7.8 MICHAEL

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La schiena di Michael si inarcò, non appena si sentì pervaso da un insolito calore.

La doccia e il vapore dovuto al getto dell'acqua bollente avevano riempito il piccolo bagno di nuvole morbide e leggere.

L'acqua calda scorse giù per il corpo pallido e liscio del ragazzo,riscaldando gli le gambe e i piedi.

Si strofinó i capelli con dello shampoo e sgranó gli occhi non appena vide l'acqua ai suoi piedi colorarsi di viola.

Doveva assolutamente tingersi i capelli,non poteva andarsene in giro con una tinta scolorita e smunta.

Ogni volta che Michael doveva scegliere una nuova tinta,occorre vano settimane di meditazione,poiché ogni singolo tono doveva avere un significato profondo.

La sua prima tinta,di un blu elettrizzante,la aveva fatta dopo essere tornato da una vacanza al mare con i nonni e quel tono così acceso gli ricordava il mare del Portogallo.

Prima di prendere la patente,aveva deciso di tingersi di bianco e nero,così da essere abbastanza abbinato con le strisce pedonali.

Nonostante molte sue tinte avessero sono fidato ben poco profondi,altre sembravano calzargli a pennello.

Un mese dopo il suo ingresso all'ospedale,aveva cambiato colore di capelli per almeno cinque volte e aveva deciso di sceglierne uno nuovo e tenerlo per un mese minimo.

Optó per una tinta a base nera e per un ciuffo verde e,nonostante i primi fallimentari tentativi che avevano avuto come risultato un Michael completamente verde,riuscì ad ottenere il risultato voluto.

Il nero rappresentava il suo aspetto cupo e misterioso,i problemi che lo avevano annientato e la tristezza che,soprattutto nell'ultimo periodo,aveva deciso di tenergli compagnia costantemente.

Il verde rappresentava la sua anima colorata,fatta di cose buone e belle,nata in mezzo al Paradiso e finita in un corpo infernale.

Michael lo sapeva,conosceva la sua vera anima,quella più nascosta e difficilmente conoscibile,quella che se ne stava sepolta sotto ad un chilogrammo di guai e a una tonnellata di disperazione.

Luke aveva ridato vita al lato verde di Michael,riportando alla luce ogni sua singola sfaccettatura,ogni minimo dettagli, dal più insulso al più significativo.

Il ragazzo uscì lentamente dalla doccia,rabbrividendo per il contatto con la stanzetta fredda e umidiccia.

Afferró uno dei tanti asciugamani puliti che,dalla partenza di Calum e Ashton,si erano accumulati nel piccolo e freddo bagno.

I capelli,riflessi nello specchio,tendevano più al viola spento che al prugna acceso,dovevano essere tinti di nuovo.

Si vestì come il giorno prima,con i soliti jeans e la solita felpa con cappuccio,infiló le stesse scarpe e sgattaioló fuori sentendo lo stomaco brontolare.

Dovette recarsi a tutti costi in una delle aule per la terapia di gruppo,pentendosi di averle saltate tutte dal giorno della partenza del suo Luke.

Gli altri ragazzi si erano conosciuti meglio,avevano formato gruppetti da tre o quattro persone e Michael si sentì altamente fuoriluogo.

Le ragazze parlavano di rossetti,i maschi di auto o di quanto fosse scarsa la squadra di baseball della città,oppure discutevano di arte e viaggi.

Lui aveva tanto da dire,ma non aveva il coraggio di farlo.

Possedeva una mente sveglia e attiva che partoriva nuove idee e tesi ogni singolo istante,ma non riusciva a pronunciare una singola parola di ciò che gli frullava in testa.

Avrebbe voluto urlare,sussurrare parole senza pensarci e fare battute squallide come tutti gli altri,voleva sentirsi come tutti gli altri adolescenti e vivere senza troppe preoccupazioni.

Quel mondo non gli stava addosso,non si sentiva a suo agio in mezzo ad altre persone,a maggior ragione quando era circondato da adolescenti felici o meno malinconici di lui.

Luke lo aveva accolto nel suo universo sgangherato,facendolo sentire a casa,senza metterlo nella condizione di andarsene e scappare via a gambe levate.

La terapia duró meno del previsto e la campanella dell'ora di pranzo suonó,come tutti i giorni eccetto la domenica.

Una fiumana di ragazzi,si stava dirigendo frettolosamente verso la mensa,correndo per i corridoi stretti e illuminati da neon abbaglianti.

Michael seguì quella miriade di persone affamate,fantasticando sul menù del giorno.

Trovó posto infondo alla stanza,accanto ad un tizio con la cresta e ad una ragazza con i capelli raccolti in una grande treccia laterale.

Si recó al banco dei primi e prese un piatto di pasta,sorpassó i contorni e passó direttamente al dolce.

Mentre stava scegliendo tra budino al caramello e muffin ai mirtilli,vide un inserviente avvicinarsi al banco e rifornire la torta di mele.

Luke.

«Luke!» urló Michael facendo cadere il vassoio che tenga stretto tra le mani.

L'urto con il pavimento causó un rumore sordo,talmente forte da far ammutolire tutta la mensa.

Non appena gli altri ragazzi si resero conto che si trattava di un semplice vassoio,distolsero lo sguardo da Michael e lo riportarono sui loro piatti stracolmi.

«Luke!»

Il biondo si voltó,restando senza parole.

«Chi sei? Devo lavorare»

Michael abbassó lo sguardo,fissando io cibo sul pavimento e riflettendo velocemente.

«Luke,non andartene! Resta qui con me,ti prego»

Luke lo guardó in maniera ambigua,mentre il suo cuore cercava di riportare la sua testa a qualche settimana prima.

«Ho da fare»

Luke scomparve in cucina,zona addetta ai dipendenti della struttura.

Michael tornó in camera senza mangiare,si infiló nuovamente sotto la doccia e si fece scivolare addosso tutte le preoccupazioni.

Sperava che l'acqua lo potesse purificare e rendere una persona migliore,ripensando a Luke e a come poteva insinuarsi nella testa di quel biondino impertinente.

L'idea del giorno precedente che.immediatamente aveva scartato,tornó ad essere il suo chiodo fisso.

Poteva sembrare difficile,ma ci sarebbe riuscito e,magari,sarebbe piombato tra le braccia del suo Luke molto prima di quanto previsto.

Uscito dalla doccia,decise di mettere in pratica il suo piano che,tutto sommato,non era poi così terribile e banale.

Si rivestì di corsa senza guardarsi allo specchio,afferró il diario di Luke e uscì dalla stanza.

Destinazione: felicità.

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