

Doveva sgattaiolare fuori di casa senza che nessuno se ne accorgesse,prendere la metro e affrontare una nuova giornata lavorativa,cercando di evitare lo sguardo di quel ragazzo tinto e piuttosto strambo.

Afferró gli skinny jeans che aveva lasciato sul pavimento la sera prima,dirigendosi verso l'armadio e pescando a caso tra le magliette e i maglioni,afferrando un maglione verde che,immediatamente,gettó a terra.

Finì per mettersi la sua solita felpa scura,infilandosi un cappellino di lana in testa.

Le vans nere erano ormai un classico,tanto che scelse di indossare quelle bordeaux.

La strada verso l'ospedale era sempre la stessa,le stesse persone prese dalla routine quotidiana,i soliti bambini che smanettavano  difronte ad una vetrina,gli anziani intenti a leggere le ultime notizie scritte su un quotidiano fresco di stampa.

Il mondo correva e Luke stava al passo,un vortice di secondi,minuti ed ire troppo veloce da essere recuperato.

I treni passavano,le auto sfrecciavano su e giù per le strade fredde e lisce,il sole sorgeva lentamente nel cielo invernale mentre,con gli occhi bassi, Luke contava il numero di passi che lo separavano dall'ospedale.

Il vento gelido lo fece rabbrividire,costringendolo a stringersi nella felpa pesante e ad infilare le mani nelle profonde tasche dei jeans.

La metro era puntuale come sempre,le persone si affrettavano a prendere posto per recarsi fuori città,nella zona commerciale piena zeppa di grandi magazzini.

Lui voleva andarsene e basta,non importava dove,nè quando,voleva solo spiccare il volo e osservare quel mondo così infimo da un'altra prospettiva.

Desiderava correre spensierato,senza preoccuparsi troppo di ciò che stava accadendo attorno a lui,senza pensare al passato,al presente soffocante e al futuro incerto.

Tutto il male che vedeva intorno a sè,la sofferenza nascosta dietro a falsi sorrisi amichevoli e le parole ingannevoli,lo stavano lentamente soffocando.

I pensieri invasero quella testa malata,mentre osservava il mondo da dietro ad un finestrino appannato e sporco di un treno.

Non vedeva l'ora di scendere alla sua fermata che,velocemente,si era appuntato sulla mano affinché non la dimenticasse per l'ennesima volta.

Lo sguardo perso,le mani fredde e un paio di occhi gelidi erano il suo biglietto da visita,il dolore e la sofferenza se ne stavano nascosti dietro all'apparenza ma,purtroppo,erano sempre all'attacco.

Il treno frenó di colpo e Luke scese,imboccó l'uscita della stazione e si incamminò verso la struttura ospedaliera.

Il custode lo salutò con un cenno del capo,non appena varcó la soglia.

«Hemmings,buongiorno»esordì l'uomo panciuto.
«Buongiorno»

Luke imboccó il lungo corridoio che lo avrebbe condotto all'ufficio del superiore per ritirare il foglio con le sue mansioni giornaliere,sperando di dover lavorare in cucina come il giorno precedente.

Il colloqui era andato bene e avevano deciso di assumerlo,vedendolo adatto alla fascia di età dei ragazzi che erano ospitati dalla struttura e,soprattutto,perché potevano pagarlo poco e sfruttarlo al massimo.

Mr. Simmon era il responsabile del personale,aveva circa quarant'anni e un ufficio tappezzato di foto dei familiari e della sua quadra di football preferita,aveva gli occhi piccoli e nascosti da un paio di occhiali esili.

Era completamente calvo,magro e vestiva sempre in maniera casual,con polo e jeans chiari.

Luke bussó piano ed entró non appena ricevette risposta da Simmon.

«Luke,giusto?» lo salutó l'uomo continuando a fissare lo schermo del suo tablet.
«Hemmings»
«Ti stavo aspettando»

Immediatamente,Simmon,spostó lo sguardo sul ragazzo che,con aria distratta,si stava guardando intorno.

«Oggi uno dei responsabili del servizio mensa non può lavorare a causa di un problema familiare e,visto che sei appena arrivato qui,credo sia giusto farti sperimentare anche questo settore. Dovrai apparecchiare per il pranzo e servirlo,pulire la mensa e servire la cena. Niente di particolarmente difficile,confido in te ragazzino.»

Luke annuì leggermente,voltandosi verso la porta.

«Dove scappi? Devi ritirare il cartellino e la tua uniforme.»

L'uomo porse al ragazzo un badge con sopra la sua foto e il suo nome.

«Ecco a te.»

Simmon estrasse da un cassetto una busta di plastica contenente l'uniforme che,agli occhi di Luke,sembrava altamente scomoda e fastidiosa.

«Ragazzo,indossa la cuffia!»

Luke sgranò gli occhi.

«Quel ciuffetto tornerà come prima,non temere. Lo facciamo per una questione di igiene.»

Il biondo sorrise appena.

«Luke,perché sei venuto a lavorare qui? Hai solo diciotto anni e vuoi già impazzire?» chiese Simmon facendogli cenno di accomodarsi sulla sedia in plastica davanti a lui.

«Non so,mi ispirava,credo»

«Questo posto ti ispirava?A me sembra una prigionia di matti e fuori di testa. Voi,nuove generazioni,non riuscite ad affrontare il minimo problema senza impazzire. Qui dentro,come hai visto,ci sono soprattutto ragazzi giovani,dai 15 anni ai 22. Ho sentito storie pazzesche di ragazze sopravvissute ad attentati,scappate di casa,violentate da familiari. Non puoi neanche immaginare quanti ragazzi sono passati di qua,trovando una cura,nel migliore dei casi.»

«Perché alcuni non guariscono?» chiese curioso Luke,colpito dalla spontaneità con la quale il suo superiore si rivolgeva a lui.

«Alcuni problemi,soprattutto quelli legati a violenze e abusi,sono difficili da risolvere. Le terapie possono fallire o non portare al completamento della guarigione,i ragazzi possono rifiutarsi di guarire e restare qui per sempre.»

«È capitato che qualcuno si sia rifiutato di guarire?»
Il biondo sgranò gli occhi stupito.

«Si,un paio di volte,ma il caso più grave è stato quello di un ragazzo che,dopo l'incidente della sua migliore amica,si è addossato tutte le colpe e non vuole andarsene da qui fino a quando la ragazza non sarà guarita.»

Luke sospirò e si morse le labbra.

«Come si chiama,se posso saperlo?»

Simmon socchiuse gli occhi,consapevole del fatto che non avrebbe dovuto rivelare a Luke tutte quelle informazioni,ma leggeva nei suoi occhi tanto dolore,provava pietà per lui.

«Michael,non puoi non accorgerti di lui»

«Perché?»

Simmon si morse le labbra a cause delle troppe informazioni che aveva spifferato.

Lyell non avrebbe approvato.

«Ha i capelli viola,gli occhi spenti e sembra che stia per crollare da un momento all'altro. Fa' come se non ti avessi detto nulla,non posso comunicare certe informazioni»

Simmon lo invitó ad uscire a recarsi presso la mensa,accompagnandolo alla porta.

«Io non ti ho detto nulla,okay?»

Luke annuì e si voltò

1•Ruined Souls Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora